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TANGENTE (E PENDENZA)

11 Febbraio 2021
tangente

La tangente è un’altra funzione goniometrica.
Un po’ come seno e coseno, ma anche un po’ diversa.

La tangente è legatissima al seno ed al coseno.
Ma, se loro due servono per risolvere i triangoli, la tangente mi aiuta un po’ di più a capire qualcosa di concreto, almeno per chi lavora nel campo della misura.
La tangente dice qual è la pendenza di un qualcosa…

Scritto così è piuttosto semplicistico e riduttivo.
Ed anche poco corretto
Anche la tangente aiuta a risolvere i triangoli e fa molto di più di dirmi solo la pendenza, ma sai che sto cercando una via semplice per parlare di queste cose e, almeno all’inizio dell’articolo, provo a rimanere fedele alla linea.

In ogni caso, anche per la tangente si parla di tangente di un angolo.

TGα = SENα/COSα

Quella del titolo qui sopra è la definizione di tangente.
È il rapporto tra il seno ed il coseno dello stesso angolo.
Ecco perchè il legame tra loro è forte.

tgα = senα / cosα

Prima di andare avanti ti dico due cose sulla tangente:

  • è un numero puro (lo erano già seno e coseno e non può che esserlo anche il loro rapporto);
  • non esiste sempre (?!?! – te lo spiego dopo).

Se guardo al cerchio goniometrico qui sotto ed uso i segmenti, con le loro lettere, posso scrivere che:

tgα = BC / OC

tangente e cerchio goniometrico

Così come il seno ed il coseno sono individuabili visivamente (perchè sono le due coordinate, X e Y, del punto B), anche la tangente ha la sua visibilità.
Bisogna tracciare un paio di linee in più ma si trova .

Dal punto A, origine degli angoli orientati, disegno la retta tangente al cerchio goniometrico.

… … …

Immagino la tua perplessità.
Retta tangente e tangente di angoli…

Sono la stessa cosa?
No, sono due cose diverse.

Ma sulla perplessità ti do ragione.
Tutto ‘sto rigore e ‘sta precisione della matematica, della geometria e della trigonometria e poi scopri che ci sono due cose che si chiamano nello stesso modo ma hanno significati diversi?

È così, ma è un caso isolato.

La retta tangente viene dalla geometria pura e si riferisce ad una retta che tocca in un solo punto una curva, senza tagliarla (altrimenti sarebbe secante).

La tangente di questo articolo invece è una roba tutta trigonometrica.

Ritorno al cerchio goniometrico.
Dopo aver disegnato la retta tangente in A (e ce n’è solo una che, per altro, è anche perpendicolare al segmento OA), prolungo il segmento OB al di fuori del cerchio.
B è un punto della circonferenza e forma l’angolo al centro α (misurato a partire dal lato OA)

Le due rette si incontrano nel punto T.
Ed ecco la tangente!
La lunghezza del segmento AT è la tangente dell’angolo α.
Oppure, la tangente dell’angolo α è l’ascissa del punto T.

DOMANDE E RISPOSTE SULLA TANGENTE

“Dall’immagine che hai messo qui sopra sembra che la tangente sia maggiore del seno e del coseno. È così?”
Ni…
È sicuramente maggiore di almeno uno dei due…
Seno e coseno possono prendere valori compresi tra -1 e 1.
Per la maggior parte degli angoli sono uno “zero virgola qualcosa“.
E dividere un numero per un altro minore di 1 dà sempre come risultato un valore maggiore di quello di partenza.
Ok questa non è una grande spiegazione ma un po’ funziona…

“Ci sono angoli per cui seno, coseno e tangente sono uguali?”
No.
Se per un angolo di 45° e 225° (e per tutti gli angoli che rispondono alla formula 45°+180°) seno e coseno sono uguali e danno, rispettivamente 0.71 e -0.71, non c’è un angolo che dia lo stesso risultato per la tangente.
L’angolo, la cui tangente fa 0.71 è poco più di 35°.

“Perchè hai scritto che la tangente non esiste sempre?”
Perchè ci sono due casi dove trovare un numero finito, anche se decimale, per la tangente è impossibile.
Qui entra in gioco l’aritmetica pura e la divisione per 0.

Si può dividere un numero per 0?
Ni…
Alle scuole elementari ti insegnano che non si può.
Andando un po’ più avanti ed entrando nei meandri dell’aritmetica più avanzata scopri che il risultato di qualsiasi numero diviso per 0 è un numero grandissimo (nel suo valore assoluto, ossia senza considerare il segno), incalcolabile ed inarrivabile: infnito – ∞

Anche qui ho semplificato molto.
L’impossibilità di dividere un numero per 0 è reale e deriva dalla proprietà della moltiplicazione per 0, ma se entro qui dentro ne esco dopo qualche altro migliaio di parole.

