In questo articolo ti racconto di un rilievo aerofotogrammetrico per progettare e poi realizzare un parco eolico, per la produzione di energia pulita, sulle colline Toscane e nella terra di Giotto.
Sarà un racconto un po’ tecnico ed un po’ no.
Forse sarà lungo.
Non lo so ancora.
Lo sto scrivendo a pezzi (ora sono nel caffè della Libreria Feltrinelli di Largo Argentina a Roma) e potrei perdere più volte il “filo del discorso”.
Anzi, sarà sicuramente così, ma spero di mantenere una certa coerenza nella scrittura.
Manco da un po’ dalle pagine di questo blog.
Mi è passato il tempo e mi si sono accumulate un po’ di cose da fare.
Non so se chiederti scusa o ringraziarti per la pazienza.
Ma comunque, in un modo o nell’altro, non cambierebbero le cose.
Quello che faccio è impegnarmi a ridare continuità e costanza con le parole scritte.
Magari scrivendo articoli più corti.
Ma più frequenti.
Hai delle preferenze sulla tipologia e sulla lunghezza di questi post?
Fammelo sapere e mi darai un grande aiuto!
Ok.
Premesse, presentazioni e scuse finite.
Ora iniziamo il racconto!
!PRAZER!
Il motivo per cui scrivo questo articolo è quello di dirti che cosa c’è stato dietro a questo rilievo:
- programmazione;
- azione;
- elaborazione;
- restituzione;
- errori;
- insegnamenti;
- …
PRogrammazione, AZione, Elaborazione, Restituzione
!PRAZER!
Questo acronimo è venuto estemporaneamente, ma me lo segno e lo riuso alla grande!
🙂
Se vuoi fallo anche tu.
Diffondiamo l’hashtag!
#prazer
🙂
IL MIO CLIENTE
Il mio cliente è stato ITALSABI s.r.l.
È una società vicentina attiva da decenni nel mondo delle ispezioni industriali e dei controlli non distruttivi.
Ha una squadra droni che usa per arrivare dove a piedi i suoi uomini non possono farlo.
Oppure quando è pericoloso e/o costoso.
Una seconda società (di cui però non posso farti il nome, per motivi di riservatezza e specifica richiesta) ha affidato ad ITALSABI il rilievo aerofotogrammetrico di un crinale di montagna, dove ha un progetto di installazione di nuove pale eoliche.
Il rilievo sarebbe servito per il progetto, per il rilascio delle autorizzazioni, per la fase esecutiva, per lo studio della cantieristica (soprattutto per il trasporto dei materiali in quota) e per la sicurezza.
Italsabi ha chiamato me per seguire tutto il rilievo, mettendomi a disposizione i suoi mezzi (su tutti, il suo drone di punta, DJI Matrice 210).
Per me Italsabi è Gianluca Dal Bianco, responsabile commerciale.
Gianluca è un grandissimo!
Ha portato i droni dentro Italsabi e ha aperto un nuovo ramo di business dell’azienda.
Ha scelto di accompagnarmi in campo per vivere in prima persona un rilievo aerofotogrammetrico e capire quello che c’è dietro, così da averne più consapevolezza (un aspetto importante nel confronto con i suoi prossimi clienti e nella preventivazione).
In più è una leggenda del rock veneto!
Musicista polistrumentista di lunga data, con cui ho trovato un bel po’ di affinità rivivendo la scena punk rock degli anni ‘90!
È un artista che dipinge con spatola su tela ed usa colori molto forti e vividi.
Ed è una gran bella persona!
Mi ha dato piena fiducia nel lavoro e mi ha aiutato moltissimo in campo.
DOVE
Per gli stessi motivi per cui non ho potuto scriverti il nome del “capofila” di questa cordata tecnica, non posso neppure dirti, precisamete, dove abbiamo lavorato.
Ma non preoccuparti, non è fondamentale per questa storia
Non si tratta di qualche città o di qualche posto sicuramente riconoscibile.
