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UN RILIEVO AEROFOTOGRAMMETRICO PER UN PARCO EOLICO

14 Luglio 2019
fotografia aerea dell'appennino toscano

In questo articolo ti racconto di un rilievo aerofotogrammetrico per progettare e poi realizzare un parco eolico, per la produzione di energia pulita, sulle colline Toscane e nella terra di Giotto.

Sarà un racconto un po’ tecnico ed un po’ no.
Forse sarà lungo.
Non lo so ancora.
Lo sto scrivendo a pezzi (ora sono nel caffè della Libreria Feltrinelli di Largo Argentina a Roma) e potrei perdere più volte il “filo del discorso”.
Anzi, sarà sicuramente così, ma spero di mantenere una certa coerenza nella scrittura.

Manco da un po’ dalle pagine di questo blog.
Mi è passato il tempo e mi si sono accumulate un po’ di cose da fare.
Non so se chiederti scusa o ringraziarti per la pazienza.
Ma comunque, in un modo o nell’altro, non cambierebbero le cose.
Quello che faccio è impegnarmi a ridare continuità e costanza con le parole scritte.
Magari scrivendo articoli più corti.
Ma più frequenti.
Hai delle preferenze sulla tipologia e sulla lunghezza di questi post?
Fammelo sapere e mi darai un grande aiuto!

Ok.
Premesse, presentazioni e scuse finite.
Ora iniziamo il racconto!

!PRAZER!

Il motivo per cui scrivo questo articolo è quello di dirti che cosa c’è stato dietro a questo rilievo:

  • programmazione;
  • azione;
  • elaborazione;
  • restituzione;
  • errori;
  • insegnamenti;
  • …

PRogrammazione, AZione, Elaborazione, Restituzione

!PRAZER!

Questo acronimo è venuto estemporaneamente, ma me lo segno e lo riuso alla grande!
🙂
Se vuoi fallo anche tu.
Diffondiamo l’hashtag!
#prazer
🙂

IL MIO CLIENTE

Il mio cliente è stato ITALSABI s.r.l.
È una società vicentina attiva da decenni nel mondo delle ispezioni industriali e dei controlli non distruttivi.
Ha una squadra droni che usa per arrivare dove a piedi i suoi uomini non possono farlo.
Oppure quando è pericoloso e/o costoso.

Una seconda società (di cui però non posso farti il nome, per motivi di riservatezza e specifica richiesta) ha affidato ad ITALSABI il rilievo aerofotogrammetrico di un crinale di montagna, dove ha un progetto di installazione di nuove pale eoliche.
Il rilievo sarebbe servito per il progetto, per il rilascio delle autorizzazioni, per la fase esecutiva, per lo studio della cantieristica (soprattutto per il trasporto dei materiali in quota) e per la sicurezza.

Italsabi ha chiamato me per seguire tutto il rilievo, mettendomi a disposizione i suoi mezzi (su tutti, il suo drone di punta, DJI Matrice 210).

Per me Italsabi è Gianluca Dal Bianco, responsabile commerciale.

Gianluca è un grandissimo!
Ha portato i droni dentro Italsabi e ha aperto un nuovo ramo di business dell’azienda.
Ha scelto di accompagnarmi in campo per vivere in prima persona un rilievo aerofotogrammetrico e capire quello che c’è dietro, così da averne più consapevolezza (un aspetto importante nel confronto con i suoi prossimi clienti e nella preventivazione).

In più è una leggenda del rock veneto!
Musicista polistrumentista di lunga data, con cui ho trovato un bel po’ di affinità rivivendo la scena punk rock degli anni ‘90!
È un artista che dipinge con spatola su tela ed usa colori molto forti e vividi.
Ed è una gran bella persona!

paolo corradeghini e gianluca dal bianco in campo

Mi ha dato piena fiducia nel lavoro e mi ha aiutato moltissimo in campo.

DOVE

Per gli stessi motivi per cui non ho potuto scriverti il nome del “capofila” di questa cordata tecnica, non posso neppure dirti, precisamete, dove abbiamo lavorato.

Ma non preoccuparti, non è fondamentale per questa storia
Non si tratta di qualche città o di qualche posto sicuramente riconoscibile.
O estremamente particolare.
E, quindi, non ti perdi molto senza questa informazione specifica.

Ti posso però dire che si tratta delle colline toscane al confine con l’Emilia Romagna, in provincia di Firenze e nella terra natale di Giotto.

Dai, direi che è sufficiente per inquadrare il sito.
Ti aggiungo anche due foto panoramiche, scattate durante i rilievi.

crinale montuoso rilevato con aerofotogrammetria da drone

L’area da rilevare si estendeva per 30 ettari, sviluppati per 2.5 km a cavallo di un crinale, coprendo 400 m di dislivello.

crinale montuoso rilevato con aerofotogrammetria da drone pr parco eolico

PERCHÈ UN RILIEVO AEROFOTOGRAMMETRICO?

Italsabi si è aggiudicata una gara per prestazioni di rilievo aerofotogrammetrico con SAPR (Sistema Aeromobile a Pilotaggio Remoto – è così che si dovrebbe sempre chiamare, non come faccio io che parlo brutalmente di droni!).

Ecco il motivo della scelta tecnica di affidarsi ad un drone.

Le foto qui sopra riprendono un ambiente piuttosto vegetato, con una lunga lingua pulita in corrispondenza della cresta.
Forse la fotogrammetria non è la scelta tecnica migliore per questo genere di cose.
Tuttavia, in un caso del genere, utilizzare un drone per fare foto ed elaborarle in un software di fotogrammetria ha senso.
Anche, e soprattutto, da un punto di vista dei tempi di rilievo e dei relativi costi.

Ti spiego perchè, con alcune mie considerazioni:

  • il rilievo con un sensore LiDAR, montato su APR, avrebbe avuto un costo maggiore e la gestione della logistica e dei trasporti non sarebbe stata per niente facile (anche noi abbiamo fatto marcia indietro su una scelta tecnica – ma te lo spiego dopo);
  • la superficie da coprire non era così grande da giustificare l’uso di un aereo o di un elicottero, con a bordo sensori LiDAR e camere fotogrammetriche (sono soluzioni che iniziano a diventare vantaggiose per aree superiori a 300 ettari);
  • un rilievo terrestre con antenna satellitare avrebbe richiesto un sacco di tempo in più per battere tutti i punti necessari alla caratterizzazione topografica, morfologica e orografica dell’area (e sarebbe costato di più);
  • se avessi scelto la stazione totale, oltre alle considerazioni valide per il rilievo GNSS, si sarebbe aggiunto il trasporto di strumentazione, pesante ed ingombrante, per lunghi tratti a piedi oltre all’obligo di avere quattro braccia operative in campo;
  • usare uno scanner terrestre, anche “multi-echo”, avrebbe richiesto tanti punti di scansione per caratterizzare tutta l’area in maniera continua e robusta, sarebbe stato pesante da trasportare e la tecnologia è comunque più costosa;
  • gli alberi ai lati del crinale erano spogli ed erano dei faggi che, per le loro caratteristiche, non lasciano crescere nessun tipo di sottobosco – c’erano quindi buone possibilità di vedere parecchi punti a terra nelle immagini scattate dal drone (a patto di lavorare in inverno!);
  • se quest’area fosse stata coperta dai dati Lidar del Ministero dell’Ambiente (maglia 100×100 cm) non avremmo fatto questo rilievo, perchè quel dato sarebbe stato sufficiente per la progettazione del parco eolico.

