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UNITÀ DI MISURA DEGLI ANGOLI

21 Gennaio 2021

Se cerchi l’unità di misura degli angoli tra le 7 unità di misura fondamentali del Sistema Internazionale (SI), non la troverai.
La trovi tra quelle derivate.
Ma ce l’hanno un po’ infilata ” a forza”.

Sì, perchè l’angolo è una grandezza adimensionale!
O almeno lo è leggendo la definizione di Radiante che trovi un po’ più in basso.

Ma d’altra parte, è talmente importante che non si poteva far finta di niente.
Per uscire dal contesto topografico, prova a chiedere a chi manovra un cannone a bordo di una nave come fa a misura le rotazioni da applicare per colpire il bersaglio…
Esatto! Sono proprio misure di angoli.

Anche se non è una grandezza fisica pura al 100% è comunque qualcosa di utile ed importante e si deve poter misurare.
E quindi anche lui ha la sua unità di misura.
Beh, a dire il vero ne ha più di una.
Se le contiamo tutte sono 6:

  • radiante;
  • sessagesimale;
  • (sessagesimale) decimale;
  • centesimale;
  • millesimale;
  • orario.

Come spesso succede, si è passati dal niente al troppo.
E forse ne dimentico per strada qualcuna minore.
Tuttavia le cose stanno proprio così.

Ti anticipo che qui ci fermiamo alle prime quattro, lasciando stare il grado millesimale (usato, appunto, in Artiglieria) ed il sistema orario (usato in Astronomia).

UNITÀ DI MISURA DELL’ANGOLO

Se ne leggi la definizione geometrica (l’angolo è ciascuna delle parti del piano in cui esso è diviso da due semirette, uscenti dallo stesso punto) e provi a cercare qualcosa che possa essere usato come confronto e paragone per la misura dell’angolo (cioè come sua unità di misura) le cose non sono immediate.

L’angolo è una parte di piano.

Ok, quindi uso l’unità di misura della superficie, il metro quadrato?
No, perchè non è qualcosa di limitato.
Oddio due limiti ci sono, i lati dell’angolo, ma non bastano a chiuderlo.

Lasciamo stare il metro quadrato.

Cerchiamo qualcosa che sia legato al movimento del lato origine verso il lato estremo dell’angolo orientato, qualcosa che misuri la rotazione attorno al vertice, un’unità di misura che sia applicabile al concetto di “spazzare” (e non intendo per terra…).

IL RADIANTE, L’UNITÀ ASSOLUTA

Il Sistema Internazionale ha chiesto aiuto alla matematica e, di nuovo, alla geometria per introdurre il Radiante.

Se anche tu come me ti sei battuto con esami universitari di Analisi Matematica, Geometria, Fisica, Meccanica Razionale, … lo conosci già.

Se prendo un cerchio, disegno due raggi non coincidenti (questa non è una necessità ma piuttosto un modo per capire meglio il disegno) che individuano un arco, si può dimostrare (ma non lo faccio qui) che il rapporto tra l’angolo al centro e la lunghezza dell’arco di circonferenza è costante ed indipendente dal raggio.

Uso questa proprietà e scrivo (in realtà l’ha fatto qualcun altro prima di me) che un radiante è l’angolo al centro, in un cerchio di raggio R, che sottende un arco di circonferenza “l” lungo (il suo sviluppo) quanto il raggio “R”.

Come al solito le definizioni sono molto rigorose ma spesso poco calorose.

Vediamola in modo più pratico.
Se vuoi sapere quanto misura, in radianti, l’angolo AÔB devi costruirci sopra un cerchio che ha il centro coincidente con il vertice dell’angolo e raggio uguale al lato OA, che poi è uguale anche ad OB.

angolo e radiante

L’angolo alfa, espresso in radianti, è uguale al rapporto tra l’arco di circonferenza AB, che misura “l“, ed il raggio del cerchio R.

AÔBrad = l/R

Per capire che si tratta proprio di un angolo misurato in radianti, e non confonderlo con il resto delle unità di misura degli angoli, si mette l’apice “rad” sopra il suo nome o il suo simbolo.

Da qui, con poco sforzo e ricordando che la formula per la misura di una circonferenza è 2πR, si fa presto a dire che:

  • se l = R allora AÔBrad = 1;
  • misura dell’Angolo Giro = 2πR/R = 2π;
  • misura dell’angolo Piatto = πR/R = π;
  • misura dell’angolo Retto = πR/2R = π/2.

Per come è definito si capisce il perchè non abbia una sua dimensione.
L’arco di circonferenza l, che è al numeratore, è una lunghezza [L], così come lo è il Raggio R, al denominatore.