O estremamente particolare.
E, quindi, non ti perdi molto senza questa informazione specifica.
Ti posso però dire che si tratta delle colline toscane al confine con l’Emilia Romagna, in provincia di Firenze e nella terra natale di Giotto.
Dai, direi che è sufficiente per inquadrare il sito.
Ti aggiungo anche due foto panoramiche, scattate durante i rilievi.
L’area da rilevare si estendeva per 30 ettari, sviluppati per 2.5 km a cavallo di un crinale, coprendo 400 m di dislivello.
PERCHÈ UN RILIEVO AEROFOTOGRAMMETRICO?
Italsabi si è aggiudicata una gara per prestazioni di rilievo aerofotogrammetrico con SAPR (Sistema Aeromobile a Pilotaggio Remoto – è così che si dovrebbe sempre chiamare, non come faccio io che parlo brutalmente di droni!).
Ecco il motivo della scelta tecnica di affidarsi ad un drone.
Le foto qui sopra riprendono un ambiente piuttosto vegetato, con una lunga lingua pulita in corrispondenza della cresta.
Forse la fotogrammetria non è la scelta tecnica migliore per questo genere di cose.
Tuttavia, in un caso del genere, utilizzare un drone per fare foto ed elaborarle in un software di fotogrammetria ha senso.
Anche, e soprattutto, da un punto di vista dei tempi di rilievo e dei relativi costi.
Ti spiego perchè, con alcune mie considerazioni:
- il rilievo con un sensore LiDAR, montato su APR, avrebbe avuto un costo maggiore e la gestione della logistica e dei trasporti non sarebbe stata per niente facile (anche noi abbiamo fatto marcia indietro su una scelta tecnica – ma te lo spiego dopo);
- la superficie da coprire non era così grande da giustificare l’uso di un aereo o di un elicottero, con a bordo sensori LiDAR e camere fotogrammetriche (sono soluzioni che iniziano a diventare vantaggiose per aree superiori a 300 ettari);
- un rilievo terrestre con antenna satellitare avrebbe richiesto un sacco di tempo in più per battere tutti i punti necessari alla caratterizzazione topografica, morfologica e orografica dell’area (e sarebbe costato di più);
- se avessi scelto la stazione totale, oltre alle considerazioni valide per il rilievo GNSS, si sarebbe aggiunto il trasporto di strumentazione, pesante ed ingombrante, per lunghi tratti a piedi oltre all’obligo di avere quattro braccia operative in campo;
- usare uno scanner terrestre, anche “multi-echo”, avrebbe richiesto tanti punti di scansione per caratterizzare tutta l’area in maniera continua e robusta, sarebbe stato pesante da trasportare e la tecnologia è comunque più costosa;
- gli alberi ai lati del crinale erano spogli ed erano dei faggi che, per le loro caratteristiche, non lasciano crescere nessun tipo di sottobosco – c’erano quindi buone possibilità di vedere parecchi punti a terra nelle immagini scattate dal drone (a patto di lavorare in inverno!);
- se quest’area fosse stata coperta dai dati Lidar del Ministero dell’Ambiente (maglia 100×100 cm) non avremmo fatto questo rilievo, perchè quel dato sarebbe stato sufficiente per la progettazione del parco eolico.
RISULTATI ATTESI
Questi erano gli output da produrre e le richieste specifiche per la restituzione:
- punti tridimensionali (caratteristici del terreno) con una densità a terra di un punto ogni metro quadrato di superficie (in formato txt, las, shp, dxf);
- modello digitale del terreno (DTM) con maglia di un metro (tif e asci grid);
- curve di livello con passo di un metro (formato shp e dxf);
- ortofoto (geotif);
- planimetria generale in ambiente CAD (formato dwg).
Tutti i dati avrebbero dovuto essere georeferenziati nel sistema cartografico Roma40 – Gauss Boaga (dovrebbe essere in pensione ma è ancora richiestissimo!) e l’accuratezza generale non avrebbe dovuto eccedere 30 cm sulla posizione tridimensionale dei punti.