RISULTATI ATTESI

Questi erano gli output da produrre e le richieste specifiche per la restituzione:

  • punti tridimensionali (caratteristici del terreno) con una densità a terra di un punto ogni metro quadrato di superficie (in formato txt, las, shp, dxf);
  • modello digitale del terreno (DTM) con maglia di un metro (tif e asci grid);
  • curve di livello con passo di un metro (formato shp e dxf);
  • ortofoto (geotif);
  • planimetria generale in ambiente CAD (formato dwg).

Tutti i dati avrebbero dovuto essere georeferenziati nel sistema cartografico Roma40 – Gauss Boaga (dovrebbe essere in pensione ma è ancora richiestissimo!) e l’accuratezza generale non avrebbe dovuto eccedere 30 cm sulla posizione tridimensionale dei punti.

Come vedi non si è trattato di un rilievo dalla restituzione “spinta”.
In effetti, non servono dei super dati per progettare un parco eolico (e non mi riferisco al tracciamento per la posa dei plinti!).

Ultimamente vedo sempre di più la tendenza a chiedere in output miliardi di punti con precisioni estreme, per supportare poi degli studi di prefattibilità generali.
Non è necessario!
Credo che sia importante mantenere il focus sulle esigenze concrete, evitando di spendere soldi in più e dovendo poi gestire una grande quantità di dati, certamente non leggeri.

PROGRAMMAZIONE

MISSIONI DI VOLO 

Ho scelto di scattare foto nadirali, volando con il drone secondo missioni automatiche programmate.

Il terreno non era così pendente e la restituzione non era particolarmente esigente da richiedere un’acquisizione anche di dataset di foto inclinate.
Il volo nadirale sarebbe stato sufficiente.

Ho scelto un GSD (Ground Sampling Distance) teorico di 2.5 cm/pixel.

Il piano sarebbe stato quello di utilizzare il drone di Italsabi, un DJI Matrice 210, equipaggiato con camera DJI Zenmuse X5S.
Ho preparato delle missioni di volo per lui, usando la combinazione Thopos+Litchi ed anche il software UGCS Pro.

Ma, come backup, ho preparato anche delle missioni, che coprissero la stessa area con lo stesso GSD, per il mio DJI Phantom 4 Pro che ho deciso di portare in campo come backup.

E meno male!!!

Ho progettato una sovrapposizione tra foto consecutive (overlap) e strisciate adiacenti (sidelap) dell’80%.

Ormai è il mio valore di default.
All’inizio lavoravo con valori di 70% per l’overlap e di 60% per il sidelap.
Ma mi è capitato di non riuscire ad allineare, bene, tutte le foto.
Con l’80% sono molto più conservativo sulla bontà dei dati.
Rientro con più foto, ma va bene così!

Le quote di volo risultavano circa pari a 120 m per il Matrice 210 e 100 m per il Phantom 4 Pro.
In realtà dovrei parlare di altezze del drone da terra (A.G.L. – Above Ground Level).

Ho scelto una velocità di crociera di 4 m/s.

Non sono un grande fan della regola che ti dice che puoi aumentare la velocità di crociera del drone di 1 m/s per ogni 10 m di guadagno di quota.
Ci sono un po’ di criticità da considerare.
Magari ci scrivo un articolo ad hoc (intanto ci ho fatto una puntata del podcast!).
Ma, per farla breve, ti dico che, se esageri con la velocità e la giornata non è soleggiata, potresti avere tempi di scatto lenti e foto mosse (pericolosissime per l’elaborazione fotogrammetrica!).

Inoltre io scatto in RAW e l’intervallo minimo tra due foto in questo formato (per gli strumenti che uso) è di 5 secondi.
Cerco di portarlo a 6, per tranquillità nei confronti del buffer della scheda di memoria, e questo comporta velocità più basse per rispettare alte sovrapposizioni tra foto consecutive.

missioni di volo con UGCS Pro per rilievo aerofotogrammetrico

PUNTI DI APPOGGIO E PUNTI DI CONTROLLO

L’area del rilievo aveva la caratteristica di essere un serpentone, stretto e lungo.
La larghezza media della fascia da rilevare variava tra 100 e 150 m.

In una situazione del genere è importante programmare con attenzione anche la posizione dei punti di appoggio e di controllo da usare nell’elaborazione fotogrammetrica.

Se non vincoli per bene il modello, lungo tutto lo sviluppo dell’area da rilevare, c’è il rischio concreto di avere delle deformazioni importanti ad uno degli estremi dell’area del rilievo.
O anche ad entrambe!

Il progetto dei punti da rilevare l’ho fatto su Google Earth.
Funziona bene!
Specialmente su grandi aree.
Una volta che disegni i limiti dell’area riesci a vedere se i punti sono messi “bene” (cioè se sono distribuiti omogeneamente nella superficie e nella quota).
Non hai bisogno di dettagli spinti.
Basta un’idea della distribuzione.
E Google te la dà.

Ho progettato di rilevare 30 punti: 18/20 punti di appoggio (GCP)  10/12 punti di controllo.

In un’area “selvaggia” la scelta obbligata è quella di mettere a terra dei target ad alta visibilità non potendo contare su pozzetti, segnaletica stradale orizzontale e non potendo usare la vernice spray.

I target hanno il vantaggio di vedersi bene nelle foto da drone.
Ma hanno lo svantaggio che devono essere recuperati alla fine del rilievo.
A meno che tu non scelga di usare dei target a pedere e lasciarli in campo.

Io uso dei target in PVC (100×100 cm) e lasciarli lì non va bene!
Per i costi ma, soprattutto, per la natura.

Ed allora ho fatto stampare dei target in carta da plotter con l’idea di lasciarli in campo alla fine del rilievo.

Il rilievo è durato due giorni.
Nel primo giorno abbiamo messo i target e ne abbiamo rilevato la posizione.
Nel secondo abbiamo volato e fotografato.

I target dovevano resistere una notte intera in posto, senza muoversi.
Ci sono tante variabili da considerare in questi casi: pioggia e vento, umidità e rugiada, animali, …
E quindi vanno fissati bene.

Ma non basta.

C’è sempre la possibilità che qualcuno “salti” ed allora è bene essere sicuri di avere sufficienti punti da usare nell’elaborazione software.
Abbiamo abbondato con i target mettendone a terra 40.
Li abbiamo fissati con sassi e tronchi di legno.

Target per GCP a perdere in carta

Ma ne abbiamo posati diversi anche in PVC (più resistente) picchettandolo con picchetti da campeggio.
Su questi eravamo più confidenti sulla loro permanenza per più giorni.
Il picchetto fissa bene.
Li abbiamo messi in posizioni strategiche per l’orientamento del modello fotogrammetrico ed
in punti dove saremmo sicuramente passati per far decollare il drone durante le operazioni di volo.