Ci sono due angoli per cui il coseno è 0.
Sono 90° e 270°.

tg90° = sen90° / cos90°
tg90° = 1 / 0 = ∞

tg270° = sen270°/cos270°
tg270° = -1 / 0 = -∞

Si può dire quindi che la tangente esiste per ogni angolo?
No, perchè ce ne sono due (90° e 270°) per cui non se ne risce a dare un valore finito.
In realtà ci sono più di due angoli che incasinano la tangente e sono tutti quelli che si ottengono aggiungendo, in serie, 180° all’angolo retto: 90°, 270°, 450°, 630°, 810°, …
Ma mi fermo al primo giro nel cerchio goniometrico.

Se ritorni al punto T che ti ho mostrato poco prima vedrai che, a mano a mano che il punto B si avvicina all’intersezione della circonferenza con l’asse X (dove c’è la bandierina dei 90°) T è sempre più lontano da A fino a che non riesce più a toccare la tangente geometrica per A e questo succede proprio quando l’angolo al centro è 90°.
Quindi in questo caso il segmento che descrive graficamente la tangente ha un inizio ma non una fine.
È infinito!

La stessa cosa vale, col segno inverso, nel quadrante opposto, il terzo, andando verso i 270°.

ANGOLI FACILI E PERIODICITÀ DELLA FUNZIONE TANGENTE

Ti metto qui sotto una tabella con i valori di seno, coseno e tangente per una serie di angoli (la seconda colonna riporta il valore dell’angolo in radianti).
In giallo ti ho evidenziato i valori uguali di seno e coseno.
In celeste ci sono le celle dove il valore della tangente è +∞ e -∞.

Non è immediato capirlo dai numeri che ci sono qui sopra ma anche per la tangente ci sono angoli per cui il suo valore è più facile da ricordare di altri.
Eccoli:

  • tg0° = 0
  • tg30° = 1 / √3
  • tg45° = 1
  • tg60° = √3
  • tg90° = +∞

Tutto qui?
Perchè ti fermi ad un angolo di 90°?

Perchè anche la tangente, o dovrei dire la funzione tangente, gode della periodicità di seno e coseno.
Anche se è un po’ diversa.

Se usi un foglio di calcolo per fare il grafico della tangente trovi una cosa di questo tipo:

Ho preso questa immagine da un sito di matematici (youmath.it) e come vedi indicano gli angoli in radianti.
Non cambia niente e la cosa interessante è vedere che la funzione tangente si ripete sì, ma con un periodo di 180° (π), che è la metà di quello con cui si ripetono seno e coseno.

Lo puoi vedere anche dalla tabella colorata di poco fa: dopo 180° i valori della tangente si ripetono.

Il grafico della tangente non ha più niente a che vedere con la sinusoide di seno e coseno e si chiama tangentoide (e credo che tu ne abbia sentito parlare poche volte in questi termini…).

TANGENTE E PENDENZA

Dopo tutte ‘ste menate di angoli, infinito, rapporti, eccetera, arrivo a qualcosa di più concreto.

La tangente ti dice quanto è pendente un segmento o una retta.
Se α è l’angolo che forma con l’orizzontale, la tangente di α è proprio la pendenza del segmento o della retta.

È così, e se ci pensi è piuttosto potente visto che la pendenza te la ritrovi in un sacco di applicazioni tecniche.
E non solo.

Se chiamo p la pendenza di AB:

p = tgα

Ora brucerò qualche tappa ma voglio dirti ancora qualcosa sulla pendenza.

Se prendo il punto B e lo proietto sulla semiretta orizzontale che parte da A trovo C.
Il triangolo ABC è rettangolo e l’angolo retto è in C.

In un triangolo rettangolo, un cateto è uguale all’altro cateto per la tangente dell’angolo che gli è opposto.
Questo è uno degli enunciati che permettono di risolvere i triangoli rettangoli e ne scriverò in un altro post.
Qui l’ho solo anticipato.

Quindi:

BC = AC · tgα

tgα = BC / AC

Se BC è l’altezza h e AC è la base o distanza d,
allora p = h / d

Questo è utile quando devi sapere la pendenza tra due punti ma non conosci l’angolo del segmento che li unisce.

Se sei un escursionista e stai consultando una mappa per sapere qual è la via migliore per raggiungere la meta, valutare la pendenza può essere importante per evitare di camminare sulle tracce dei camosci.