Come vedi non si è trattato di un rilievo dalla restituzione “spinta”.
In effetti, non servono dei super dati per progettare un parco eolico (e non mi riferisco al tracciamento per la posa dei plinti!).
Ultimamente vedo sempre di più la tendenza a chiedere in output miliardi di punti con precisioni estreme, per supportare poi degli studi di prefattibilità generali.
Non è necessario!
Credo che sia importante mantenere il focus sulle esigenze concrete, evitando di spendere soldi in più e dovendo poi gestire una grande quantità di dati, certamente non leggeri.
PROGRAMMAZIONE
MISSIONI DI VOLO
Ho scelto di scattare foto nadirali, volando con il drone secondo missioni automatiche programmate.
Il terreno non era così pendente e la restituzione non era particolarmente esigente da richiedere un’acquisizione anche di dataset di foto inclinate.
Il volo nadirale sarebbe stato sufficiente.
Ho scelto un GSD (Ground Sampling Distance) teorico di 2.5 cm/pixel.
Il piano sarebbe stato quello di utilizzare il drone di Italsabi, un DJI Matrice 210, equipaggiato con camera DJI Zenmuse X5S.
Ho preparato delle missioni di volo per lui, usando la combinazione Thopos+Litchi ed anche il software UGCS Pro.
Ma, come backup, ho preparato anche delle missioni, che coprissero la stessa area con lo stesso GSD, per il mio DJI Phantom 4 Pro che ho deciso di portare in campo come backup.
E meno male!!!
Ho progettato una sovrapposizione tra foto consecutive (overlap) e strisciate adiacenti (sidelap) dell’80%.
Ormai è il mio valore di default.
All’inizio lavoravo con valori di 70% per l’overlap e di 60% per il sidelap.
Ma mi è capitato di non riuscire ad allineare, bene, tutte le foto.
Con l’80% sono molto più conservativo sulla bontà dei dati.
Rientro con più foto, ma va bene così!
Le quote di volo risultavano circa pari a 120 m per il Matrice 210 e 100 m per il Phantom 4 Pro.
In realtà dovrei parlare di altezze del drone da terra (A.G.L. – Above Ground Level).
Ho scelto una velocità di crociera di 4 m/s.
Non sono un grande fan della regola che ti dice che puoi aumentare la velocità di crociera del drone di 1 m/s per ogni 10 m di guadagno di quota.
Ci sono un po’ di criticità da considerare.
Magari ci scrivo un articolo ad hoc (intanto ci ho fatto una puntata del podcast!).
Ma, per farla breve, ti dico che, se esageri con la velocità e la giornata non è soleggiata, potresti avere tempi di scatto lenti e foto mosse (pericolosissime per l’elaborazione fotogrammetrica!).
Inoltre io scatto in RAW e l’intervallo minimo tra due foto in questo formato (per gli strumenti che uso) è di 5 secondi.
Cerco di portarlo a 6, per tranquillità nei confronti del buffer della scheda di memoria, e questo comporta velocità più basse per rispettare alte sovrapposizioni tra foto consecutive.
PUNTI DI APPOGGIO E PUNTI DI CONTROLLO
L’area del rilievo aveva la caratteristica di essere un serpentone, stretto e lungo.
La larghezza media della fascia da rilevare variava tra 100 e 150 m.
In una situazione del genere è importante programmare con attenzione anche la posizione dei punti di appoggio e di controllo da usare nell’elaborazione fotogrammetrica.
Se non vincoli per bene il modello, lungo tutto lo sviluppo dell’area da rilevare, c’è il rischio concreto di avere delle deformazioni importanti ad uno degli estremi dell’area del rilievo.
O anche ad entrambe!
Il progetto dei punti da rilevare l’ho fatto su Google Earth.
Funziona bene!
Specialmente su grandi aree.