Una volta finite le operazioni, sulla via del ritorno, li avremmo recuperati.

Gli altri si sarebbero sciolti con i prossimi due o tre acquazzoni di montagna.
Non è una bellezza ma no
n mi sento un inquinatore.
Carta da plotter ricicliata e stampa monocromatica a basso contenuto di inchiostro.
Ma ho voluto scriverti tutto.
Sono pronto adogni critica ma sono anche ricettivo ad ogni suggerimento per dei buoni target a perdere.

Recuperare tutti i target alla fine delle operazioni avrebbe richiesto alcune ore e chilometri extra.

Il rilievo delle coordinate dei target lo abbiamo fatto con un’antenna satellitare in modatlità nRTK.
La connessione GPRS era ok, la copertura della volta celeste idem e quindi è stata un scelta di comodità, unita ad efficienza e velocità.

L’ideale sarebbe stato avere un sistema base+rover in comunicazione radio.
Sarebbe stato più veloce ed anche un po’ più accurato.
Tuttavia i punti da battere non erano molti e lasciare una base fissa in un territorio vasto avrebbe implicato di lasciarla incustodita (dubito che lupi e caprioli ne sarebbero stati interessati) ma, soprattutto, avrebbe richiesto il suo recupero e, molto probabilmente, un cambio batteria a metà giornata.

Sarebbe stato abbastanza scomodo a fronte dei vantaggi, minimi, che avrebbe portato.

rilievo GCP con GNSS

Le accuratezze in output non erano spinte e le precisioni sulle misure GPS nRTK dei GCP e dei Check Point (5/10 cm) sono state più che sufficienti per gli scopi del lavoro.

UN ERRORE DI VALUTAZIONE

Ci sono stati alcuni errori e inciampi in questo rilievo.
Difficilmente non ne faccio.
L’importante è saperli affrontare e aggirare per arrivare al risultato.

Il principale errore di questa storia è non aver fatto il sopralluogo preliminare.

E questo è stato un errore di valutazione.
Va sempre fatto.
Intendo il sopralluogo, non l’errore di valutazione.
🙂
Anche in casi semplici e “sicuri”.

Ma qui il modello di Google era fatto talmente bene che si potevano verificare tutte le strade di accesso e stimare i tempi di percorrenza.
Eravamo piuttosto sicuri di farcela in auto.
Ero piuttosto sicuro.
E poi ci hanno detto che una Panda 4×4 sarebbe arrivata ovunque.
Ce l’hanno quasi garantito.
Gente che conosce i posti.
Ci siamo fidati,
l’abbiamo noleggiata, caricata e siamo partiti.

Ma non abbiamo fatto i conti con quanto fosse sterrata la strada sterrata!
La sua traccia era perfetta in Google Earth.
Ma i dettagli non si vedono.
Ed il suo fondo si è rivelato molto presto impraticabile.
Anche con una Panda 4×4.
Ma, aggiungo, forse anche con un Defender!

Dissesti lungo viabilità sterrata

Siamo scesi, abbiamo controllato sulla mappa la strada che era ancora da percorrere, abbiamo soppesato la strumentazione da portare, ci siamo contati le braccia e le schiene (4 + 2) ed abbiamo dovuto abbandonare il Matrice (dentro un case rigido molto grande + un altro per batterie, camera e ottiche) per il Phantom 4 Pro, compattato, con dieci batterie, controller ed accessori, dentro uno zaino.

La nota positiva era che le missioni di volo per il Phantom 4 Pro erano pronte.
Quellla negativa è che avremmo speso più tempo in volo, saremmo rientrati con più foto e di qualità leggermente inferiore.
E poi avremmo dovuto fare le corse contro il tempo perchè i trasferimenti programmati in auto avrebbero richiesto molto meno tempo rispetto all’uso delle nostre gambe.
Seppure ne avremmo guadagnato in salute!

È stata una scelta obbligata.
Non era proprio possibile fare diversamente.
Ed alla fine è andato tutto bene.
Ma di questo me ne prendo la piena responsabilità.

Prendo nota di un insegnamento importante per il futuro.

Viabilità in area di rilievo

I VOLI

Sui voli non c’è molto da dire rispetto a quello che ti ho già scritto qui sopra.
Abbiamo usato il Phantom 4Pro in volo automatico e condizioni di VLOS, spingendolo ai limiti consentiti dal regolamento ENAC (validi a Marzo 2019): 500 m di distanza dalla stazione di terra e 150m di altezza dal suolo.
In questi casi avere un osservatore durante i voli che si preoccupi sempre di tenere sotto controllo il drone in volo è molto importante.
E Gianluca è stato ineccepibile!

Ho fatto affidamento alle missioni programmate con UGCS Pro ed ho usato l’app specifica, installata su un tablet Android, per lanciarle ed eseguirle in campo.

Ha funzionato tutto bene.

GSD COSTANTE (segui il terreno)

I dislivelli non erano spinti ma era comunque importante mantenere una distanza costante tra drone e terreno, con ragionevole appossimazione.
In questo modo il GSD teorico rimane costante, con ragionevole approssimazione.

Il software UGCS Pro prende il modello digitale di Google e lo usa per tracciare le missioni variando l’altezza di volo del drone.
Mi ci trovo molto bene.
Costa un po’ ma funziona.

Volendo puoi caricare anche un modello digitale che hai creato da un precedente volo fotogrammetrico.
Anche grossolano.

ATTENZIONE AL VENTO!

Un aspetto importante legato ai voli, valido in generale ma soprattutto in questo caso specifico, è rappresentato dal vento.

Se si prevede la realizzazione di un parco eolico è evidente che l’area sia ventosa.
Ed è ragionevole aspettarsi vento durante il rilievo.

E così è stato.
Non c’è stato vento furioso.
Non ha impedito il volo.
Ma ce n’era.
E quando c’è vento le batterie durano di meno.

Nella programmazione delle missioni di volo ho avuto un po’ di cautela sui tempi.
Se normalmente mi sento confidente nel fare una missione da 15 minuti (effettivi), oltre a decollo ed atterraggio, in questo caso ho programmato voli che non superassero 12 minuti.

Mi sono preso un po’ di margine su ciascuna batteria.
Ed è servito per fare tutto con ragionvole tranquillità e nessuna apprensione, tipica di un pilota che deve ancora finire una strisciata ed ha solo il 20% di autonomia residua.

AGGIORNAMENTI DAL CAMPO

Il resto delle attività di campo è andato come programmato.

Abbiamo saltato i pranzi, mangiando barrette in cammino, e corso parecchio.
Il tempo era poco.
L’area era grande ed i km da coprire pure.

RILIEVI IN INVERNO

C’era da considerare anche l’effetto “inverno”.

Un rilievo del genere, visti i limiti della fotogrammetria nei confronti della vegetazione, andava necessariamente fatto prima della primavera.
Prima delle rinascita delle foglie.