[L] / [L] spariscono ed ecco l’adimensionalità…

Si dice che il radiante sia l’unità di misura assoluta degli angoli.
È quella ufficialmente inserita nel Sistema Internazionale ed è usata in tutte le trattazioni teoriche, matematico-geometriche (e non solo).

Ma è un po’ sterile e poco pratica da usare in campo, quando si misura.
E quindi il topografo lo lascia usare al matematico preferendo dell’altro…

SISTEMI DI MISURA OPERATIVI

Prova a lavorare in modo rigoroso avendo sempre tra i piedi π (3,14159265358…) e ti accorgerai che avere un numero irrazionale in ogni misura non si sposa bene con il concetto di precisione del dato e di accuratezza di un rilievo.

Il topografo preferisce altro: gradi sessagesimali e centesimali.

GRADO SESSAGESIMALE

Prendi un angolo Giro e dividilo in trecentosessanta (360) parti.
Ognuna è un grado sessagesimale [°].

Ora prendi un angolo sessagesimale e dividilo in sessanta (60) parti per trovare il primo [‘].

Infine dividi il primo, ancora, per sessanta ed ottieni il secondo [“].

Gradi, primi e secondi misurano un angolo nel sistema sessagesimale.
48° 17′ 26″ è una misura che si legge: 48 gradi, 17 primi e 26 secondi.

Per raggiungere maggiori precisioni, i secondi di grado possono avere anche dei decimali (52° 34′ 20,92″), mentre gradi e primi sono sempre numeri interi.

Questo modo di misurare gli angoli è il più antico.
Lo usavano già i Babilonesi.
Altro che radianti!
🙂
La scelta di dividere l’angolo giro in 360 parti deriva proprio dalla loro attività astronomica.
Visto che l’anno solare è, più o meno, fatto di 360 giorni, un grado sessagesimale corrisponde all’incirca all’angolo descritto dalla Terra, sulla sua orbita, in un giorno.

Il grado sessagesimale torna bene anche in geometria perchè, ad esempio, gli angoli interni dei poligoni regolari (almeno fino all’esagono) sono facili da ricordare:

  • triangolo equilatero: 60°;
  • quadrato: 90°;
  • pentagono: 108°;
  • esagono: 120°

Tuttavia le operazioni tra angoli sessagesimali non seguono il modo “classico”, ossia quello decimale, ed è necessario operare separatamente tra gradi, primi e secondi e poi aggiustare le eventuali eccedenze.
Non è difficile, ma non è neppure veloce.
Si prestava bene ai calcoli mnemonici ma è un po’ meno immediato per calcolatrici, pc e software.

GRADO DECIMALE

Per rendere più semplici le operazioni tra angoli sessagesimali, si usa parecchio il sistema sessagesimale decimale o, più semplicemente, decimale.

Un grado decimale è un trecentosessantesimo dell’angolo giro, proprio come il grado sessagesimale, ma i sottomultipli del grado sono espressi in forma decimale.

Come si fa?
È semplice.

  1. Considera un angolo nel sistema sessagesimale: 48° 17′ 26″;
  2. Prendi il numero dei gradi: 48°;
  3. Dividi i primi per 60: 17/60 = 0,2833;
  4. Somma il risultato ai gradi: 48 + 0,2833 = 48,2833;
  5. Prendi i secondi e dividili per 3600 (sì perchè in un grado ci sono 60×60=3600 secondi): 26/3600 = 0,0072;
  6. Sommali al risultato del passaggio 4: 48,2833 + 0,0072 = 48,2905
  7. L’angolo sessagesimale espresso in decimali misura 48,2905

Questo sistema è comodo per i calcoli con le calcolatrici ed all’interno di alcuni software che lavorano con gli angoli.
Infatti le operazioni aritmetiche si fanno seguendo le regole della numerazione decimale.
48,256343 + 21,859672 = 70,116015

E se ho una misura nel sistema decimale e voglio ritornare a quello sessagesimale?
Per esempio: 32°,4550.

Beh si tratta di fare i passaggi inversi:

  1. i gradi sono sempre e comunque 32;
  2. per trovare i primi faccio: 0,4550 x 60′ = 27,30′;
  3. ed i primi sono 27;
  4. per i secondi faccio la stessa cosa con i decimali dei primo, punto 2: 0,30 x 60″ = 18″;
  5. Ecco che l’angolo sessagesimale misura: 32° 27′ 18″.

GRADO CENTESIMALE

L’unità di misura più usata in topografia è il grado centesimale.
Almeno era così fino a quando si usava quasi esclusivamente la stazione totale.
Il suo primo utilizzo è di Ignazio Porro, nel 1850, quando fabbricò i primi teodoliti centesimali.

