Ho integrato il laser scanner tra i miei strumenti ed ho iniziato un percorso nel rilievo 3D “attivo”.
In questo articolo ti dico il perché, che cosa ho scelto (e sto usando) e come mi trovo (per ora).
FOTOGRAMMETRIA: RILIEVO PASSIVO
Se hai letto altri articoli che ho scritto sai che ho lavorato tanto con le tecniche fotogrammetriche.
Sono metodi che permettono di ricostruire modelli 3D, di aree o oggetti, a partire da fotografie, prese da fotocamere (digitali), da terra o dall’alto (quado la macchina fotografica è montata su un drone).
E’ un principio “passivo”.
Ciò significa che puoi ricreare digitalmente solo cose che si vedono nelle foto.
E se qualcosa è nascosto, o non l’hai fotografato, non lo puoi riprodurre (in 3D).
Oddio, non è che lo fai tu.
Lo fanno i software.
Quando torni a casa, o in ufficio, dopo un’acquisizione fotogrammetrica, il tuo dato sono immagini digitali (spesso centinaia, a volte migliaia) e delle misure topografiche (di riferimento).
Il modello 3D deve ancora nascere.
Serve una fase di elaborazione per arrivare alla nuvola di punti.
E questo processo avviene all’interno di software ad algoritmi “structure from motion”.
LASER SCANNER: RILIEVO ATTIVO
Il laser scanner è altra cosa.
E’ un principio di misura “attivo”.
C’è un emettitore, una scatoletta con degli specchi rotanti, che lancia nello spazio dei raggi laser.
Tanti.
Questi raggi volano in linea retta fino ad incontrare qualcosa da colpire.
Quando lo trovano, rimbalzano e tornano indietro.
Se non trovano niente (perché vanno verso il cielo o perché il primo oggetto da colpire è troppo lontano per le loro forze) sono persi per sempre e non faranno più ritorno a casa (fine della storia triste).
In qualche modo (a seconda del tipo di scanner – a tempo di volo o a differenza di fase) ogni raggio conosce il suo momento di uscita e quello di rientro ed è in grado, in tempo reale, di sapere le coordinate x,y,z (rispetto all’emettitore) dei punti colpiti.
Quando mi capita di parlarne (nel podcast, in video o dal vivo) mi piace definire i raggi laser come milioni di esploratori che vanno in giro a cercare oggetti e, quando li trovano, tornano alla base a fare rapporto.
Credo che riesca a spiegare bene il concetto di misura attiva.
Ma qui non voglio spiegarti come funziona il laser scanner, il principio che c’è dietro né la tecnologia in uso.
Per quello trovi parecchie risorse, libere e disponibili, online.
Quello che vorrei condividere sono alcune considerazioni che mi hanno portato a percorre ANCHE questa strada nel mondo del rilievo.
E le scelte che ho fatto in tal senso.
Ci tengo subito a dirti che non ho assolutamente intenzione di abbandonare, o trascurare, la fotogrammetria.
Ha grandi vantaggi e permette di ottenere degli output davvero fantastici!
Molte volte un’acquisizione aerofotogrammetrica, con foto scattate da drone, permette di avere dati molto migliori di un laser scanner terrestre.
Quantomeno per copertura delle aree da rilevare.
Credo fortemente nell’integrazione tra strumenti e tecniche di misura.
Non esiste lo strumento perfetto, quello che risolve ogni problema in ogni situazione.
Ci sono diverse tecnologie, ognuna con pregi e difetti.
Ed il loro uso integrato permette di arrivare al miglior risultato in output.
E questo è proprio il primo e principale motivo per cui ho deciso di guardare a questa tecnologia: avere un’altra risorsa tecnica, nel coltellino svizzero degli strumenti, con cui affrontare un lavoro di rilievo 3D.
PERCHÈ IL LASER SCANNER
Il “trigger” che ha attivato i pensieri ed il processo operativo è stata l’opportunità che ho avuto di usare lo scanner/stazione totale Trimble SX10 (che poi è la scelta dello strumento che sto usando ora), durante un lavoro di rilievo aerofotogrammetrico di una falesia, inaccessibile, a Manarola, borgo delle 5 Terre.
Su quel lavoro ci avevo scritto un articolo che puoi leggere qui.
Lì ho toccato con mano il supporto di uno strumento attivo.
L’ho usato per fare un’acquisizione della parete che poi ho modellato con l’aerofotogrammetria.