Pendenza e curve di livello

Il punto A sta su una curva di livello di cui conosci la quota, ZA, e lo stesso vale per B (la sua quota è ZB).
Se la tua mappa è in scala (e mi auguro che lo sia!), puoi misurare la distanza planimetrica tra A e B (sulla mappa) e riportarla alla distanza reale (sempre planimetrica), d.
La pendenza del segmento che unisce A con B è presto fatta:

pAB = (ZB – ZA) / d

Se il valore è troppo spinto è meglio cambiare percorso.
Potrebbe essere faticoso ed anche pericoloso!

PENDENZA E PERCENTUALE

Se sei un appassionato di ciclismo avrai familiarità con le pendenze delle grandi salite del Giro d’Italia o del Tour de France (o magari anche solo di quelle dove pedali abitualmente).
La salita dello Zoncolan, ad esempio, ha una pendenza media del 12% con punte del 22%.

Ti sarà capitato di viaggiare in auto e di imbatterti in cartelli come quello che vedi qui sotto.
Ti dice di fare attenzione perchè la strada che stai per fare ha una pendenza del 10%.

Ma che cosa c’azzecca la pendenza con la percentuale?

Questo è un modo per rendere più comprensibile qualcosa di concreto (una strada), senza usare tangenti e numeri decimali, obiettivamente poco intuitivi
Ed è anche un ottimo modo per farti sapere se devi girare la bicicletta e tornare indietro oppure sei hai le gambe buone per arrivare in cima…

Per trovare la pendenza in percentuale basta moltiplicare il valore della tagente dell’angolo per 100.
E così l’angolo 5.71059313 (espresso in gradi decimali), ha una tangente che misura 0.1 e corrisponde ad una pendenza del 10%.
Se lo guardi nei termini di differenza di altezza rispetto ad una distanza planimetrica è come dire che sei salito di 1 m per ogni 10 m percorsi in piano.

Se l’angolo è 0, anche la pendenza in percentuale è 0%.

Un angolo di 45°, che ha una tangente uguale a 1, individua una pendenza del 100%.

Se aumentano i gradi, aumentano le pendenze percentuali, ma in modo non lineare (ad 80° corrisponde una pendenza del 567%, una pendenza del 1000% corrisponde ad un angolo di 84.3°), fino ad arrivare ai 90° a cui non si attribuisce nessuna pendenza percentuale.
Perchè?
Beh, perchè non esiste la tangente di 90° e non si può dire che un muro abbia pendenza infinita.

In questo caso si abbandona la pendenza e la matematica e si usano le parole: il muro è verticale.

Se conosco la pendenza posso risalire alla misura dell’angolo con la formula inversa della tangente.
Ma questo è un altro argomento!
🙂

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Paolo Corradeghini

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Il punto di presa e la forma dell'oggetto fotografato deformano la rappresentazione secondo una vista prospettica.
Linee parallele nella realtà (muri verticali) sono convergenti nello spazio immagine.

Tutti i principali software di photoediting hanno strumenti di correzione della prospettiva.
Ci sono nel famoso Photoshop, nell'open source Gimp e nel "nuovo" ed economico Affinity Photo.

Funzionano più o meno nel solito modo.
Intervieni sulle immagini alterando i pixel e, aiutato da una griglia virtuale, allinei gli elementi dell'immagine alla maglia.
È veloce e non richiede hardware super.

La posizione reciproca tra punto di presa ed oggetto fa molto.
Così come la forma di quello che hai fotografato è rilevante.

È diverso dal fare un'ortomosaico.
Così come è diverso dall'usare, in campo, un obiettivo basculante e decentrabile ("tilt/shift") per le foto.
Ma è piuttosto pratico e può funzionare ugualmente.

Dopo tutto il raddrizzamento delle foto del costruito è una tecnica che gli architetti usano da parecchio tempo.
😉
    Se non puoi fare a meno di parcheggiare la tua aut Se non puoi fare a meno di parcheggiare la tua auto al di fuori dell'area del rilievo, vale la pena fare attenzione a dove la posteggerai.
Non è uno scherzo!
:)

La fotogrammetria è una tecnica passiva e gli algoritmi Structure from Motion riescono a ricostruire solo quello che si vede nelle immagini.
Un'automobile è un elemento di disturbo, neppure troppo piccola.
Può nascondere informazioni importanti o potrebbe essere difficile da togliere dalla nuvola di punti.

Parcheggiarla in un'area pianeggiante, su una superficie omogenea è una buona idea.
I motivi sono (almeno) due.