Una volta che disegni i limiti dell’area riesci a vedere se i punti sono messi “bene” (cioè se sono distribuiti omogeneamente nella superficie e nella quota).
Non hai bisogno di dettagli spinti.
Basta un’idea della distribuzione.
E Google te la dà.
Ho progettato di rilevare 30 punti: 18/20 punti di appoggio (GCP) 10/12 punti di controllo.
In un’area “selvaggia” la scelta obbligata è quella di mettere a terra dei target ad alta visibilità non potendo contare su pozzetti, segnaletica stradale orizzontale e non potendo usare la vernice spray.
I target hanno il vantaggio di vedersi bene nelle foto da drone.
Ma hanno lo svantaggio che devono essere recuperati alla fine del rilievo.
A meno che tu non scelga di usare dei target a pedere e lasciarli in campo.
Io uso dei target in PVC (100×100 cm) e lasciarli lì non va bene!
Per i costi ma, soprattutto, per la natura.
Ed allora ho fatto stampare dei target in carta da plotter con l’idea di lasciarli in campo alla fine del rilievo.
Il rilievo è durato due giorni.
Nel primo giorno abbiamo messo i target e ne abbiamo rilevato la posizione.
Nel secondo abbiamo volato e fotografato.
I target dovevano resistere una notte intera in posto, senza muoversi.
Ci sono tante variabili da considerare in questi casi: pioggia e vento, umidità e rugiada, animali, …
E quindi vanno fissati bene.
Ma non basta.
C’è sempre la possibilità che qualcuno “salti” ed allora è bene essere sicuri di avere sufficienti punti da usare nell’elaborazione software.
Abbiamo abbondato con i target mettendone a terra 40.
Li abbiamo fissati con sassi e tronchi di legno.
Ma ne abbiamo posati diversi anche in PVC (più resistente) picchettandolo con picchetti da campeggio.
Su questi eravamo più confidenti sulla loro permanenza per più giorni.
Il picchetto fissa bene.
Li abbiamo messi in posizioni strategiche per l’orientamento del modello fotogrammetrico ed in punti dove saremmo sicuramente passati per far decollare il drone durante le operazioni di volo.
Una volta finite le operazioni, sulla via del ritorno, li avremmo recuperati.
Gli altri si sarebbero sciolti con i prossimi due o tre acquazzoni di montagna.
Non è una bellezza ma non mi sento un inquinatore.
Carta da plotter ricicliata e stampa monocromatica a basso contenuto di inchiostro.
Ma ho voluto scriverti tutto.
Sono pronto adogni critica ma sono anche ricettivo ad ogni suggerimento per dei buoni target a perdere.
Recuperare tutti i target alla fine delle operazioni avrebbe richiesto alcune ore e chilometri extra.
Il rilievo delle coordinate dei target lo abbiamo fatto con un’antenna satellitare in modatlità nRTK.
La connessione GPRS era ok, la copertura della volta celeste idem e quindi è stata un scelta di comodità, unita ad efficienza e velocità.
L’ideale sarebbe stato avere un sistema base+rover in comunicazione radio.
Sarebbe stato più veloce ed anche un po’ più accurato.
Tuttavia i punti da battere non erano molti e lasciare una base fissa in un territorio vasto avrebbe implicato di lasciarla incustodita (dubito che lupi e caprioli ne sarebbero stati interessati) ma, soprattutto, avrebbe richiesto il suo recupero e, molto probabilmente, un cambio batteria a metà giornata.
Sarebbe stato abbastanza scomodo a fronte dei vantaggi, minimi, che avrebbe portato.
Le accuratezze in output non erano spinte e le precisioni sulle misure GPS nRTK dei GCP e dei Check Point (5/10 cm) sono state più che sufficienti per gli scopi del lavoro.
UN ERRORE DI VALUTAZIONE
Ci sono stati alcuni errori e inciampi in questo rilievo.
Difficilmente non ne faccio.