Ora il GPS (che dovrei chiamare GNSS) e la sua diffusione nel rilievo, ormai consolidata, sta portando all’uso comune e abituale del sistema sessagesimale o decimale.

Il grado centesimale è la centesima parte dell’angolo retto.
Il suo simbolo può essere indicato in uno di questi modi [c], [gon] o [g].
L’angolo retto misura 100gon.
Un angolo piatto è 200gon.
Quello giro vale 400gon.

Dopo il numero intero, che individua il grado, si usano, come per il sistema sessagesimale decimale, decimi, centesimi, millesimi, …, decimali.

Proprio perchè ci tengo ad essere completo fino in fondo, ti dico che potresti trovare, in qualche anfratto remoto di una cantina topgorafica, i primi centesimali [–] ed i secondi centesimali [=].

Io non li ho mai incontrati…

CONVERTIRE LE UNITÀ DI MISURA

Ora che ti ho detto quali sono le unità di misura che si usano per gli angoli, devo darti le istruzioni per passare da un sistema all’altro.

Ci si basa su una proporzione e sul principio che, qualunque sia il sistema scelto, l’ampiezza di un angolo rimane la stessa.
L’angolo piatto sarà sempre e comunque la misura di mezzo giro di cerchio.
Se raddoppi la dimensione di un angolo, raddoppia anche la sua misura, per qualunque sistema di unità che stai usando.

Ed allora si può scrivere questa relazione, dove ß (Beta) è un angolo generico:

­­ßrad / π = ßgon / 200gon = ß° / 180°

È piuttosto semplice passare da un sistema all’altro.

Devi solo fare attenzione ad una cosa.
Affinchè tu possa fare le operazioni previste dalla proporzione (moltiplicazione e divisione) è necessario convertire preventivamente i gradi sessagesimali in gradi decimali (sessagesimali), in modo che si abbiano ovunque grandezze operabili matematicamente con le regole dei numeri decimali

UN ESEMPIO

Trasformo l’angolo µ = 48° 17′ 26″ in centesimali e poi in radianti.

Per prima cosa passo da gradi sessagesimali a gradi (sessagesimali) decimali.
µ = 48° + (17/60)’ + (26/3600)” = 48°,2905

Ora applico questa proporzione, per passare ai gradi centesimali:
µgon / 200gon = µ° / 180°
Dato che µ°=48°,2905
E visto che il prodotto dei medi è uguale al prodotto degli estremi,
trovo che: µgon = 48°,2905 x (200/180) = 53gon,6561

Infine vado alla ricerca dei radianti.
Uso i gradi (sessagesimali) decimali con questa proporzione:
µrad / π = µ° / 180°

(Avrei potuto usare tranquillamente anche i gradi centesimali).

Da qui viene fuori che:
µrad = µ° x (π/180) = 0rad,8428

UN FOGLIO DI CALCOLO PER LE CONVERSIONI

Come hai visto, passare da un angolo all’altro (o meglio, da unità di misura diverse) non è complicato ma può richiedere un po’ di tempo.
Specialmente se hai tanti angoli da convertire.

Ho impostato un foglio di calcolo che fa tutto questo in maniera (semi)automatica.
Lo rendo disponibile, per il download, per i finanziatori di 3DMetrica, a partire dal livello “Contenuti esclusivi“.

Se sei tra quelli puoi andare qui e scaricare il file!

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Paolo Corradeghini

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Potresti correggere la distorsione prospettica con software di fotoritocco e "raddrizzare" l'immagine (per i tuoi scopi).

Il punto di presa e la forma dell'oggetto fotografato deformano la rappresentazione secondo una vista prospettica.
Linee parallele nella realtà (muri verticali) sono convergenti nello spazio immagine.

Tutti i principali software di photoediting hanno strumenti di correzione della prospettiva.
Ci sono nel famoso Photoshop, nell'open source Gimp e nel "nuovo" ed economico Affinity Photo.

Funzionano più o meno nel solito modo.
Intervieni sulle immagini alterando i pixel e, aiutato da una griglia virtuale, allinei gli elementi dell'immagine alla maglia.
È veloce e non richiede hardware super.

La posizione reciproca tra punto di presa ed oggetto fa molto.
Così come la forma di quello che hai fotografato è rilevante.

È diverso dal fare un'ortomosaico.
Così come è diverso dall'usare, in campo, un obiettivo basculante e decentrabile ("tilt/shift") per le foto.
Ma è piuttosto pratico e può funzionare ugualmente.