E  l’inverno è la stagione migliore.
Gli alberi sono spogli e le foto ti danno più chance di ottenere buoni dati del terreno.
Specialmente con i faggi.

Ma l’inverno ha le giornate corte.
E se ti trovi in montagna a 2 km di sentiero dall’auto, inizi a guardare l’orologio alle 16:00 e non aspetti molto per decidere di rientrare.

Hai sicuramente più tempo per scaricare e backuppare i dati, sederti e valutare la giornata, controllare ed elaborare preliminarmente i dati.
Ma hai meno tempo per stare in campo.

OCCHIO ALLA SCHEDA DI MEMORIA!

Durante i sorvoli c’è stato un inconveniente con una scheda di memoria del drone.

L’ho persa!

Al termine di una missione l’ho estratta per cambiarla ma il drone me l’ha “sputata” fuori e la “micro SD” è caduta in terra.
Normalmente non sarebbe stato un grosso problema.
L’avrei raccolta.
L’avrei pulita con un un soffio da bambino a cui casca una caramella in terra.
E l’avrei reinserita nel suo slot.

Ma in quel caso “terra” significava un intrigo di felci secche e la scheda si è persa tra gli steli, le foglie ed il buio sotto la superficie, senza nessuna possibilità di recupero.

Foto perse!
🙁

Anche qui ci sono stati un pro e un contro.

Il contro è che ho perso tutte le fotografie nella scheda.
Non male!

Il pro è che, almeno, si trattava delle foto di una sola missione.

Sono piuttosto paranoico con i dati e le immagini.
Ho parecchie schede di media capacità (16GGB/32GB) e le cambio spesso durante i voli.
Penso sempre “se succede qualcosa al drone, almeno non perdo tutti i dati della giornata”.

Si è trattato quindi di rifare la missione persa.

Ho comunque perso un po’ di tempo ma, soprattutto, una batteria.
Persa nel senso che ne ho dovuto dedicarne una extra per rifare la missione appena finita.
Considerando che in aree grandi i voli sono tanti (ne ho fatti 12!) non è stato banale.

Ora ho imparato che, in casi rischiosi, è sempre bene cambiare la scheda su una superficie “sicura”.
A volte metto il drone sorpa un target in PVC 1×1 m.
È un buon tappeto per intercettare la scheda caduta.
Non è garantito al 100% ma è pur sempre meglio di niente.

BLOCCA LO SCATTO DELLE FOTO SENZA SCHEDA DI MEMORIA IN CAMERA

Un’impostazione che mi ha salvato in un’altra occasione è stata il “blocco dello scatto delle fotografie in assenza di scheda di memoria”.

Ci ho già sbattuto il naso altre volte.
Ed ho imparato la lezione.

Mandavo in aria il drone, scattavo le foto per poi accorgermi di non aver inserito la scheda di memoria ed aver solo sprecato batteria.
Le batterie sono tempo.
Il tempo è lavoro.
E il lavoro è denaro.
È poco poetico ma di fatto è così…

Da quelle volte (sì perchè sono state più di una) ho impostato tutte le fotocamere, tutti i droni e tutte le app di volo su tutti i dispositivi di controllo (tablet e smartphone) in modo che la fotocamera non scatti se non c’è la scheda di memoria inserita.

Anche durante questo rilievo, una volta, ho mandato il drone in aria senza scheda.
La distrazione è sempre dietro l’angolo, specialmente se devi pensare a parecchie altre cose da fare.
Ma con il blocco dello scatto me ne sono accorto
subito ed ho perso solo i pochi minuti di autonomia di batteria necessari al rientro ed al nuovo decollo.

Prendi seriamente in considerazione di usare anche tu questa impostazione nelle tue macchine fotografiche e droni!

BACK UP SUL CAMPO

Dopo un rilievo di due giorni, la misura di punti a terra e lo scatto di migliaia di fotografie (sono state quasi 2.000) trovo che sia fondamentale fare un backup dei dati, subito ed in campo.
Porto sempre con me il laptop ed alla fine di ogni giornata scarico i dati nel hard disk interno e sua altri due dischi esterni, diversi.
Questo mi dà sicurezza sull’archiviazione e mi permette di formattare a cuor leggero le schede di memoria durante le acquisizioni del giorno successivo.

Back up dati post rilievo su pc

LAVORA IN SICUREZZA

L’ultima considerazione che faccio sul lavoro in campo riguarda la sicurezza.

Essere in due in posti un po’ remoti, lontani dalle vie di comunicazione, con scarsa connessione telefonica ed in zone impervie è decisamente più sicuro.

Sono abituato a lavorare da solo.
E mi piace anche parecchio.
Specialmente se sono in mezzo alla natura (ed il telefono non suona per ore).
Ma in effetti mi accorgo che non c’è da prendere queste cose alla leggera.
Anche una banalità può essere pericolosa ed in due il rischio è mitigato.

Sono tutti aspetti che devono essere considerati ed affrontati.
“La siurezza prima di tutto” può sembrare uno slogan banale e semplicistico ma è la verità. 

Gianluca Dal Bianco - Italsabi

ELABORAZIONE DEI DATI

Rientrati in ufficio c’è stata l’elaborazione dei dati.

Qui le cose si fanno meno avventurose, poco poetiche e per niente selvagge.
Si è trattato di prendere fotografie e misure e mescolare tutto quanto nel software di elaborazione fotogrammetrica.

Mi sa che non c’è molto da dire di più rispetto a quello che potresti aver già letto in altri post ed articoli.

Ma per non lasciare buchi nel racconto ti faccio un riassunto.

Ho trattato le misure satellitari dei target con il software Convergo ed i grigliati (ne è bastato uno) dell’IGM, per avere in output dati solidi (Est, Nord, quota ortometrica) nel sistema di riferimento di destinazione (Roma40 – Gauss Boaga – EPSG 3003).

Ho usato il software SfM Agisoft Metashape Pro per elaborare i dati.
Prima le ha allineate, poi ha ottimizzato l’allineamento (i punti dellla nuvola sparsa) con i punti di apppoggio (GCP), e poi ha creato la nuvola di punti densa, scalata, orientata e georeferenziata.
E ci ha anche calcolato l’accuratezza sulla base dei punti di controllo (CP) ed un’analisi statistica agli scarti quadratici medi.

Ho portato il file txt dellla nuvola di punti densa dentro LiDAR360 per elaborarla e classificare i punti del tereno, discretizzandoli dalla vegetazione.
Questo sarebbe stato il dato davvero importante.
L’algoritmo di classificazione di Lidar360 ha fatto davvero un lavoro eccellente.
Anche tra i faggi!
I punti del terreno sono apparsi, quasi magicamente, alla fine del processo di calcolo (piuttosto lungo).
Dopo ho dedicato solo ancora un po’ di tempo per affinare la già ottima classificazione.

Questo è uno screenshot della nuvola grezza.

Nuvola di punti greza da rilievo aerofotogrammetrico

E questo è il risultato dei punti del terreno dopo l’algortimo di classificazione del terreno di Lidar360:

Nuvola di punti da rilievo aerofotogrammetrico ealborata con Lidar360

L’algoritmo è molto solido ma non fa magie.
Se il rilievo fosse stato fatto in primavera inoltrata sono certo che sarebbe riuscito ad estrarre ben pochi dati del terreno rispetto a quello fatto con il dato “invernale”.