Il primo è che puoi facilmente ritoccare le fotografie dove è presente in modo da rimuoverla.
Software di fotoritocco hanno strumenti molto efficienti!
Può richiedere un po' di tempo (dipende dal numero di foto) ma il risultato è generalmente buono.
Qui sotto vedi un "prima" ed un "dopo" fotoritocco.

ll secondo motivo è che, se non ritocchi le foto, l'auto sarà un elemento isolato nella nuvola di punti che "emerge" dal terreno.
Questo ti permette di trattarla velocemente ed efficaciemente per rimuoverla, tenendo solo i punti del terreno.

Se la parcheggi a ridosso del piede di una parete di roccia non sarà immediato fare le cose che ho scritto qui sopra.
    Droni e missioni di volo automatiche - Attenzione Droni e missioni di volo automatiche - Attenzione ai modelli di elevazione a larga scala

Non prendere "a scatola chiusa" e senza controllare i modelli digitali di elevazione che si usano per la pianificazione automatica delle missioni di volo per droni.
Possono esserci differenze importanti (talvolta enormi) con la realtà.

Una missione di volo per aerofotogrammetria andrebbe eseguita mantenendo il più possibile costante la distanza "drone-terreno".
Se lavori lungo pendii o terreni inclinati è possibile farlo usando software di mission planning che caricano al loro interno dei modelli di elevazione a cui si riferiscono per impostare l'altezza del drone in volo.

A meno di usare modelli ad hoc, che hai fatto tu e su cui sei confidente, i modelli di riferimento sono a larga scala e non riescono a definire bene le caratteristiche locali.
Spesso non sono aggiornati.

Nella prima foto vedi uno screenshot di Google Earth Pro (in cui ho attivato l'opzione "Terreno 3D") per un'area di cava in cui dovevo fare un rilievo con APR.
Sembrerebbe un pendio acclive, ma regolare.

La seconda invece è una foto presa in volo, che mostra come sono realmente le cose.
Lo sperone di roccia stacca dal pendio circa 50-60 metri.
Un piano di volo automatico non lo avrebbe considerato...
    Se ricevi una nuvola di punti di un alveo e devi f Se ricevi una nuvola di punti di un alveo e devi fare una modellazione idraulica, puoi estrarre le sezioni che ti servono in totale autonomia.
Mi piace dire spesso che "la nuvola di punti crea (in)dipendenza".

Hai a disposizione dati densi (punti molto vicini) e continui, da cui tirare fuori quello che ti serve, secondo le tue necessità e sensibilità.
È mooolto diverso rispetto ad avere un numero finito di sezioni, fatte di punti discreti, battuti con strumenti terrestri.

Con gli strumenti di interrogazione delle nuvole che mette a disposizione Potree (codice open source per condividere nuvole di punti tramite browser) si possono fare sezioni.
Se la fai abbastanza sottili puoi esportare un file CSV delle coordinate dei punti della sezione.
Oltre all'indicazione della terna x,y,z,per ogni punto hai anche la progressiva ("mileage").
Estraendo solo la progressiva e la quota hai i dati per creare una sezione 2D.

Ci puoi fare una polilinea in CAD, o puoi importare le coordinate in HEC-RAS (software di modellazione idraulica) ed avere immediatamente una sezioni su cui far girare il modello.

Se vedi che manca qualcosa, puoi tornare sul modello 3D ed estrarre una nuova sezione, immediatamente.
In modo indipendente.
    Gli algoritmi di estrazione automatiche delle cara Gli algoritmi di estrazione automatiche delle caratteristiche di una nuvola di punti riescono ad estrarre i punti del terreno da tutto il resto.
Ma non sono infallibili.

Molto lo fa il tipo di nuvola trattata (fotogrammetrica, laser scanner o lidar).
E tanto fa anche l'elemento modellato (una facciata verticale, un versante mediamente pendente vegetato o un parcheggio piatto e vuoto).

Può capitare che vengano classificati come terreno dei punti che, con il terreno, non ci azzeccano niente.

Si possono ritoccare manualmente, editando la nuvola localmente, per raffinare la classificazione, oppure si può provare ad usare qualche filtro di pulizia automatica del rumore.

Uno che funziona bene è l'SOR (Statistical Outlier Removal) e lo trovi nella maggior parte dei software di editing (Lidar360 e Cloud Compare ce l'hanno).

La classificazione dei punti del terreno produce una nuvola piuttosto "rada" (rispetto all'originale) dove gli "outliers" si vedono bene e sono facilmente identificabili.