Dopo tutto il raddrizzamento delle foto del costruito è una tecnica che gli architetti usano da parecchio tempo.
😉
    Se non puoi fare a meno di parcheggiare la tua aut Se non puoi fare a meno di parcheggiare la tua auto al di fuori dell'area del rilievo, vale la pena fare attenzione a dove la posteggerai.
Non è uno scherzo!
:)

La fotogrammetria è una tecnica passiva e gli algoritmi Structure from Motion riescono a ricostruire solo quello che si vede nelle immagini.
Un'automobile è un elemento di disturbo, neppure troppo piccola.
Può nascondere informazioni importanti o potrebbe essere difficile da togliere dalla nuvola di punti.

Parcheggiarla in un'area pianeggiante, su una superficie omogenea è una buona idea.
I motivi sono (almeno) due.

Il primo è che puoi facilmente ritoccare le fotografie dove è presente in modo da rimuoverla.
Software di fotoritocco hanno strumenti molto efficienti!
Può richiedere un po' di tempo (dipende dal numero di foto) ma il risultato è generalmente buono.
Qui sotto vedi un "prima" ed un "dopo" fotoritocco.

ll secondo motivo è che, se non ritocchi le foto, l'auto sarà un elemento isolato nella nuvola di punti che "emerge" dal terreno.
Questo ti permette di trattarla velocemente ed efficaciemente per rimuoverla, tenendo solo i punti del terreno.

Se la parcheggi a ridosso del piede di una parete di roccia non sarà immediato fare le cose che ho scritto qui sopra.
    Droni e missioni di volo automatiche - Attenzione Droni e missioni di volo automatiche - Attenzione ai modelli di elevazione a larga scala

Non prendere "a scatola chiusa" e senza controllare i modelli digitali di elevazione che si usano per la pianificazione automatica delle missioni di volo per droni.
Possono esserci differenze importanti (talvolta enormi) con la realtà.

Una missione di volo per aerofotogrammetria andrebbe eseguita mantenendo il più possibile costante la distanza "drone-terreno".
Se lavori lungo pendii o terreni inclinati è possibile farlo usando software di mission planning che caricano al loro interno dei modelli di elevazione a cui si riferiscono per impostare l'altezza del drone in volo.

A meno di usare modelli ad hoc, che hai fatto tu e su cui sei confidente, i modelli di riferimento sono a larga scala e non riescono a definire bene le caratteristiche locali.
Spesso non sono aggiornati.

Nella prima foto vedi uno screenshot di Google Earth Pro (in cui ho attivato l'opzione "Terreno 3D") per un'area di cava in cui dovevo fare un rilievo con APR.
Sembrerebbe un pendio acclive, ma regolare.

La seconda invece è una foto presa in volo, che mostra come sono realmente le cose.
Lo sperone di roccia stacca dal pendio circa 50-60 metri.
Un piano di volo automatico non lo avrebbe considerato...
    Se ricevi una nuvola di punti di un alveo e devi f Se ricevi una nuvola di punti di un alveo e devi fare una modellazione idraulica, puoi estrarre le sezioni che ti servono in totale autonomia.
Mi piace dire spesso che "la nuvola di punti crea (in)dipendenza".

Hai a disposizione dati densi (punti molto vicini) e continui, da cui tirare fuori quello che ti serve, secondo le tue necessità e sensibilità.
È mooolto diverso rispetto ad avere un numero finito di sezioni, fatte di punti discreti, battuti con strumenti terrestri.

Con gli strumenti di interrogazione delle nuvole che mette a disposizione Potree (codice open source per condividere nuvole di punti tramite browser) si possono fare sezioni.
Se la fai abbastanza sottili puoi esportare un file CSV delle coordinate dei punti della sezione.
Oltre all'indicazione della terna x,y,z,per ogni punto hai anche la progressiva ("mileage").
Estraendo solo la progressiva e la quota hai i dati per creare una sezione 2D.

Ci puoi fare una polilinea in CAD, o puoi importare le coordinate in HEC-RAS (software di modellazione idraulica) ed avere immediatamente una sezioni su cui far girare il modello.

Se vedi che manca qualcosa, puoi tornare sul modello 3D ed estrarre una nuova sezione, immediatamente.
In modo indipendente.
    Gli algoritmi di estrazione automatiche delle cara Gli algoritmi di estrazione automatiche delle caratteristiche di una nuvola di punti riescono ad estrarre i punti del terreno da tutto il resto.
Ma non sono infallibili.

Molto lo fa il tipo di nuvola trattata (fotogrammetrica, laser scanner o lidar).
E tanto fa anche l'elemento modellato (una facciata verticale, un versante mediamente pendente vegetato o un parcheggio piatto e vuoto).

Può capitare che vengano classificati come terreno dei punti che, con il terreno, non ci azzeccano niente.

Si possono ritoccare manualmente, editando la nuvola localmente, per raffinare la classificazione, oppure si può provare ad usare qualche filtro di pulizia automatica del rumore.