Mi servivano dei punti buoni per fare l’elaborazione delle immagini nel software structure from motion.
E la nuvola di punti di uno scanner è buona, in senso metrico.
Quando fai un’elaborazione fotogrammetrica non è detto che i punti della nuvola siano proprio nella posizione corretta rispetto alla realtà.
Li devi aggiustare con delle misure, precise, di punti che hai rilevato in campo, per dare consistenza al modello.
In fotogrammetria si chiamano GCP – Ground Control Point.
Se non lo fai, il risultato potrebbe essere un po’ storto, deformato o non scalato correttamente.
La nuvola di punti di un laser scanner è “giusta” (lasciando da parte un attimo la georeferenziazione nei sistemi di riferimento) metricamente.
E, in alcuni, casi non è niente male.
In quel lavoro ho attinto alle informazioni del risultato della scansione per avere dati da usare nell’elaborazione fotogrammetrica e avere un buon risultato finale.
Avrei potuto fare diversamente?
Sì.
Avrei potuto usare una stazione totale e battere un po’ di punti, discreti, collimandoli con il cannocchiale e senza l’uso del prisma, per avere misure di riferimento.
E l’ho fatto parecchie volte in effetti.
Con il laser scanner è stato molto più veloce ed avevo disponibili molte più informazioni.
Questo è stato più di un anno fa (rispetto a quando sto scrivendo questo post) e serviva ancora un po’ di tempo per maturare.
Non si trattava di una necessità impellente.
Molti rilievi avrei comunque continuato a farli, abbastanza bene, anche con gli strumenti che avevo e usavo abitualmente.
C’è stato un altro lavoro, che ho raccontato qui, che mi ha fatto ripensare al laser scanner ed alla sua efficacia nell’ottica dell’integrazione operativa.
E’ stato un rilievo di una parete di roccia con una galleria annessa.
Serviva un modello 3D.
Ed ho usato le tecniche fotogrammetriche indoor e outdoor.
Ho ottenuto il risultato, ma uno scanner in galleria sarebbe stato decisamente più efficace di un’acquisizione (e successiva elaborazione) fotogrammetrica terrestre.
Ci avrei messo di meno ed avrei ottenuto un dato migliore.
Poi sono successe alcune cose, a breve distanza una dall’altra, che hanno trasformato il pensiero, l’idea e la voglia in qualcosa di più concreto: un paio di rilievi importanti (tra cui una grande cava di marmo bianco apuano con una serie di gallerie e sotterranei) ed il concretizzarsi di alcuni contatti e relazioni con i ragazzi di Spektra s.r.l. che sono dietro agli strumenti Trimble in Italia.
E, per farla breve, ho iniziato ad usare la SX10.
QUALE LASER SCANNER STO USANDO
Se vai sul sito Trimble Italia e cerchi SX10 nella categoria scanning, la trovi in una sezione a parte.
Ne puoi leggere le specifiche cercandola anche nella sezione “Stazioni Totali”.
E, di fatto, è proprio questo, una stazione totale molto avanzata.
Non posso dire di conoscerla ancora bene ma ormai è un po’ che la uso e mi fa piacere condividere delle impressioni.
Questa non è una recensione.
E questo articolo non è sponsorizzato da Trimble, anche se non posso negare che il nostro rapporto sia particolare, molto dinamico, pieno di spunti (da entrambe le parti) ed in via di definizione nel tempo.
Insomma non prendo niente per scrivere proprio queste righe e, come faccio sempre qui, condivido quello che ho provato in campo.
UN APPROCCIO TOPOGRAFICO
Non è un caso che la SX10 stia tra le stazioni totali.
La base è proprio questa: una stazione totale, robotica e motorizzata con precisione angolare 1”.
Non voglio farti un pippone sulle specifiche tecniche (quelle le trovi online facendo una ricerca su Google) ma credo che sia giusto inquadrare lo strumento.
La SX10 non è uno scanner che porti in campo, monti su un cavalletto (anche fotografico) ed è subito pronto a lavorare.
Come ogni stazione totale, devi preparare il lavoro, la devi orientare.
Mi è piaciuto molto un commento ad un mio post di LinkedIn da parte di Gabrio Rossi (CEO di Intellegere) a proposito di questo strumento.