L’importante è saperli affrontare e aggirare per arrivare al risultato.
Il principale errore di questa storia è non aver fatto il sopralluogo preliminare.
E questo è stato un errore di valutazione.
Va sempre fatto.
Intendo il sopralluogo, non l’errore di valutazione.
🙂
Anche in casi semplici e “sicuri”.
Ma qui il modello di Google era fatto talmente bene che si potevano verificare tutte le strade di accesso e stimare i tempi di percorrenza.
Eravamo piuttosto sicuri di farcela in auto.
Ero piuttosto sicuro.
E poi ci hanno detto che una Panda 4×4 sarebbe arrivata ovunque.
Ce l’hanno quasi garantito.
Gente che conosce i posti.
Ci siamo fidati, l’abbiamo noleggiata, caricata e siamo partiti.
Ma non abbiamo fatto i conti con quanto fosse sterrata la strada sterrata!
La sua traccia era perfetta in Google Earth.
Ma i dettagli non si vedono.
Ed il suo fondo si è rivelato molto presto impraticabile.
Anche con una Panda 4×4.
Ma, aggiungo, forse anche con un Defender!
Siamo scesi, abbiamo controllato sulla mappa la strada che era ancora da percorrere, abbiamo soppesato la strumentazione da portare, ci siamo contati le braccia e le schiene (4 + 2) ed abbiamo dovuto abbandonare il Matrice (dentro un case rigido molto grande + un altro per batterie, camera e ottiche) per il Phantom 4 Pro, compattato, con dieci batterie, controller ed accessori, dentro uno zaino.
La nota positiva era che le missioni di volo per il Phantom 4 Pro erano pronte.
Quellla negativa è che avremmo speso più tempo in volo, saremmo rientrati con più foto e di qualità leggermente inferiore.
E poi avremmo dovuto fare le corse contro il tempo perchè i trasferimenti programmati in auto avrebbero richiesto molto meno tempo rispetto all’uso delle nostre gambe.
Seppure ne avremmo guadagnato in salute!
È stata una scelta obbligata.
Non era proprio possibile fare diversamente.
Ed alla fine è andato tutto bene.
Ma di questo me ne prendo la piena responsabilità.
Prendo nota di un insegnamento importante per il futuro.
I VOLI
Sui voli non c’è molto da dire rispetto a quello che ti ho già scritto qui sopra.
Abbiamo usato il Phantom 4Pro in volo automatico e condizioni di VLOS, spingendolo ai limiti consentiti dal regolamento ENAC (validi a Marzo 2019): 500 m di distanza dalla stazione di terra e 150m di altezza dal suolo.
In questi casi avere un osservatore durante i voli che si preoccupi sempre di tenere sotto controllo il drone in volo è molto importante.
E Gianluca è stato ineccepibile!
Ho fatto affidamento alle missioni programmate con UGCS Pro ed ho usato l’app specifica, installata su un tablet Android, per lanciarle ed eseguirle in campo.
Ha funzionato tutto bene.
GSD COSTANTE (segui il terreno)
I dislivelli non erano spinti ma era comunque importante mantenere una distanza costante tra drone e terreno, con ragionevole appossimazione.
In questo modo il GSD teorico rimane costante, con ragionevole approssimazione.
Il software UGCS Pro prende il modello digitale di Google e lo usa per tracciare le missioni variando l’altezza di volo del drone.
Mi ci trovo molto bene.
Costa un po’ ma funziona.
Volendo puoi caricare anche un modello digitale che hai creato da un precedente volo fotogrammetrico.
Anche grossolano.
ATTENZIONE AL VENTO!
Un aspetto importante legato ai voli, valido in generale ma soprattutto in questo caso specifico, è rappresentato dal vento.
Se si prevede la realizzazione di un parco eolico è evidente che l’area sia ventosa.
Ed è ragionevole aspettarsi vento durante il rilievo.
E così è stato.
Non c’è stato vento furioso.