Uno che funziona bene è l'SOR (Statistical Outlier Removal) e lo trovi nella maggior parte dei software di editing (Lidar360 e Cloud Compare ce l'hanno).

La classificazione dei punti del terreno produce una nuvola piuttosto "rada" (rispetto all'originale) dove gli "outliers" si vedono bene e sono facilmente identificabili.

Attenzione alle zone di bordo.
Lì potrebbero andare via anche i punti "buoni" che, non avendo nessun dato da una parte, vengono identificati come sporco.

Da qui dovresti avere un dato più pulito per continuare la classificazione precisa.
    Si parla tanto del famigerato "Bonus 110%". Non en Si parla tanto del famigerato "Bonus 110%".
Non entro nel merito della materia urbanistica né di quella economica, perchè non le conosco.
Faccio alcune considerazioni sui rilievi.

Progettare una riqualificazione energetica ha spesso bisogno di un rilievo che supporti le scelte per fare il "salto energetico": nuovo cappotto termico, manutenzione del tetto, pannelli fotovoltaici, infissi...

In un condominio grande, un rilievo 3D dà informazioni utili e misurabili, in modo molto efficace e veloce.

Integrare il laser scanner con la (aero)fotogrammetria da drone permette di avere un modello completo, anche delle parti invisibili da terra.

Il rilievo dello stato attuale è anche utile per sanare abusi o difformità che rischiano di vanificare tutto l'iter...

Mi sento di consigliarti professionisti che conoscano bene il mondo dei rilievi con output 3D, la topografia ed i principi della misura.
E, per fortuna, ce ne sono tanti!

Scegli qualcuno che si prenda la responsabilità del dato restituito (firmandoti un documento tecnico).
Sembra poca cosa (non lo è) ma se le cose non vanno bene, può fare la differenza.

Questa manovra sta scuotendo un po' anche il mondo dei rilievi applicati all'edilizia.
Ed è una buona cosa!
👍🏻😉
    RILIEVI E STRUMENTI - LE BATTERIE NON FINISCONO MA RILIEVI E STRUMENTI - LE BATTERIE NON FINISCONO MAI!

Condivido alcuni pensieri sulle batterie, necessarie a far funzionare tutto quanto.

Faccio una lista delle batterie/dispositivi che ho caricato, sto caricando e dovrò ancora caricare (non per vanto ma per gli scopi del post):
- drone principale e radiocomando;
- drone di backup e radiocomando;
- stazione totale e laser scanner (per fortuna sono integrati) + controller;
- GNSS 1 e controller;
- GNSS 2 e controller;
- fotocamera digitale;
- fotocamera 360°;
- tablet per sorvolo con drone;
- battery pack per eventuali bisogni in campo;
- walkie talkie.

Sono davvero tante!

E da qui faccio tre considerazioni.

1.
Prima di partire per un rilievo in campo, prenditi il tempo necessario per ricaricare tutte le batterie.
Potrebbe non essere poco.

2.
Se prevedi di alloggiare fuori per più giorni, attrezzati per ricaricare tutto in modo efficiente.
Portati prese multiple e "ciabatte".
Spesso le prese negli hotel non sono tante...
Se sei all'estero, ricordati gli adattatori!

3.
Se viaggi in aereo informati bene sulle batteria che trasporti e su dove possono stare in volo (le batterie LiPo dei droni non possono viaggiare in stiva)

4.
Fanne buona manutenzione...
    È importante fare i conti con il trasporto della È importante fare i conti con il trasporto della strumentazione in campo o un rilievo potrebbe trasformarsi in un incubo.

Quello che dovresti considerare è la logistica generale:
- che tipo di rilievo si deve fare;
- quali strumenti usare e da portare in campo;
- treppiedi, aste, paline, target ed altri accessori;
- come si arriva in campo (accesso carrabile);
- se si deve camminare un po' (e, aggiungo, su quale superficie e con eventuali dislivelli).

Potresti essere tentato di "portare tutto, che non si sa mai", ma se poi il tutto lo devi trasportare a mano può essere un problema (e, a volte, neppure piccolo).

La portabilità di uno strumento topografico incide poco sul suo prezzo, ma molto sulla praticità.
Se la custodia rigida di una stazione totale ha l'opzione di essere trasportata come uno zaino ti libera completamente le mani che puoi usare per altre cose.
Non è leggera ma la schiena è forte!
:)

E se ti servono più cose di quelle che riesci a trasportare allora ti serve anche un aiuto in campo.