Attenzione alle zone di bordo.
Lì potrebbero andare via anche i punti "buoni" che, non avendo nessun dato da una parte, vengono identificati come sporco.

Da qui dovresti avere un dato più pulito per continuare la classificazione precisa.
    Si parla tanto del famigerato "Bonus 110%". Non en Si parla tanto del famigerato "Bonus 110%".
Non entro nel merito della materia urbanistica né di quella economica, perchè non le conosco.
Faccio alcune considerazioni sui rilievi.

Progettare una riqualificazione energetica ha spesso bisogno di un rilievo che supporti le scelte per fare il "salto energetico": nuovo cappotto termico, manutenzione del tetto, pannelli fotovoltaici, infissi...

In un condominio grande, un rilievo 3D dà informazioni utili e misurabili, in modo molto efficace e veloce.

Integrare il laser scanner con la (aero)fotogrammetria da drone permette di avere un modello completo, anche delle parti invisibili da terra.

Il rilievo dello stato attuale è anche utile per sanare abusi o difformità che rischiano di vanificare tutto l'iter...

Mi sento di consigliarti professionisti che conoscano bene il mondo dei rilievi con output 3D, la topografia ed i principi della misura.
E, per fortuna, ce ne sono tanti!

Scegli qualcuno che si prenda la responsabilità del dato restituito (firmandoti un documento tecnico).
Sembra poca cosa (non lo è) ma se le cose non vanno bene, può fare la differenza.

Questa manovra sta scuotendo un po' anche il mondo dei rilievi applicati all'edilizia.
Ed è una buona cosa!
👍🏻😉
    RILIEVI E STRUMENTI - LE BATTERIE NON FINISCONO MA RILIEVI E STRUMENTI - LE BATTERIE NON FINISCONO MAI!

Condivido alcuni pensieri sulle batterie, necessarie a far funzionare tutto quanto.

Faccio una lista delle batterie/dispositivi che ho caricato, sto caricando e dovrò ancora caricare (non per vanto ma per gli scopi del post):
- drone principale e radiocomando;
- drone di backup e radiocomando;
- stazione totale e laser scanner (per fortuna sono integrati) + controller;
- GNSS 1 e controller;
- GNSS 2 e controller;
- fotocamera digitale;
- fotocamera 360°;
- tablet per sorvolo con drone;
- battery pack per eventuali bisogni in campo;
- walkie talkie.

Sono davvero tante!

E da qui faccio tre considerazioni.

1.
Prima di partire per un rilievo in campo, prenditi il tempo necessario per ricaricare tutte le batterie.
Potrebbe non essere poco.

2.
Se prevedi di alloggiare fuori per più giorni, attrezzati per ricaricare tutto in modo efficiente.
Portati prese multiple e "ciabatte".
Spesso le prese negli hotel non sono tante...
Se sei all'estero, ricordati gli adattatori!

3.
Se viaggi in aereo informati bene sulle batteria che trasporti e su dove possono stare in volo (le batterie LiPo dei droni non possono viaggiare in stiva)

4.
Fanne buona manutenzione...
    È importante fare i conti con il trasporto della È importante fare i conti con il trasporto della strumentazione in campo o un rilievo potrebbe trasformarsi in un incubo.

Quello che dovresti considerare è la logistica generale:
- che tipo di rilievo si deve fare;
- quali strumenti usare e da portare in campo;
- treppiedi, aste, paline, target ed altri accessori;
- come si arriva in campo (accesso carrabile);
- se si deve camminare un po' (e, aggiungo, su quale superficie e con eventuali dislivelli).

Potresti essere tentato di "portare tutto, che non si sa mai", ma se poi il tutto lo devi trasportare a mano può essere un problema (e, a volte, neppure piccolo).

La portabilità di uno strumento topografico incide poco sul suo prezzo, ma molto sulla praticità.
Se la custodia rigida di una stazione totale ha l'opzione di essere trasportata come uno zaino ti libera completamente le mani che puoi usare per altre cose.
Non è leggera ma la schiena è forte!
:)

E se ti servono più cose di quelle che riesci a trasportare allora ti serve anche un aiuto in campo.

Tutte questi aspetti li puoi valutare e decidere dopo un sopralluogo.
È il modo migliore per rendersi conto di come sono davvero le cose e di che cosa ti servirà in campo.
Oltre che capire meglio il lavoro da fare!
    Le tecniche "structure from motion" ricostruiscono Le tecniche "structure from motion" ricostruiscono modelli 3D, anche molto dettagliati, di oggetti a partire da immagini

Condivido alcune considerazioni sul tema!