Gabrio dice che è “didattico”: Trimble SX10 è (anche) un laser scanner molto particolare. io lo vedo come uno strumento per il rilievo e ti “obbliga” a sapere quello che stai facendo per non buttare via tempo e giga inutili. è “didattico” 😉
Ed è vero!
Se non conosci le basi della misura topografica non la puoi usare.
Puoi orientarla con un’intersezione all’indietro, fare stazione su un punto noto e misurandone un altro, puoi impostare lo “Zero” dell’Azimut…
Insomma i metodi sono quelli classici della misura celerimetrica.
Ma serve sceglierne uno (e metterla in bolla!)
Come una stazione totale puoi fare delle poligonali di inquadramento, usando il centramento forzato per la massima precisione ed avere punti solidi per fare le misure di dettaglio oppure lanciare le scansioni, misurare strati in un monitoraggio, battere punti con e senza prisma.
In realtà puoi usarla anche come scanner puro, facendo scansioni slegate fra loro e poi undendole in post elaborazioni.
Funziona ed ottieni il risultato ma credo che sfrutteresti solo una parte delle sue potenzialità.
Questo approccio decisamente topografico si porta dietro vantaggi e svantaggi.
I vantaggi principali sono legati al rigore di tutte le misure che prendi.
Se le operazioni di messa in stazione sono corrette, tutto quello che batterai beneficia dell’approccio topografico: i punti saranno orientati o georeferenziati correttamente e le misure fatte da stazioni diverse saranno già legate tra loro.
E questo non è per niente banale.
Prova a pensarci sopra.
Se hai già fatto, o fai abitualmente, laser scanning, sai che ci sono tempi di elaborazione necessari per registrare decine e decine di scansioni, in ufficio.
Non sono pochi e non è detto che i risultati siano soddisfacenti, se le nuvole di punti da registrare non hanno sufficienti zone di sovrapposizione.
Se fai scansioni da stazioni in poligonale, usando il centramento forzato, avrai dati già registrati in campo a meno degli errori nel centramento che, per sua natura e tuo interesse, devono essere ridotti al minimo (e qui ritorna l’aspetto didattico di questo strumento).
Lo svantaggio di tutto questo è abbastanza intuibile: il processo operativo è più lento di uno scanner puro.
Serve fare di più e, alla fine, i minuti extra ad ogni operazione si sommano ed il budget a fine giornata può non essere trascurabile.
Lo scanner della SX10 ha due caratteristiche molto interessanti: è preciso e la nuvola di punti è molto pulita.
Il fatto di essere legato ad una stazione totale con precisione angolare di 1” lo rende uno strumento che fa misure precise!
I raggi laser sono cecchini che colpiscono il bersaglio in modo netto (da esploratori sono passato a chiamarli cecchini) e questo significa anche avere poco (per non dire niente) rumore.
Il rumore di una nuvola lo vedi quando guardi un piano e noti punti che si discostano un po’ dalla superficie dove dovrebbero stare.
L’elaborazione fotogrammetrica, così come l’acquisizione LiDAR (laser scanner in movimento) tendono a produrne di più di un laser scanner terrestre puro.
La SX10 ne fa pochissimo e il dato che esce è praticamente già pronto per essere usato per le elaborazioni successive.
Per passare agli aspetti “negativi” c’è da dire che questo non è uno scanner veloce.
La velocità di scansione dipende dalla risoluzione (grossolana, standard, precisa, finissima) che scegli che, a sua volta, è conseguenza del numero di passate nella stessa zona.
Ci sono scanner che concludono una scansione “full dome” (in tutte le direzione attorno all’emettitore) in una manciata di minuti.
La SX10 ce ne mette 11 in modalità grossolana e si avvicina all’ora per risoluzioni massime.
Capisco che possano non essere pochi…
Però, se vuoi ottimizzare i tempi e le risorse, puoi parzializzare la finestra di scansione usando una selezione poligonale, rettangolare o una fascia orizzontale, scegliendo i punti tramite quello che inquadra la stazione.
In questo ti aiuta il comparto fotografico a bordo della barca.
La parte fotografica è uno degli aspetti più rivoluzionari di tutto il sistema.
EQUIPAGGIAMENTO FOTOGRAFICO E FOTOGRAMMETRIA INTEGRATA
Ci sono 5 fotocamere interne, a diversa risoluzione e con diversi scopi.
Beh, lo scopo di una fotocamera è quella di fare foto.