Non ha impedito il volo.
Ma ce n’era.
E quando c’è vento le batterie durano di meno.
Nella programmazione delle missioni di volo ho avuto un po’ di cautela sui tempi.
Se normalmente mi sento confidente nel fare una missione da 15 minuti (effettivi), oltre a decollo ed atterraggio, in questo caso ho programmato voli che non superassero 12 minuti.
Mi sono preso un po’ di margine su ciascuna batteria.
Ed è servito per fare tutto con ragionvole tranquillità e nessuna apprensione, tipica di un pilota che deve ancora finire una strisciata ed ha solo il 20% di autonomia residua.
AGGIORNAMENTI DAL CAMPO
Il resto delle attività di campo è andato come programmato.
Abbiamo saltato i pranzi, mangiando barrette in cammino, e corso parecchio.
Il tempo era poco.
L’area era grande ed i km da coprire pure.
RILIEVI IN INVERNO
C’era da considerare anche l’effetto “inverno”.
Un rilievo del genere, visti i limiti della fotogrammetria nei confronti della vegetazione, andava necessariamente fatto prima della primavera.
Prima delle rinascita delle foglie.
E l’inverno è la stagione migliore.
Gli alberi sono spogli e le foto ti danno più chance di ottenere buoni dati del terreno.
Specialmente con i faggi.
Ma l’inverno ha le giornate corte.
E se ti trovi in montagna a 2 km di sentiero dall’auto, inizi a guardare l’orologio alle 16:00 e non aspetti molto per decidere di rientrare.
Hai sicuramente più tempo per scaricare e backuppare i dati, sederti e valutare la giornata, controllare ed elaborare preliminarmente i dati.
Ma hai meno tempo per stare in campo.
OCCHIO ALLA SCHEDA DI MEMORIA!
Durante i sorvoli c’è stato un inconveniente con una scheda di memoria del drone.
L’ho persa!
Al termine di una missione l’ho estratta per cambiarla ma il drone me l’ha “sputata” fuori e la “micro SD” è caduta in terra.
Normalmente non sarebbe stato un grosso problema.
L’avrei raccolta.
L’avrei pulita con un un soffio da bambino a cui casca una caramella in terra.
E l’avrei reinserita nel suo slot.
Ma in quel caso “terra” significava un intrigo di felci secche e la scheda si è persa tra gli steli, le foglie ed il buio sotto la superficie, senza nessuna possibilità di recupero.
Foto perse!
🙁
Anche qui ci sono stati un pro e un contro.
Il contro è che ho perso tutte le fotografie nella scheda.
Non male!
Il pro è che, almeno, si trattava delle foto di una sola missione.
Sono piuttosto paranoico con i dati e le immagini.
Ho parecchie schede di media capacità (16GGB/32GB) e le cambio spesso durante i voli.
Penso sempre “se succede qualcosa al drone, almeno non perdo tutti i dati della giornata”.
Si è trattato quindi di rifare la missione persa.
Ho comunque perso un po’ di tempo ma, soprattutto, una batteria.
Persa nel senso che ne ho dovuto dedicarne una extra per rifare la missione appena finita.
Considerando che in aree grandi i voli sono tanti (ne ho fatti 12!) non è stato banale.
Ora ho imparato che, in casi rischiosi, è sempre bene cambiare la scheda su una superficie “sicura”.
A volte metto il drone sorpa un target in PVC 1×1 m.
È un buon tappeto per intercettare la scheda caduta.
Non è garantito al 100% ma è pur sempre meglio di niente.
BLOCCA LO SCATTO DELLE FOTO SENZA SCHEDA DI MEMORIA IN CAMERA
Un’impostazione che mi ha salvato in un’altra occasione è stata il “blocco dello scatto delle fotografie in assenza di scheda di memoria”.
Ci ho già sbattuto il naso altre volte.
Ed ho imparato la lezione.