1
(Se puoi) muovi l'oggetto, non la camera.
Metti la macchina fotografica su supporto stabile e ruota l'oggetto su se stesso.
Ci sono "piatti rotanti" economici e funzionali.
Non vale con tutto, ma se puoi fallo...
📷

2
Mettiti in una situazione di luce controllata e riempi le ombre. 💡
Le luci da studio (continue o flash) sono ideali perchè annullano le intromissioni di altre fonti.
Usarne più di una (o, in alternativa, dei pannelli riflettenti) riempie le ombre.

3
Usa un "green screen" o uno sfondo da cui l'oggetto "stacchi". 
In fase di elaborazione userai delle maschere, lo schermo verde permette uno scontorno veloce.

4
Attento al colore. 🔺
Se devi ricostruire con cura anche le tonalità cromatiche controlla i rimbalzi di luce dallo sfondo sul soggetto ed usa un colorimetro per essere sicuro della corrispondenza dei colori riprodotti.

5
Uccidi i riflessi. ☀️
Superfici lucide + luci artificiali = riflessi.
Puoi eliminarli cambiando direzione di incidenza della fonte luminosa.

6
Non dimenticare le misure. 📐📏
Se il modello 3D deve avere valenza metrica servono le misure per scalarlo.
Prendile!
😁😉
    In questi giorni sto lavorando alla vettorializzaz In questi giorni sto lavorando alla vettorializzazione della nuvola di punti da rilievo fotogrammetrico + laser scanner che ho fatto in cava nei mesi estivi.
È un lavoro lungo che amo poco (e trovo poco utile) ed allora condivido alcuni pensieri sul tema.

Passare da una nuvola 3D ad un disegno 2D significa lasciare per strada un sacco di informazioni del dato originale.
E non sono più recuperabili (se non con difficoltà).

Serve un cambio di paradigma per lavorare, tutti, direttamente sul 3D.
I primi passi dovrebbero farli le Amministrazioni che richiedono piante, prospetti e sezioni per valutare progetti e piani.
Il secondo è dei tecnici che commissionano/ricevono i rilievi: dovrebbero ed inserire il 3D nel proprio flusso di lavoro.
All'inizio non sarà semplice, servirà tempo e qualche software "nuovo", ma dopo la strada sarà in discesa.

Un rilievo 3D costa meno se non viene richiesta la produzione di un disegno 2D.
Se l'oggetto è complesso ci possono volere molte ore per fare il lavoro.
Ore che dovranno essere pagate.

Un progetto in 3D, condiviso su schermo attraverso browser o visualizzatori semplici ed intuitivi, sarebbe molto più efficace di interpretare disegni, per quanto completi.
E si risparmierebbe carta!

Non si può generalizzare.
Quello che ho scritto non è applicabile a tutto.
Ma a tanto credo di sì.
Temo che ci voglia "un po'" di tempo.

Se vuoi condividere con me la tua opinione puoi scrivermi @paolocorradeghini ed io la ricondivido qui sul Canale, per tutti.
    Il GSD (Ground Sampling Distance) è un parametro Il GSD (Ground Sampling Distance) è un parametro molto importante nel processo fotogrammetrico.

Dipende direttamente dalla distanza "D", tra sensore e soggetto fotografato, dalla dimensione del pixel "d" ed inversamente dalla lunghezza focale, "f", dell'ottica.
GSD = (D x d) / f

Più il GSD è piccolo è più dettagli ci sono nell'immagine.
È come se stendessi a terra un lenzuolo, dove sopra c'è l'immagine stampata e che copre l'intera area fotografata e misurassi quanto vale, in campo, il lato di un pixel.

La scelta del GSD influenza l'accuratezza, il numero dei punti delle nuvole, la risoluzione del DEM e dell'ortofoto.

Spesso l'unico parametro su cui si ha il controllo "effettivo" in campo, per modificare il GSD, è la distanza di presa.

Qui ho scattato fotografie da drone ad una breve distanza (10 m) perchè era necessario riprodurre un'ortofoto di dettaglio che consentisse di identificare la posizione delle pietre della passeggiata, per rimetterle, al posto giusto, dopo averle levate per manutenzioni.

Un GSD alto non avrebbe dato sufficiente informazioni alle foto.
Uno basso sì.

Un GSD bassissimo non è però l'obiettivo da ricercare sempre.
A parità di area infatti, il numero di foto per coprirla aumenta parecchio.
    Puoi creare un DEM (Modello Digitale di Elevazione Puoi creare un DEM (Modello Digitale di Elevazione) da una nuvola di punti 3D con il software open source Cloud Compare.