Dalla nuvola di punti del terreno, muovendomi tra Lidar360 e Cloud Compare, ho generato un modello digitale del terreno, interpolato nelle zone bucate, del tutto assimilabile ad un DTM (Digital Terrain Model) di maglia 1×1 m, da cui ho ricavato le curve di livello (con passo 1m) e la nuvola di punti equidistanziati uno dall’altro secondo un passo regolare.

In Metashape ho generato un’ortofoto di tutta l’area.
E poi ho portato ortofoto + punti + curve di livello dentro il CAD (io uso Bricscad Pro) dove ho rifinito e sistemato tutto quanto prima di consegnare il lavoro.
La restituzione planimetrica l’ho integrata nella CTR regionale, scaricata dal geoportale regionale toscano (Geoscopio).

integrazione cuve di livello e CTR

Ed infine la consegna è avvenuta su due “piani”.

Tutti i dati sono stati consegnati nei formati di file richiesti ed in più li abbiamo caricati online per l’esplorazione immediata e l’interrogazione tramite strumenti web.

Nello specifico uso SketchFab per caricare un modello tridimensionale, formato da mesh+texture, e Potree, un compilatore che genera un pacchetto di file a partire da una nuvola di punti in formato las, per generare un link che permette l’ispezione, la misura ed alcune esportazioni della nuvola di punti da parte del committente.

Giusto per farti vedere di che si tratta, ti metto due link dello stesso rilievo ai progetti su Sketchfab e Potree.
Non sono l’oggetto del rilievo di questa storia.
Come ti ho scritto prima, non posso rivelarti molto di più.
E certamente non posso farti interrogare la nuvola di punti in output.
Ma spero che comunque ti possano aiutare a capire di che si tratta e le differenze tra i due prodotti 3D in output.

Qui c’è il link al modello su Sketchfab. (Modello che non c’entra niente con il rilievo di questa storia)

E qui il corrispondente link su Potree. (Modello che non c’entra niente con il rilievo di questa storia)

 

File consegnati e lavoro finito!

THE END

Ed eccoci alla fine di questa storia.

Spero che sia stata interessante.
Se è stata pesante fammelo sapere!
I tuoi riscontri mi aiutano a scrivere articoli migliori per te che li leggi.

Al di là di lunghezza, forma e contenuto, spero comunque che quello che hai letto ti possa aiutare e stimolare a valutare l’utilizzo dei droni e delle tecniche (aero)fotogrammetriche in ambiti simili a quelli che ti ho raccontato.

 

Chiudo questa storia due mesi dopo averla iniziata.
A meno delle correzioni e delle revisioni finali scrivo le ultime parole da un ufficio portatile improvvisato sotto l’ombrellono e sopra un lettino prendisole, scrivendo con un tablet e una tastiera bluetooth e su un documento di Google Drive.
Di necessità virtù!
🙂

Se hai delle curiosità o delle domande su questo rilievo lo spazio per i commenti è a tua disposizione.
Non essere timido/a.
Di sicuro ho tralasciato parti e dettagli che, se ti vengono in mente, potrebbero dare risposte anche ad altri.
E migliorare o integrare l’articolo.

Un enorme grazie per la fiducia, per il supporto, per la compagnia e per le belle giornate in campo al grandissimo Gianluca dal Bianco e ad Italsabi!

caschi protettivi 3DMetrica e Italsabi

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Ora è davvero la fine.
Per ora…

Grazie davvero per il tuo tempo e per la tua attenzione!

A presto!

 

Paolo Corradeghini

 

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Paolo Corradeghini

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    Non è detto che quello che ti serva sia un'ortofo Non è detto che quello che ti serva sia un'ortofoto di una facciata.
Potresti correggere la distorsione prospettica con software di fotoritocco e "raddrizzare" l'immagine (per i tuoi scopi).

Il punto di presa e la forma dell'oggetto fotografato deformano la rappresentazione secondo una vista prospettica.
Linee parallele nella realtà (muri verticali) sono convergenti nello spazio immagine.

Tutti i principali software di photoediting hanno strumenti di correzione della prospettiva.
Ci sono nel famoso Photoshop, nell'open source Gimp e nel "nuovo" ed economico Affinity Photo.

Funzionano più o meno nel solito modo.
Intervieni sulle immagini alterando i pixel e, aiutato da una griglia virtuale, allinei gli elementi dell'immagine alla maglia.
È veloce e non richiede hardware super.

La posizione reciproca tra punto di presa ed oggetto fa molto.
Così come la forma di quello che hai fotografato è rilevante.

È diverso dal fare un'ortomosaico.
Così come è diverso dall'usare, in campo, un obiettivo basculante e decentrabile ("tilt/shift") per le foto.
Ma è piuttosto pratico e può funzionare ugualmente.

Dopo tutto il raddrizzamento delle foto del costruito è una tecnica che gli architetti usano da parecchio tempo.
😉
    Se non puoi fare a meno di parcheggiare la tua aut Se non puoi fare a meno di parcheggiare la tua auto al di fuori dell'area del rilievo, vale la pena fare attenzione a dove la posteggerai.
Non è uno scherzo!
:)

La fotogrammetria è una tecnica passiva e gli algoritmi Structure from Motion riescono a ricostruire solo quello che si vede nelle immagini.
Un'automobile è un elemento di disturbo, neppure troppo piccola.
Può nascondere informazioni importanti o potrebbe essere difficile da togliere dalla nuvola di punti.

Parcheggiarla in un'area pianeggiante, su una superficie omogenea è una buona idea.
I motivi sono (almeno) due.

Il primo è che puoi facilmente ritoccare le fotografie dove è presente in modo da rimuoverla.
Software di fotoritocco hanno strumenti molto efficienti!
Può richiedere un po' di tempo (dipende dal numero di foto) ma il risultato è generalmente buono.
Qui sotto vedi un "prima" ed un "dopo" fotoritocco.

ll secondo motivo è che, se non ritocchi le foto, l'auto sarà un elemento isolato nella nuvola di punti che "emerge" dal terreno.
Questo ti permette di trattarla velocemente ed efficaciemente per rimuoverla, tenendo solo i punti del terreno.

Se la parcheggi a ridosso del piede di una parete di roccia non sarà immediato fare le cose che ho scritto qui sopra.
    Droni e missioni di volo automatiche - Attenzione Droni e missioni di volo automatiche - Attenzione ai modelli di elevazione a larga scala

Non prendere "a scatola chiusa" e senza controllare i modelli digitali di elevazione che si usano per la pianificazione automatica delle missioni di volo per droni.
Possono esserci differenze importanti (talvolta enormi) con la realtà.

Una missione di volo per aerofotogrammetria andrebbe eseguita mantenendo il più possibile costante la distanza "drone-terreno".
Se lavori lungo pendii o terreni inclinati è possibile farlo usando software di mission planning che caricano al loro interno dei modelli di elevazione a cui si riferiscono per impostare l'altezza del drone in volo.