Mandavo in aria il drone, scattavo le foto per poi accorgermi di non aver inserito la scheda di memoria ed aver solo sprecato batteria.
Le batterie sono tempo.
Il tempo è lavoro.
E il lavoro è denaro.
È poco poetico ma di fatto è così…
Da quelle volte (sì perchè sono state più di una) ho impostato tutte le fotocamere, tutti i droni e tutte le app di volo su tutti i dispositivi di controllo (tablet e smartphone) in modo che la fotocamera non scatti se non c’è la scheda di memoria inserita.
Anche durante questo rilievo, una volta, ho mandato il drone in aria senza scheda.
La distrazione è sempre dietro l’angolo, specialmente se devi pensare a parecchie altre cose da fare.
Ma con il blocco dello scatto me ne sono accorto subito ed ho perso solo i pochi minuti di autonomia di batteria necessari al rientro ed al nuovo decollo.
Prendi seriamente in considerazione di usare anche tu questa impostazione nelle tue macchine fotografiche e droni!
BACK UP SUL CAMPO
Dopo un rilievo di due giorni, la misura di punti a terra e lo scatto di migliaia di fotografie (sono state quasi 2.000) trovo che sia fondamentale fare un backup dei dati, subito ed in campo.
Porto sempre con me il laptop ed alla fine di ogni giornata scarico i dati nel hard disk interno e sua altri due dischi esterni, diversi.
Questo mi dà sicurezza sull’archiviazione e mi permette di formattare a cuor leggero le schede di memoria durante le acquisizioni del giorno successivo.
LAVORA IN SICUREZZA
L’ultima considerazione che faccio sul lavoro in campo riguarda la sicurezza.
Essere in due in posti un po’ remoti, lontani dalle vie di comunicazione, con scarsa connessione telefonica ed in zone impervie è decisamente più sicuro.
Sono abituato a lavorare da solo.
E mi piace anche parecchio.
Specialmente se sono in mezzo alla natura (ed il telefono non suona per ore).
Ma in effetti mi accorgo che non c’è da prendere queste cose alla leggera.
Anche una banalità può essere pericolosa ed in due il rischio è mitigato.
Sono tutti aspetti che devono essere considerati ed affrontati.
“La siurezza prima di tutto” può sembrare uno slogan banale e semplicistico ma è la verità.
ELABORAZIONE DEI DATI
Rientrati in ufficio c’è stata l’elaborazione dei dati.
Qui le cose si fanno meno avventurose, poco poetiche e per niente selvagge.
Si è trattato di prendere fotografie e misure e mescolare tutto quanto nel software di elaborazione fotogrammetrica.
Mi sa che non c’è molto da dire di più rispetto a quello che potresti aver già letto in altri post ed articoli.
Ma per non lasciare buchi nel racconto ti faccio un riassunto.
Ho trattato le misure satellitari dei target con il software Convergo ed i grigliati (ne è bastato uno) dell’IGM, per avere in output dati solidi (Est, Nord, quota ortometrica) nel sistema di riferimento di destinazione (Roma40 – Gauss Boaga – EPSG 3003).
Ho usato il software SfM Agisoft Metashape Pro per elaborare i dati.
Prima le ha allineate, poi ha ottimizzato l’allineamento (i punti dellla nuvola sparsa) con i punti di apppoggio (GCP), e poi ha creato la nuvola di punti densa, scalata, orientata e georeferenziata.
E ci ha anche calcolato l’accuratezza sulla base dei punti di controllo (CP) ed un’analisi statistica agli scarti quadratici medi.
Ho portato il file txt dellla nuvola di punti densa dentro LiDAR360 per elaborarla e classificare i punti del tereno, discretizzandoli dalla vegetazione.
Questo sarebbe stato il dato davvero importante.
L’algoritmo di classificazione di Lidar360 ha fatto davvero un lavoro eccellente.
Anche tra i faggi!
I punti del terreno sono apparsi, quasi magicamente, alla fine del processo di calcolo (piuttosto lungo).