Non è l'unico modo per farlo.
Si può fare anche in un software di elaborazione fotogrammetrica ("structure from motion") o in un GIS (visti i vari aggiornamenti che permettono di gestire le nuvole di punti).
Ma questo è un modo che uso spesso!

Cloud Compare ha un tool che si chiama "Rasterize".

Scegli:
la risoluzione del DEM (la lunghezza del lato di ogni pixel, quadrato, come se fosse misurata a terra);

la direzione di proiezione (è comune la "Z" ma potresti generare un DEM proiettando la nuvola su una parete verticale per vedere se ci sono rigonfiamenti, spanciamenti o altre anomalie);

che cosa fare con le celle vuote (interpolarle, riempirle con un valore specifico, lasciarle vuote, ...).

Una vola creato, lo vedi in anteprima nella finestra dello strumento.

Lo puoi esportare in formato GeoTIF (mantiene le coordinate dei punti della nuvola, anche se non è ufficialmente associato a nessun sistema di riferimento specifico EPSG).

Oppure puoi creare un nuvola di punti dove ogni nuovo punto corrisponde al centro di ogni pixel che forma il modello raster.

Così sei passato dal 3D al 2D.
O meglio, al 2.5D!
😉
    Avere a disposizione una nuvola di punti (georefer Avere a disposizione una nuvola di punti (georeferenziata e scalata) permette di creare punti, selezionandoli tra tutti quelli che la compongono e portarli in un ambiente 2D (CAD o GIS).

Ci sono alcune strade da seguire.
La scelta dipende da come è fatta la nuvola di punti e dall'output che si vuole ottenere.

In un software di gestione di nuvole di punti (Cloud Compare, Lidar360, ...) si può sottocampionare la nuvola chiedendo che in output i punti siano distanziati di un distanza regolare (1, 2, 5 m...).
Li puoi esportare in DXF e trasformarli in punti quotati.

Se il modello 3D è complesso può essere più indicato selezionare direttamente i punti da esportare "snappando" proprio sui punti della nuvola.

Cloud Compare ha l'opzione "Point List Picking" che crea una lista di punti dalla selezione.
Funziona bene, non ha limiti di numero, dopo un po' rallenta ed ogni punto ha associata un'etichetta (a volte un po' vistosa).

Trimble Business Center è molto fluido ed i punti che aggiungi sono "discreti" all'interno della nuvola generale.
Puoi lavorare direttamente al suo interno per creare etichette e customizzare l'output del file vettoriale.

In ogni caso, "battere" un migliaio di punti è questione di mezz'ore e non di giorni!
    I dati cartografici, scaricabili dai vari geoporta I dati cartografici, scaricabili dai vari geoportali regionali (o nazionali), non sono (quasi) masi super dettagliati ed a volte sono poco aggiornati.
Però si possono usare per creare un ambiente 3D in cui inserire l'output di un rilievo (fotogrammetrico o laser scanner).

In questo caso ho usato i dati Lidar (maglia 2x2m) scaricati da "Geoscopio" (portale cartografico della Toscana) per collegare tra loro due rilievi 3D di altrettante zone di cava, situate sullo stesso versante ma un po' troppo lontane da giustificare un unico rilievo.

È evidente l'assenza di colore nei punti della fascia centrale. Tuttavia l'orografia e la morfologia del versante non è cambiata nel tempo ed il dato è utile (non avrebbe avuto senso se lì ci fosse stata una cava attiva) e credo che aiuti a comprendere meglio la disposizione reciproca delle cave rilevate.

In mancanza di un dato Lidar si potrebbe usare un DEM (meglio se DTM), per creare una nuvola di punti regolare in ambiente GIS.
Con QGIS non è difficile.

Serve fare attenzione ai sistemi di riferimento del dato scaricato e del rilievo restituito.
Ed alle quote.
Se tutto torna, le nuvole di punti si sistemeranno correttamente, una rispetto all'altra, e le cose funzioneranno bene.
    Credo che ci siano almeno due strade diverse per p Credo che ci siano almeno due strade diverse per passare da un dato 3D ad uno 2D.

1.
Puoi generare un'ortofoto e ripassarne gli elementi in un CAD 2D.
È abbastanza veloce, comodo e non necessita di hardware super potente.
Ma se l'area è complessa o l'immagine non sufficientemente dettagliata, potrebbe non bastare.
Per maggiore precisione puoi lavorare sull'ortofoto confrontando in tempo reale quello che stai facendo con il modello 3D (nuvola di punti).