A meno di usare modelli ad hoc, che hai fatto tu e su cui sei confidente, i modelli di riferimento sono a larga scala e non riescono a definire bene le caratteristiche locali.
Spesso non sono aggiornati.

Nella prima foto vedi uno screenshot di Google Earth Pro (in cui ho attivato l'opzione "Terreno 3D") per un'area di cava in cui dovevo fare un rilievo con APR.
Sembrerebbe un pendio acclive, ma regolare.

La seconda invece è una foto presa in volo, che mostra come sono realmente le cose.
Lo sperone di roccia stacca dal pendio circa 50-60 metri.
Un piano di volo automatico non lo avrebbe considerato...
    Se ricevi una nuvola di punti di un alveo e devi f Se ricevi una nuvola di punti di un alveo e devi fare una modellazione idraulica, puoi estrarre le sezioni che ti servono in totale autonomia.
Mi piace dire spesso che "la nuvola di punti crea (in)dipendenza".

Hai a disposizione dati densi (punti molto vicini) e continui, da cui tirare fuori quello che ti serve, secondo le tue necessità e sensibilità.
È mooolto diverso rispetto ad avere un numero finito di sezioni, fatte di punti discreti, battuti con strumenti terrestri.

Con gli strumenti di interrogazione delle nuvole che mette a disposizione Potree (codice open source per condividere nuvole di punti tramite browser) si possono fare sezioni.
Se la fai abbastanza sottili puoi esportare un file CSV delle coordinate dei punti della sezione.
Oltre all'indicazione della terna x,y,z,per ogni punto hai anche la progressiva ("mileage").
Estraendo solo la progressiva e la quota hai i dati per creare una sezione 2D.

Ci puoi fare una polilinea in CAD, o puoi importare le coordinate in HEC-RAS (software di modellazione idraulica) ed avere immediatamente una sezioni su cui far girare il modello.

Se vedi che manca qualcosa, puoi tornare sul modello 3D ed estrarre una nuova sezione, immediatamente.
In modo indipendente.
    Gli algoritmi di estrazione automatiche delle cara Gli algoritmi di estrazione automatiche delle caratteristiche di una nuvola di punti riescono ad estrarre i punti del terreno da tutto il resto.
Ma non sono infallibili.

Molto lo fa il tipo di nuvola trattata (fotogrammetrica, laser scanner o lidar).
E tanto fa anche l'elemento modellato (una facciata verticale, un versante mediamente pendente vegetato o un parcheggio piatto e vuoto).

Può capitare che vengano classificati come terreno dei punti che, con il terreno, non ci azzeccano niente.

Si possono ritoccare manualmente, editando la nuvola localmente, per raffinare la classificazione, oppure si può provare ad usare qualche filtro di pulizia automatica del rumore.

Uno che funziona bene è l'SOR (Statistical Outlier Removal) e lo trovi nella maggior parte dei software di editing (Lidar360 e Cloud Compare ce l'hanno).

La classificazione dei punti del terreno produce una nuvola piuttosto "rada" (rispetto all'originale) dove gli "outliers" si vedono bene e sono facilmente identificabili.

Attenzione alle zone di bordo.
Lì potrebbero andare via anche i punti "buoni" che, non avendo nessun dato da una parte, vengono identificati come sporco.

Da qui dovresti avere un dato più pulito per continuare la classificazione precisa.
    Si parla tanto del famigerato "Bonus 110%". Non en Si parla tanto del famigerato "Bonus 110%".
Non entro nel merito della materia urbanistica né di quella economica, perchè non le conosco.
Faccio alcune considerazioni sui rilievi.

Progettare una riqualificazione energetica ha spesso bisogno di un rilievo che supporti le scelte per fare il "salto energetico": nuovo cappotto termico, manutenzione del tetto, pannelli fotovoltaici, infissi...

In un condominio grande, un rilievo 3D dà informazioni utili e misurabili, in modo molto efficace e veloce.

Integrare il laser scanner con la (aero)fotogrammetria da drone permette di avere un modello completo, anche delle parti invisibili da terra.

Il rilievo dello stato attuale è anche utile per sanare abusi o difformità che rischiano di vanificare tutto l'iter...

Mi sento di consigliarti professionisti che conoscano bene il mondo dei rilievi con output 3D, la topografia ed i principi della misura.
E, per fortuna, ce ne sono tanti!

Scegli qualcuno che si prenda la responsabilità del dato restituito (firmandoti un documento tecnico).
Sembra poca cosa (non lo è) ma se le cose non vanno bene, può fare la differenza.

Questa manovra sta scuotendo un po' anche il mondo dei rilievi applicati all'edilizia.
Ed è una buona cosa!
👍🏻😉
    RILIEVI E STRUMENTI - LE BATTERIE NON FINISCONO MA RILIEVI E STRUMENTI - LE BATTERIE NON FINISCONO MAI!

Condivido alcuni pensieri sulle batterie, necessarie a far funzionare tutto quanto.

Faccio una lista delle batterie/dispositivi che ho caricato, sto caricando e dovrò ancora caricare (non per vanto ma per gli scopi del post):
- drone principale e radiocomando;
- drone di backup e radiocomando;
- stazione totale e laser scanner (per fortuna sono integrati) + controller;
- GNSS 1 e controller;
- GNSS 2 e controller;
- fotocamera digitale;
- fotocamera 360°;
- tablet per sorvolo con drone;
- battery pack per eventuali bisogni in campo;
- walkie talkie.

Sono davvero tante!

E da qui faccio tre considerazioni.

1.
Prima di partire per un rilievo in campo, prenditi il tempo necessario per ricaricare tutte le batterie.
Potrebbe non essere poco.

2.
Se prevedi di alloggiare fuori per più giorni, attrezzati per ricaricare tutto in modo efficiente.
Portati prese multiple e "ciabatte".
Spesso le prese negli hotel non sono tante...
Se sei all'estero, ricordati gli adattatori!

3.
Se viaggi in aereo informati bene sulle batteria che trasporti e su dove possono stare in volo (le batterie LiPo dei droni non possono viaggiare in stiva)

4.
Fanne buona manutenzione...
    È importante fare i conti con il trasporto della È importante fare i conti con il trasporto della strumentazione in campo o un rilievo potrebbe trasformarsi in un incubo.

Quello che dovresti considerare è la logistica generale:
- che tipo di rilievo si deve fare;
- quali strumenti usare e da portare in campo;
- treppiedi, aste, paline, target ed altri accessori;
- come si arriva in campo (accesso carrabile);
- se si deve camminare un po' (e, aggiungo, su quale superficie e con eventuali dislivelli).

Potresti essere tentato di "portare tutto, che non si sa mai", ma se poi il tutto lo devi trasportare a mano può essere un problema (e, a volte, neppure piccolo).

La portabilità di uno strumento topografico incide poco sul suo prezzo, ma molto sulla praticità.
Se la custodia rigida di una stazione totale ha l'opzione di essere trasportata come uno zaino ti libera completamente le mani che puoi usare per altre cose.
Non è leggera ma la schiena è forte!
:)

E se ti servono più cose di quelle che riesci a trasportare allora ti serve anche un aiuto in campo.