Dopo ho dedicato solo ancora un po’ di tempo per affinare la già ottima classificazione.
Questo è uno screenshot della nuvola grezza.
E questo è il risultato dei punti del terreno dopo l’algortimo di classificazione del terreno di Lidar360:
L’algoritmo è molto solido ma non fa magie.
Se il rilievo fosse stato fatto in primavera inoltrata sono certo che sarebbe riuscito ad estrarre ben pochi dati del terreno rispetto a quello fatto con il dato “invernale”.
Dalla nuvola di punti del terreno, muovendomi tra Lidar360 e Cloud Compare, ho generato un modello digitale del terreno, interpolato nelle zone bucate, del tutto assimilabile ad un DTM (Digital Terrain Model) di maglia 1×1 m, da cui ho ricavato le curve di livello (con passo 1m) e la nuvola di punti equidistanziati uno dall’altro secondo un passo regolare.
In Metashape ho generato un’ortofoto di tutta l’area.
E poi ho portato ortofoto + punti + curve di livello dentro il CAD (io uso Bricscad Pro) dove ho rifinito e sistemato tutto quanto prima di consegnare il lavoro.
La restituzione planimetrica l’ho integrata nella CTR regionale, scaricata dal geoportale regionale toscano (Geoscopio).
Ed infine la consegna è avvenuta su due “piani”.
Tutti i dati sono stati consegnati nei formati di file richiesti ed in più li abbiamo caricati online per l’esplorazione immediata e l’interrogazione tramite strumenti web.
Nello specifico uso SketchFab per caricare un modello tridimensionale, formato da mesh+texture, e Potree, un compilatore che genera un pacchetto di file a partire da una nuvola di punti in formato las, per generare un link che permette l’ispezione, la misura ed alcune esportazioni della nuvola di punti da parte del committente.
Giusto per farti vedere di che si tratta, ti metto due link dello stesso rilievo ai progetti su Sketchfab e Potree.
Non sono l’oggetto del rilievo di questa storia.
Come ti ho scritto prima, non posso rivelarti molto di più.
E certamente non posso farti interrogare la nuvola di punti in output.
Ma spero che comunque ti possano aiutare a capire di che si tratta e le differenze tra i due prodotti 3D in output.
Qui c’è il link al modello su Sketchfab. (Modello che non c’entra niente con il rilievo di questa storia)
E qui il corrispondente link su Potree. (Modello che non c’entra niente con il rilievo di questa storia)
File consegnati e lavoro finito!
THE END
Ed eccoci alla fine di questa storia.
Spero che sia stata interessante.
Se è stata pesante fammelo sapere!
I tuoi riscontri mi aiutano a scrivere articoli migliori per te che li leggi.
Al di là di lunghezza, forma e contenuto, spero comunque che quello che hai letto ti possa aiutare e stimolare a valutare l’utilizzo dei droni e delle tecniche (aero)fotogrammetriche in ambiti simili a quelli che ti ho raccontato.
Chiudo questa storia due mesi dopo averla iniziata.
A meno delle correzioni e delle revisioni finali scrivo le ultime parole da un ufficio portatile improvvisato sotto l’ombrellono e sopra un lettino prendisole, scrivendo con un tablet e una tastiera bluetooth e su un documento di Google Drive.
Di necessità virtù!
🙂
Se hai delle curiosità o delle domande su questo rilievo lo spazio per i commenti è a tua disposizione.
Non essere timido/a.
Di sicuro ho tralasciato parti e dettagli che, se ti vengono in mente, potrebbero dare risposte anche ad altri.
E migliorare o integrare l’articolo.
Un enorme grazie per la fiducia, per il supporto, per la compagnia e per le belle giornate in campo al grandissimo Gianluca dal Bianco e ad Italsabi!
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Ora è davvero la fine.
Per ora…
Grazie davvero per il tuo tempo e per la tua attenzione!
A presto!
Paolo Corradeghini
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