E le puoi fare per identificare a terra il punto di stazione, per fare una foto a 360° attorno allo strumento, per fare foto di dettaglio di un punto battuto o per collimare.
Una cosa he manca alla SX10 è il cannocchiale e l’oculare.
Non c’è.
All’inizio può sembrare strano, specialmente se sei abituato a lavorare con stazioni totali classiche.
Ma io me ne sono dimenticato in fretta.
Il sistema è estremamente efficiente ed alla fine la velocità operativa aumenta esponenzialmente.
Non sento la mancanza dell’oculare!
Affinchè tutto questo funzioni però ti serve un controller.
La SX10, come invece succede per tutte le altre stazioni totali, non basta da sola.
La puoi usare con due controller/Tablet Windows (decisamente avanzati) ed il software Trimble Access.
Dal controller vedi quello che inquadra il cannocchiale, governi con uno “swipe” i movimento della stazione (perché è motorizzate), prendi le misure, lanci le scansioni, fai gli orientamenti, metti in bolla, …
Insomma, fai tutto da qui.
Occhio alla luce perché lo schermo non è luminosissimo ed a volte, in pieno sole, potresti avere qualche problema a leggerlo.
Mi è capitato di usarlo in pieno sole estivo nel mezzo di una cava di marmo bianco e vederci qualcosa è stato difficilissimo.
Se, per qualche motivo, il controller ti lascia, la stazione non ha nessun tastierino o display LCD con cui continuare a lavorare.
Personalmente non mi ha mai lasciato a piedi per malfunzionamenti o altro.
E’ più probabile che le batterie si scarichino.
Ed in effetti le batterie sono un aspetto delicato e da valutare, soprattutto se devi fari lavori lunghi (senza accesso ad una rete elettrica).
La scansione richiede un po’ di batteria ed i motori (per quanto super performanti) fanno andare giù la carica molto più velocemente rispetto all’uso di una stazione totale elettro-meccanica.
Tre batterie per la SX10 sono necessarie ma ne valuterei un paio extra se prevedi maratone di campo.
Lo stesso (o quasi) vale per i controller.
Anche loro consumano parecchio.
Lo schermo LCD ha bisogno di energia, anche tenuto al minimo della luminosità.
Non c’è la possibilità di essere caricato con un power bank esterno (aspetto migliorabile) e potrebbe portarti a valutare di avere in campo almeno una batteria extra di ricambio.
Ogni punto che batti, ogni scansione che lanci ed ogni foto che scatti dalla stazione orientata, te li ritrovi all’interno del lavoro che puoi esplorare dentro il software Trimble Business Center (TBC).
Le fotografie sono solidali al modello 3D.
Nella nuvola di punti ti ritrovi i punti che hai battuto singolarmente.
Ci sono le foto panoramiche, che si spalmano sul modello e permettono la colorazione della nuvola di punti, e quelle fatte dalla fotocamera principale, più performante che raggiunge un grado di dettaglio nettamente superiore, e ti aiuta a creare, in ufficio, punti che non hai rilevato in campo.
Qui entriamo nel mondo TBC.
Lo sto scoprendo pian piano.
E’ vasto e complesso ma ho compreso che se padroneggiato bene permette di aumentare l’efficienza del lavoro di parecchio.
Io sono ancora nella fase “apprendista scarso ed inesperto” ma aspiro a raggiungere il livello “jedi”!
🙂
Torno sulla SX10.
Essendo una stazione totale robotica e motorizzata ti dà la possibilità di lavorare in autonomia anche nella misura celerimetrica.
Monti un prisma 360° sulla palina e puoi andare in giro a battere punti da solo.
Una volta che la stazione ha agganciato il prisma, lo segue.
Se lo perde può ricercarlo con un tracking automatico.
Puoi portarti con te il tablet/controller e lanciare le misure dal punto di stazione.
Entro un centinaio di metri la WiFi creata dalla SX10 è sufficientemente potente da mantenere il collegamento con il controller (molto dipende anche da dove ti trovi e dagli eventuali disturbi elettromagnetici che hai intorno).
Se non ce la fa puoi commutare il collegamento sulla radio (già installata sulla SX10) per una portata maggiore (con i limiti del collegamento radio).
Un’altra cosa che ho apprezzato è la sua trasportabilità.
La SX10 non è un macigno ma non pesa neppure poco.
Arriva con una valigia che ha l’opzione di essere trasportata in spalla come uno zaino.