Tutte questi aspetti li puoi valutare e decidere dopo un sopralluogo.
È il modo migliore per rendersi conto di come sono davvero le cose e di che cosa ti servirà in campo.
Oltre che capire meglio il lavoro da fare!
    Le tecniche "structure from motion" ricostruiscono Le tecniche "structure from motion" ricostruiscono modelli 3D, anche molto dettagliati, di oggetti a partire da immagini

Condivido alcune considerazioni sul tema!

1
(Se puoi) muovi l'oggetto, non la camera.
Metti la macchina fotografica su supporto stabile e ruota l'oggetto su se stesso.
Ci sono "piatti rotanti" economici e funzionali.
Non vale con tutto, ma se puoi fallo...
📷

2
Mettiti in una situazione di luce controllata e riempi le ombre. 💡
Le luci da studio (continue o flash) sono ideali perchè annullano le intromissioni di altre fonti.
Usarne più di una (o, in alternativa, dei pannelli riflettenti) riempie le ombre.

3
Usa un "green screen" o uno sfondo da cui l'oggetto "stacchi". 
In fase di elaborazione userai delle maschere, lo schermo verde permette uno scontorno veloce.

4
Attento al colore. 🔺
Se devi ricostruire con cura anche le tonalità cromatiche controlla i rimbalzi di luce dallo sfondo sul soggetto ed usa un colorimetro per essere sicuro della corrispondenza dei colori riprodotti.

5
Uccidi i riflessi. ☀️
Superfici lucide + luci artificiali = riflessi.
Puoi eliminarli cambiando direzione di incidenza della fonte luminosa.

6
Non dimenticare le misure. 📐📏
Se il modello 3D deve avere valenza metrica servono le misure per scalarlo.
Prendile!
😁😉
    In questi giorni sto lavorando alla vettorializzaz In questi giorni sto lavorando alla vettorializzazione della nuvola di punti da rilievo fotogrammetrico + laser scanner che ho fatto in cava nei mesi estivi.
È un lavoro lungo che amo poco (e trovo poco utile) ed allora condivido alcuni pensieri sul tema.

Passare da una nuvola 3D ad un disegno 2D significa lasciare per strada un sacco di informazioni del dato originale.
E non sono più recuperabili (se non con difficoltà).

Serve un cambio di paradigma per lavorare, tutti, direttamente sul 3D.
I primi passi dovrebbero farli le Amministrazioni che richiedono piante, prospetti e sezioni per valutare progetti e piani.
Il secondo è dei tecnici che commissionano/ricevono i rilievi: dovrebbero ed inserire il 3D nel proprio flusso di lavoro.
All'inizio non sarà semplice, servirà tempo e qualche software "nuovo", ma dopo la strada sarà in discesa.

Un rilievo 3D costa meno se non viene richiesta la produzione di un disegno 2D.
Se l'oggetto è complesso ci possono volere molte ore per fare il lavoro.
Ore che dovranno essere pagate.

Un progetto in 3D, condiviso su schermo attraverso browser o visualizzatori semplici ed intuitivi, sarebbe molto più efficace di interpretare disegni, per quanto completi.
E si risparmierebbe carta!

Non si può generalizzare.
Quello che ho scritto non è applicabile a tutto.
Ma a tanto credo di sì.
Temo che ci voglia "un po'" di tempo.

Se vuoi condividere con me la tua opinione puoi scrivermi @paolocorradeghini ed io la ricondivido qui sul Canale, per tutti.
    Il GSD (Ground Sampling Distance) è un parametro Il GSD (Ground Sampling Distance) è un parametro molto importante nel processo fotogrammetrico.

Dipende direttamente dalla distanza "D", tra sensore e soggetto fotografato, dalla dimensione del pixel "d" ed inversamente dalla lunghezza focale, "f", dell'ottica.
GSD = (D x d) / f

Più il GSD è piccolo è più dettagli ci sono nell'immagine.
È come se stendessi a terra un lenzuolo, dove sopra c'è l'immagine stampata e che copre l'intera area fotografata e misurassi quanto vale, in campo, il lato di un pixel.

La scelta del GSD influenza l'accuratezza, il numero dei punti delle nuvole, la risoluzione del DEM e dell'ortofoto.

Spesso l'unico parametro su cui si ha il controllo "effettivo" in campo, per modificare il GSD, è la distanza di presa.

Qui ho scattato fotografie da drone ad una breve distanza (10 m) perchè era necessario riprodurre un'ortofoto di dettaglio che consentisse di identificare la posizione delle pietre della passeggiata, per rimetterle, al posto giusto, dopo averle levate per manutenzioni.

Un GSD alto non avrebbe dato sufficiente informazioni alle foto.
Uno basso sì.