Tutte questi aspetti li puoi valutare e decidere dopo un sopralluogo.
È il modo migliore per rendersi conto di come sono davvero le cose e di che cosa ti servirà in campo.
Oltre che capire meglio il lavoro da fare!
    Le tecniche "structure from motion" ricostruiscono Le tecniche "structure from motion" ricostruiscono modelli 3D, anche molto dettagliati, di oggetti a partire da immagini

Condivido alcune considerazioni sul tema!

1
(Se puoi) muovi l'oggetto, non la camera.
Metti la macchina fotografica su supporto stabile e ruota l'oggetto su se stesso.
Ci sono "piatti rotanti" economici e funzionali.
Non vale con tutto, ma se puoi fallo...
📷

2
Mettiti in una situazione di luce controllata e riempi le ombre. 💡
Le luci da studio (continue o flash) sono ideali perchè annullano le intromissioni di altre fonti.
Usarne più di una (o, in alternativa, dei pannelli riflettenti) riempie le ombre.

3
Usa un "green screen" o uno sfondo da cui l'oggetto "stacchi". 
In fase di elaborazione userai delle maschere, lo schermo verde permette uno scontorno veloce.

4
Attento al colore. 🔺
Se devi ricostruire con cura anche le tonalità cromatiche controlla i rimbalzi di luce dallo sfondo sul soggetto ed usa un colorimetro per essere sicuro della corrispondenza dei colori riprodotti.

5
Uccidi i riflessi. ☀️
Superfici lucide + luci artificiali = riflessi.
Puoi eliminarli cambiando direzione di incidenza della fonte luminosa.

6
Non dimenticare le misure. 📐📏
Se il modello 3D deve avere valenza metrica servono le misure per scalarlo.
Prendile!
😁😉
    In questi giorni sto lavorando alla vettorializzaz In questi giorni sto lavorando alla vettorializzazione della nuvola di punti da rilievo fotogrammetrico + laser scanner che ho fatto in cava nei mesi estivi.
È un lavoro lungo che amo poco (e trovo poco utile) ed allora condivido alcuni pensieri sul tema.

Passare da una nuvola 3D ad un disegno 2D significa lasciare per strada un sacco di informazioni del dato originale.
E non sono più recuperabili (se non con difficoltà).

Serve un cambio di paradigma per lavorare, tutti, direttamente sul 3D.
I primi passi dovrebbero farli le Amministrazioni che richiedono piante, prospetti e sezioni per valutare progetti e piani.
Il secondo è dei tecnici che commissionano/ricevono i rilievi: dovrebbero ed inserire il 3D nel proprio flusso di lavoro.
All'inizio non sarà semplice, servirà tempo e qualche software "nuovo", ma dopo la strada sarà in discesa.

Un rilievo 3D costa meno se non viene richiesta la produzione di un disegno 2D.
Se l'oggetto è complesso ci possono volere molte ore per fare il lavoro.
Ore che dovranno essere pagate.

Un progetto in 3D, condiviso su schermo attraverso browser o visualizzatori semplici ed intuitivi, sarebbe molto più efficace di interpretare disegni, per quanto completi.
E si risparmierebbe carta!

Non si può generalizzare.
Quello che ho scritto non è applicabile a tutto.
Ma a tanto credo di sì.
Temo che ci voglia "un po'" di tempo.

Se vuoi condividere con me la tua opinione puoi scrivermi @paolocorradeghini ed io la ricondivido qui sul Canale, per tutti.
    Il GSD (Ground Sampling Distance) è un parametro Il GSD (Ground Sampling Distance) è un parametro molto importante nel processo fotogrammetrico.

Dipende direttamente dalla distanza "D", tra sensore e soggetto fotografato, dalla dimensione del pixel "d" ed inversamente dalla lunghezza focale, "f", dell'ottica.
GSD = (D x d) / f

Più il GSD è piccolo è più dettagli ci sono nell'immagine.
È come se stendessi a terra un lenzuolo, dove sopra c'è l'immagine stampata e che copre l'intera area fotografata e misurassi quanto vale, in campo, il lato di un pixel.

La scelta del GSD influenza l'accuratezza, il numero dei punti delle nuvole, la risoluzione del DEM e dell'ortofoto.

Spesso l'unico parametro su cui si ha il controllo "effettivo" in campo, per modificare il GSD, è la distanza di presa.

Qui ho scattato fotografie da drone ad una breve distanza (10 m) perchè era necessario riprodurre un'ortofoto di dettaglio che consentisse di identificare la posizione delle pietre della passeggiata, per rimetterle, al posto giusto, dopo averle levate per manutenzioni.

Un GSD alto non avrebbe dato sufficiente informazioni alle foto.
Uno basso sì.

Un GSD bassissimo non è però l'obiettivo da ricercare sempre.
A parità di area infatti, il numero di foto per coprirla aumenta parecchio.
    Puoi creare un DEM (Modello Digitale di Elevazione Puoi creare un DEM (Modello Digitale di Elevazione) da una nuvola di punti 3D con il software open source Cloud Compare.

Non è l'unico modo per farlo.
Si può fare anche in un software di elaborazione fotogrammetrica ("structure from motion") o in un GIS (visti i vari aggiornamenti che permettono di gestire le nuvole di punti).
Ma questo è un modo che uso spesso!

Cloud Compare ha un tool che si chiama "Rasterize".

Scegli:
la risoluzione del DEM (la lunghezza del lato di ogni pixel, quadrato, come se fosse misurata a terra);

la direzione di proiezione (è comune la "Z" ma potresti generare un DEM proiettando la nuvola su una parete verticale per vedere se ci sono rigonfiamenti, spanciamenti o altre anomalie);

che cosa fare con le celle vuote (interpolarle, riempirle con un valore specifico, lasciarle vuote, ...).

Una vola creato, lo vedi in anteprima nella finestra dello strumento.

Lo puoi esportare in formato GeoTIF (mantiene le coordinate dei punti della nuvola, anche se non è ufficialmente associato a nessun sistema di riferimento specifico EPSG).

Oppure puoi creare un nuvola di punti dove ogni nuovo punto corrisponde al centro di ogni pixel che forma il modello raster.

Così sei passato dal 3D al 2D.
O meglio, al 2.5D!
😉
    Avere a disposizione una nuvola di punti (georefer Avere a disposizione una nuvola di punti (georeferenziata e scalata) permette di creare punti, selezionandoli tra tutti quelli che la compongono e portarli in un ambiente 2D (CAD o GIS).

Ci sono alcune strade da seguire.
La scelta dipende da come è fatta la nuvola di punti e dall'output che si vuole ottenere.

In un software di gestione di nuvole di punti (Cloud Compare, Lidar360, ...) si può sottocampionare la nuvola chiedendo che in output i punti siano distanziati di un distanza regolare (1, 2, 5 m...).
Li puoi esportare in DXF e trasformarli in punti quotati.

Se il modello 3D è complesso può essere più indicato selezionare direttamente i punti da esportare "snappando" proprio sui punti della nuvola.