2.
Puoi lavorare direttamente nel 3D tramite software che ti permettono di gestire la nuvola di punti che vuoi vettorializzare.
È un po' più lungo (dipende dalla tua esperienza) ma ti permette di lavorare in un ambiente molto più versatile per fare zoom, "battere" punti virtuali e tracciare vettori.

P.S.
Opinione personale: passare da una nuvola di punti 3D ad una rappresentazione 2D "piante/prospetti/sezioni" è un po' come andare a pesca con una rete a trama grande: qualcosa rimane ma la maggior parte lo lasci in mare.

P.P.S.
Non ho ancora trovato software o algoritmi in grado di (semi)automatizzare il processo di vettorializzazione.
Non è banale ma credo che sia un territorio dove potrà esserci uno sviluppo interessante in futuro.
Per ora c'è ancora tanto da fare a mano...
    Il comando "Cloud to Cloud Distance" del software Il comando "Cloud to Cloud Distance" del software Cloud Compare calcola la distanza lineare tra i punti di due nuvole 3D.
È utile se vuoi vedere, nel tempo, le differenze di altezza in un'area di scavo o di accumulo.

È un comando semplice e lo trovi tra i menù principali.

Devi selezionare le due nuvole di punti da confrontare.
Scegli quale nuvola sarà il riferimento per il calcolo e quale quella su cui invece il calcolo verrà fatto.

Lo strumento ha varie opzioni.
Funzionano più o meno bene in relazione al tipo di nuvola di punti che stai usando.

Una volta finito il calcolo, nei punti della nuvola "mobile" vengono scritte delle informazioni scalari ("scalar field") che dettagliano i risultati del calcolo.

Nell'area di lavoro (in ambiente 3D) puoi avere una visuale d'insieme delle aree cambiate.

Se vuoi essere ancora più specifico puoi interrogare le coordinate di ogni punto, per leggere le singole distanze.

Oppure puoi creare un modello digitale di elevazione, DEM, da portare in altri software.

Infine, cosa molta utile per valutare le differenze di quota, puoi calcolare le distanze relative sui tre assi: x, y e z.
Se le nuvole di punti che confronti sono georeferenziate nel solito sistema di riferimento è tutto molto veloce!
    Un ambito dove l'aerofotogrammetria da drone è mo Un ambito dove l'aerofotogrammetria da drone è molto efficiente è quello dei rilievi di strade, per delimitarne i bordi e/o le carreggiate.

L'ortofoto che si produce nel processo structure from motion può essere ripassata in CAD, per tracciarne i limiti.
Considerando il tempo necessario alle attività di campo e quello per vettorializzare gli elementi, il tutto risulta molto vantaggioso soprattutto per superfici grandi.

Immagini elaborate con molto dettaglio (valori bassi del GSD) permettono di creare ortomosaici con un sacco di informazioni e disegnare anche altri elementi come i pozzetti, le caditoie o le saracinesche.

Anche le quote che prendi dai punti della nuvola (densa), o da un modello digitale di elevazione ad alta risoluzione, possono aiutarti per capire le pendenze.
Non riesci arrivare ad accuratezze millimetriche, ma pochi centimetri si raggiungono.
E su grandi sviluppi sei in grado di capire, ad esempio, come si muove l'acqua sulla superficie.
    Scattare fotografie per un'elaborazione fotogramme Scattare fotografie per un'elaborazione fotogrammetrica durante tutta una giornata può dare problemi tonali nelle immagini.
E si ripercuotono sui prodotti in output.

Succede perchè la temperatura della luce del sole cambia.
Con cielo sereno si percepisce molto di più che non in condizioni nuvolose.
Se poi ci sono strutture o montagne che proiettano ombre, al mattino o al tramonto, è ancora peggio!

L'ortofoto ne risente e, per quanto i software SfM riescano a miscelare il colore finale, capita che l'output non sia gradevole.

Scattare foto in RAW aiuta.
Puoi elaborare gruppi di immagini nelle solite condizioni di illuminazione e modificarne, separatamente, il bilanciamento del bianco.

Se hai solo file JPG una strada percorribile è fare un po' di editing sull'ortofoto finale.
Photoshop, e altri software della solita specie, hanno ormai strumenti potenti ed efficaci per farlo.

Ok, perdi la georeferenziazione del file TIF, ma la puoi sempre ricreare tramite un GIS, e, probabilmente, lascerai per strada un po' di saturazione, ma il risultato dovrebbe essere migliore.

La cosa ideale sarebbe comprimere la presa fotografica nel minore slot di tempo.
A volte non è possibile e tocca fare come si può per riparare le cose (dopo).
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