Un GSD bassissimo non è però l'obiettivo da ricercare sempre.
A parità di area infatti, il numero di foto per coprirla aumenta parecchio.
    Puoi creare un DEM (Modello Digitale di Elevazione Puoi creare un DEM (Modello Digitale di Elevazione) da una nuvola di punti 3D con il software open source Cloud Compare.

Non è l'unico modo per farlo.
Si può fare anche in un software di elaborazione fotogrammetrica ("structure from motion") o in un GIS (visti i vari aggiornamenti che permettono di gestire le nuvole di punti).
Ma questo è un modo che uso spesso!

Cloud Compare ha un tool che si chiama "Rasterize".

Scegli:
la risoluzione del DEM (la lunghezza del lato di ogni pixel, quadrato, come se fosse misurata a terra);

la direzione di proiezione (è comune la "Z" ma potresti generare un DEM proiettando la nuvola su una parete verticale per vedere se ci sono rigonfiamenti, spanciamenti o altre anomalie);

che cosa fare con le celle vuote (interpolarle, riempirle con un valore specifico, lasciarle vuote, ...).

Una vola creato, lo vedi in anteprima nella finestra dello strumento.

Lo puoi esportare in formato GeoTIF (mantiene le coordinate dei punti della nuvola, anche se non è ufficialmente associato a nessun sistema di riferimento specifico EPSG).

Oppure puoi creare un nuvola di punti dove ogni nuovo punto corrisponde al centro di ogni pixel che forma il modello raster.

Così sei passato dal 3D al 2D.
O meglio, al 2.5D!
😉
    Avere a disposizione una nuvola di punti (georefer Avere a disposizione una nuvola di punti (georeferenziata e scalata) permette di creare punti, selezionandoli tra tutti quelli che la compongono e portarli in un ambiente 2D (CAD o GIS).

Ci sono alcune strade da seguire.
La scelta dipende da come è fatta la nuvola di punti e dall'output che si vuole ottenere.

In un software di gestione di nuvole di punti (Cloud Compare, Lidar360, ...) si può sottocampionare la nuvola chiedendo che in output i punti siano distanziati di un distanza regolare (1, 2, 5 m...).
Li puoi esportare in DXF e trasformarli in punti quotati.

Se il modello 3D è complesso può essere più indicato selezionare direttamente i punti da esportare "snappando" proprio sui punti della nuvola.

Cloud Compare ha l'opzione "Point List Picking" che crea una lista di punti dalla selezione.
Funziona bene, non ha limiti di numero, dopo un po' rallenta ed ogni punto ha associata un'etichetta (a volte un po' vistosa).

Trimble Business Center è molto fluido ed i punti che aggiungi sono "discreti" all'interno della nuvola generale.
Puoi lavorare direttamente al suo interno per creare etichette e customizzare l'output del file vettoriale.

In ogni caso, "battere" un migliaio di punti è questione di mezz'ore e non di giorni!
    I dati cartografici, scaricabili dai vari geoporta I dati cartografici, scaricabili dai vari geoportali regionali (o nazionali), non sono (quasi) masi super dettagliati ed a volte sono poco aggiornati.
Però si possono usare per creare un ambiente 3D in cui inserire l'output di un rilievo (fotogrammetrico o laser scanner).

In questo caso ho usato i dati Lidar (maglia 2x2m) scaricati da "Geoscopio" (portale cartografico della Toscana) per collegare tra loro due rilievi 3D di altrettante zone di cava, situate sullo stesso versante ma un po' troppo lontane da giustificare un unico rilievo.

È evidente l'assenza di colore nei punti della fascia centrale. Tuttavia l'orografia e la morfologia del versante non è cambiata nel tempo ed il dato è utile (non avrebbe avuto senso se lì ci fosse stata una cava attiva) e credo che aiuti a comprendere meglio la disposizione reciproca delle cave rilevate.

In mancanza di un dato Lidar si potrebbe usare un DEM (meglio se DTM), per creare una nuvola di punti regolare in ambiente GIS.
Con QGIS non è difficile.

Serve fare attenzione ai sistemi di riferimento del dato scaricato e del rilievo restituito.
Ed alle quote.
Se tutto torna, le nuvole di punti si sistemeranno correttamente, una rispetto all'altra, e le cose funzioneranno bene.
    Credo che ci siano almeno due strade diverse per p Credo che ci siano almeno due strade diverse per passare da un dato 3D ad uno 2D.

1.
Puoi generare un'ortofoto e ripassarne gli elementi in un CAD 2D.
È abbastanza veloce, comodo e non necessita di hardware super potente.
Ma se l'area è complessa o l'immagine non sufficientemente dettagliata, potrebbe non bastare.
Per maggiore precisione puoi lavorare sull'ortofoto confrontando in tempo reale quello che stai facendo con il modello 3D (nuvola di punti).