Per uno che lavora spesso su frane o in posti poco accessibili è un aspetto rilevante, anche se non cruciale!
Spero di non essermi dimenticato informazioni o caratteristiche importanti dello scanner che sto usando in questo momento.
Eventualmente integro l’articolo nel tempo, anche dopo la sua pubblicazione.
Chiudo, come mi capita sempre più spesso, con alcune considerazioni telegrafiche.
1.
Penso che il laser scanning possa aprire strade interessanti ed ambiti applicativi fino ad ora inesplorati, relativamente al mio lavoro ed ai miei settori di attività.
2.
Credo che integrare tecnologie e strumenti di misura diversi sia la chiave per risolvere in maniera efficace i problemi e le sfide che si presentano sul lavoro (e questo è il motivo principale per cui ho scelto di sposare anche questa tecnologia).
3.
Sono convinto che il rilievo topografico vada sempre di più nella direzione della “reality capture” attraverso tecniche che acquisiscono dati e ricreano oggetti 3D.
Il BIM, i software e gli hardware saranno un importante supporto ed aiuto.
Il tecnico topografo dovrebbe avvicinarsi senza paura a questi metodi, rimanendo saldamente legato alla pratica ed al rigore topografico ma sposando il nuovo.
4.
Un laser scanner non costa poco.
Se penso ad un investimento economico che fa chi si avvicina alla fotogrammetria non fatico molta fatica a raggiungere 10.000 Euro.
Ci sono gli strumenti (droni o fotocamere digitali) con gli accessori (batterie, ottiche, target, ….) ed i software (so che molti usano versioni “ufficiose” di programmi Structure from Motion e questa spesa non la sostengono; non vado avanti perché ho un’idea molto precisa su questo argomento ma non voglio essere polemico), se poi usi un drone ci sono anche altre spese legate al mezzo (corsi, attestati, assicurazione, …).
Ecco, l’investimento per un laser scanner è 4/5 volte di più.
Tuttavia ci sono soluzioni di noleggio molto interessanti, sia a caldo (con operatore) che a freddo (se sai già usare la macchina), che ti permettono di iniziare a capire lo strumento, sfruttarne le potenzialità in un lavoro ed investire un budget molto minore.
Non mi è capitato di leggere o sentire di formule di noleggio (soprattutto a freddo) di droni per fotogrammetria.
5.
Fare un rilievo laser scanner non è solo portare lo strumento in campo ed avviare la scansione.
Se è vero per tutti i tipi di laser scanner lo è ancora di più per la SX10.
Serve capirne la filosofia ed il principio di funzionamento.
E fare un po’ di pratica per raggiungere i risultati migliori.
Se in campo fai tutto per bene i dati sono davvero ottimi ed il lavoro in ufficio si riduce parecchio!
6.
Trovo che la SX10 sia uno scanner/stazione totale che può dare il meglio di sé in situazioni di strutture, fronti rocciose, edifici, elementi di medie/grandi dimensioni presi da distante (la sua portata arriva a 600 metri).
Mi trovo benissimo ad usarla in contesti naturali, nelle cave di marmo apuano, nel rilievo di tralicci e strutture reticolari.
Se prevedi di fare scansioni di interni per le quali devi essere veloce perché ne farai tante, e saranno tutte, o quasi, scansioni a 360° (full dome), non credo che sia la scelta migliore.
Non perché non ce la faccia.
La SX10 ha una distanza minima al di sotto della quale non lavora di qualche decina di centimetri.
E’ che ci mette tanto ed esistono in commercio altri scanner molto più performanti.
7.
Per ora sono molto contento di questa scelta e della strada che sto percorrendo.
Il momento storico in cui ho preso questa decisione è molto particolare ed anche complicato (post Covid-19) ma spero di poterti raccontare sempre più storie di rilievi integrati dove ho potuto usare le tecniche attive di laser scanning.
A presto!
Paolo Corradeghini
RINGRAZIAMENTI
Devo ringraziare tantissimo Marco Pellegrino, per il costante confronto tecnico, operativo e la sua enorme disponibilità, Matteo Lapini, per aver deciso di iniziare insieme un bel percorso che spero possa essere lungo, intenso e stimolante per tutti, Luca Gusella, per avere sempre una risposta alle mie domande tecniche, sia hardware che software e Matteo Riva, per aver risolto in pochi secondi un inghippo in campo nelle primissime fasi di questo percorso.
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