Cloud Compare ha l'opzione "Point List Picking" che crea una lista di punti dalla selezione.
Funziona bene, non ha limiti di numero, dopo un po' rallenta ed ogni punto ha associata un'etichetta (a volte un po' vistosa).

Trimble Business Center è molto fluido ed i punti che aggiungi sono "discreti" all'interno della nuvola generale.
Puoi lavorare direttamente al suo interno per creare etichette e customizzare l'output del file vettoriale.

In ogni caso, "battere" un migliaio di punti è questione di mezz'ore e non di giorni!
    I dati cartografici, scaricabili dai vari geoporta I dati cartografici, scaricabili dai vari geoportali regionali (o nazionali), non sono (quasi) masi super dettagliati ed a volte sono poco aggiornati.
Però si possono usare per creare un ambiente 3D in cui inserire l'output di un rilievo (fotogrammetrico o laser scanner).

In questo caso ho usato i dati Lidar (maglia 2x2m) scaricati da "Geoscopio" (portale cartografico della Toscana) per collegare tra loro due rilievi 3D di altrettante zone di cava, situate sullo stesso versante ma un po' troppo lontane da giustificare un unico rilievo.

È evidente l'assenza di colore nei punti della fascia centrale. Tuttavia l'orografia e la morfologia del versante non è cambiata nel tempo ed il dato è utile (non avrebbe avuto senso se lì ci fosse stata una cava attiva) e credo che aiuti a comprendere meglio la disposizione reciproca delle cave rilevate.

In mancanza di un dato Lidar si potrebbe usare un DEM (meglio se DTM), per creare una nuvola di punti regolare in ambiente GIS.
Con QGIS non è difficile.

Serve fare attenzione ai sistemi di riferimento del dato scaricato e del rilievo restituito.
Ed alle quote.
Se tutto torna, le nuvole di punti si sistemeranno correttamente, una rispetto all'altra, e le cose funzioneranno bene.
    Credo che ci siano almeno due strade diverse per p Credo che ci siano almeno due strade diverse per passare da un dato 3D ad uno 2D.

1.
Puoi generare un'ortofoto e ripassarne gli elementi in un CAD 2D.
È abbastanza veloce, comodo e non necessita di hardware super potente.
Ma se l'area è complessa o l'immagine non sufficientemente dettagliata, potrebbe non bastare.
Per maggiore precisione puoi lavorare sull'ortofoto confrontando in tempo reale quello che stai facendo con il modello 3D (nuvola di punti).

2.
Puoi lavorare direttamente nel 3D tramite software che ti permettono di gestire la nuvola di punti che vuoi vettorializzare.
È un po' più lungo (dipende dalla tua esperienza) ma ti permette di lavorare in un ambiente molto più versatile per fare zoom, "battere" punti virtuali e tracciare vettori.

P.S.
Opinione personale: passare da una nuvola di punti 3D ad una rappresentazione 2D "piante/prospetti/sezioni" è un po' come andare a pesca con una rete a trama grande: qualcosa rimane ma la maggior parte lo lasci in mare.

P.P.S.
Non ho ancora trovato software o algoritmi in grado di (semi)automatizzare il processo di vettorializzazione.
Non è banale ma credo che sia un territorio dove potrà esserci uno sviluppo interessante in futuro.
Per ora c'è ancora tanto da fare a mano...
    Il comando "Cloud to Cloud Distance" del software Il comando "Cloud to Cloud Distance" del software Cloud Compare calcola la distanza lineare tra i punti di due nuvole 3D.
È utile se vuoi vedere, nel tempo, le differenze di altezza in un'area di scavo o di accumulo.

È un comando semplice e lo trovi tra i menù principali.

Devi selezionare le due nuvole di punti da confrontare.
Scegli quale nuvola sarà il riferimento per il calcolo e quale quella su cui invece il calcolo verrà fatto.

Lo strumento ha varie opzioni.
Funzionano più o meno bene in relazione al tipo di nuvola di punti che stai usando.

Una volta finito il calcolo, nei punti della nuvola "mobile" vengono scritte delle informazioni scalari ("scalar field") che dettagliano i risultati del calcolo.

Nell'area di lavoro (in ambiente 3D) puoi avere una visuale d'insieme delle aree cambiate.

Se vuoi essere ancora più specifico puoi interrogare le coordinate di ogni punto, per leggere le singole distanze.

Oppure puoi creare un modello digitale di elevazione, DEM, da portare in altri software.

Infine, cosa molta utile per valutare le differenze di quota, puoi calcolare le distanze relative sui tre assi: x, y e z.
Se le nuvole di punti che confronti sono georeferenziate nel solito sistema di riferimento è tutto molto veloce!
    Un ambito dove l'aerofotogrammetria da drone è mo Un ambito dove l'aerofotogrammetria da drone è molto efficiente è quello dei rilievi di strade, per delimitarne i bordi e/o le carreggiate.

L'ortofoto che si produce nel processo structure from motion può essere ripassata in CAD, per tracciarne i limiti.
Considerando il tempo necessario alle attività di campo e quello per vettorializzare gli elementi, il tutto risulta molto vantaggioso soprattutto per superfici grandi.

Immagini elaborate con molto dettaglio (valori bassi del GSD) permettono di creare ortomosaici con un sacco di informazioni e disegnare anche altri elementi come i pozzetti, le caditoie o le saracinesche.

Anche le quote che prendi dai punti della nuvola (densa), o da un modello digitale di elevazione ad alta risoluzione, possono aiutarti per capire le pendenze.
Non riesci arrivare ad accuratezze millimetriche, ma pochi centimetri si raggiungono.
E su grandi sviluppi sei in grado di capire, ad esempio, come si muove l'acqua sulla superficie.
    Scattare fotografie per un'elaborazione fotogramme Scattare fotografie per un'elaborazione fotogrammetrica durante tutta una giornata può dare problemi tonali nelle immagini.
E si ripercuotono sui prodotti in output.

Succede perchè la temperatura della luce del sole cambia.
Con cielo sereno si percepisce molto di più che non in condizioni nuvolose.
Se poi ci sono strutture o montagne che proiettano ombre, al mattino o al tramonto, è ancora peggio!

L'ortofoto ne risente e, per quanto i software SfM riescano a miscelare il colore finale, capita che l'output non sia gradevole.

Scattare foto in RAW aiuta.
Puoi elaborare gruppi di immagini nelle solite condizioni di illuminazione e modificarne, separatamente, il bilanciamento del bianco.

Se hai solo file JPG una strada percorribile è fare un po' di editing sull'ortofoto finale.
Photoshop, e altri software della solita specie, hanno ormai strumenti potenti ed efficaci per farlo.

Ok, perdi la georeferenziazione del file TIF, ma la puoi sempre ricreare tramite un GIS, e, probabilmente, lascerai per strada un po' di saturazione, ma il risultato dovrebbe essere migliore.

La cosa ideale sarebbe comprimere la presa fotografica nel minore slot di tempo.
A volte non è possibile e tocca fare come si può per riparare le cose (dopo).
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