2.
Puoi lavorare direttamente nel 3D tramite software che ti permettono di gestire la nuvola di punti che vuoi vettorializzare.
È un po' più lungo (dipende dalla tua esperienza) ma ti permette di lavorare in un ambiente molto più versatile per fare zoom, "battere" punti virtuali e tracciare vettori.

P.S.
Opinione personale: passare da una nuvola di punti 3D ad una rappresentazione 2D "piante/prospetti/sezioni" è un po' come andare a pesca con una rete a trama grande: qualcosa rimane ma la maggior parte lo lasci in mare.

P.P.S.
Non ho ancora trovato software o algoritmi in grado di (semi)automatizzare il processo di vettorializzazione.
Non è banale ma credo che sia un territorio dove potrà esserci uno sviluppo interessante in futuro.
Per ora c'è ancora tanto da fare a mano...
    Il comando "Cloud to Cloud Distance" del software Il comando "Cloud to Cloud Distance" del software Cloud Compare calcola la distanza lineare tra i punti di due nuvole 3D.
È utile se vuoi vedere, nel tempo, le differenze di altezza in un'area di scavo o di accumulo.

È un comando semplice e lo trovi tra i menù principali.

Devi selezionare le due nuvole di punti da confrontare.
Scegli quale nuvola sarà il riferimento per il calcolo e quale quella su cui invece il calcolo verrà fatto.

Lo strumento ha varie opzioni.
Funzionano più o meno bene in relazione al tipo di nuvola di punti che stai usando.

Una volta finito il calcolo, nei punti della nuvola "mobile" vengono scritte delle informazioni scalari ("scalar field") che dettagliano i risultati del calcolo.

Nell'area di lavoro (in ambiente 3D) puoi avere una visuale d'insieme delle aree cambiate.

Se vuoi essere ancora più specifico puoi interrogare le coordinate di ogni punto, per leggere le singole distanze.

Oppure puoi creare un modello digitale di elevazione, DEM, da portare in altri software.

Infine, cosa molta utile per valutare le differenze di quota, puoi calcolare le distanze relative sui tre assi: x, y e z.
Se le nuvole di punti che confronti sono georeferenziate nel solito sistema di riferimento è tutto molto veloce!
    Un ambito dove l'aerofotogrammetria da drone è mo Un ambito dove l'aerofotogrammetria da drone è molto efficiente è quello dei rilievi di strade, per delimitarne i bordi e/o le carreggiate.

L'ortofoto che si produce nel processo structure from motion può essere ripassata in CAD, per tracciarne i limiti.
Considerando il tempo necessario alle attività di campo e quello per vettorializzare gli elementi, il tutto risulta molto vantaggioso soprattutto per superfici grandi.

Immagini elaborate con molto dettaglio (valori bassi del GSD) permettono di creare ortomosaici con un sacco di informazioni e disegnare anche altri elementi come i pozzetti, le caditoie o le saracinesche.

Anche le quote che prendi dai punti della nuvola (densa), o da un modello digitale di elevazione ad alta risoluzione, possono aiutarti per capire le pendenze.
Non riesci arrivare ad accuratezze millimetriche, ma pochi centimetri si raggiungono.
E su grandi sviluppi sei in grado di capire, ad esempio, come si muove l'acqua sulla superficie.
    Scattare fotografie per un'elaborazione fotogramme Scattare fotografie per un'elaborazione fotogrammetrica durante tutta una giornata può dare problemi tonali nelle immagini.
E si ripercuotono sui prodotti in output.

Succede perchè la temperatura della luce del sole cambia.
Con cielo sereno si percepisce molto di più che non in condizioni nuvolose.
Se poi ci sono strutture o montagne che proiettano ombre, al mattino o al tramonto, è ancora peggio!

L'ortofoto ne risente e, per quanto i software SfM riescano a miscelare il colore finale, capita che l'output non sia gradevole.

Scattare foto in RAW aiuta.
Puoi elaborare gruppi di immagini nelle solite condizioni di illuminazione e modificarne, separatamente, il bilanciamento del bianco.

Se hai solo file JPG una strada percorribile è fare un po' di editing sull'ortofoto finale.
Photoshop, e altri software della solita specie, hanno ormai strumenti potenti ed efficaci per farlo.

Ok, perdi la georeferenziazione del file TIF, ma la puoi sempre ricreare tramite un GIS, e, probabilmente, lascerai per strada un po' di saturazione, ma il risultato dovrebbe essere migliore.

La cosa ideale sarebbe comprimere la presa fotografica nel minore slot di tempo.
A volte non è possibile e tocca fare come si può per riparare le cose (dopo).
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