In questo articolo ti racconto di un rilievo fotogrammetrico “integrato” in cui ho usato un drone per fare fotografie in aria ed una macchina fotografica per riprendere gli interni di una galleria, da terra.
Ho elaborato i due dataset e li ho uniti in un unico modello 3D.
L’INTEGRAZIONE VINCE (SEMPRE)
Credo tanto nell’integrazione tra strumenti, nel rilievo (ma potrei dire che integrare è vincente in tanti altri ambiti, più o meno tecnici).
Dove non arriva uno, ci riesce l’altro.
Se il GPS non può battere un punto, ci pensa la stazione totale.
Quando il laser scanner trova molte zone d’ombra, ecco l’aerofotogrammetria da drone.
E si potrebbe andare avanti ancora…
In questo lavoro ho integrato due diverse acquisizioni fotogrammetriche, per ricostruire il modello 3D di una falesia rocciosa, al di sotto di un percorso pedonale, e di una piccola galleria a cui si collega.
E poi ho preso misure topografiche, sia con stazione totale che con un ricevitore GNSS.
MONTEROSSO E LE CINQUE TERRE
L’area del rilievo è a Monterosso, l’ultima delle Cinque Terre (per noi, spezzini, è l’ultima perché le contiamo andando verso Genova)
E’ la più grande e la più “accessibile”.
Il territorio è un po’ meno selvaggio rispetto alle altre quattro, circola qualche auto in più e c’è una spiaggia “grande” (per quanto possano essere grandi le spiagge dell’aspro levante ligure!).
Ma le falesie di roccia non mancano.
E con esse i dissesti.
Se ci aggiungi il fatto che queste zone sono frequentatissime, tutto l’anno, è facile capire come un dissesto idrogeologico possa causare parecchi problemi.
(Il rilievo è stato fatto a Febbraio 2020, poche settimana prima del lockdown invernale per pandemia di Covid-19, ma confido che le Cinque Terre torneranno ad essere, di nuovo, molto frequentate).
UNA PARETE DI ROCCIA ED UNA GALLERIA
L’oggetto del rilievo è stata una piccola parete di roccia, sul mare.
E’ fatta come un anfiteatro.
Sostiene (o meglio, c’è stato realizzato sopra) un tratto di un sentiero pedonale che unisce le due parti del paese di Monterosso.
Ed in corrispondenza del suo centro c’è un piccolo varco ed una galleria, corta ed angusta, che si collega ad una retrostante, più grande e carrabile.
Le zone al piede della roccia sono piuttosto frequentate e spesso ospitano spettacoli e piccole rappresentazioni (o almeno era così nel Pre-Covid).
La parete è in gran parte fasciata da rete di placcaggio.
L’ambiente costiero però, per quanto bello, è estremamente aggressivo sulle parti metalliche.
Pezzi di rete più vecchia (non zincata) sono rovinati e praticamente inservibili.
La struttura in cemento armato del percorso pedonale, sopra la falesia, ha avuto un po’ di problemi di degrado.
Alcuni ferri sono esposti ed il calcestruzzo ha bisogno di “un aiuto”.
Ed infine c’è l’intenzione del Comune di Monterosso di aprire il transito pedonale nella piccola galleria, ad oggi chiusa, che è totalmente priva di protezione dalla caduta massi.
Ed ecco il motivo di un rilievo.
Serviva per progettare gli interventi di sistemazione in galleria e tutte le manutenzioni sulle reti esterne.
NON HO USATO UN LASER SCANNER
L’area era facilmente accessibile con un’auto.
La sua forma e la presenza del sentiero sommitale permettevano movimenti comodi e con la strumentazione al seguito.
La vegetazione era scarsa.
Le dimensioni non erano eccessive.
Tutto il contesto era indicatissimo per un rilievo laser scanner.
Soprattutto l’interno della galleria!
Ma non l’ho fatto!
Nel momento del rilievo non disponevo di un laser scanner (come ora) ed il budget di commessa non ne permetteva il noleggio.
Ho fatto con quello che avevo a disposizione: fotocamere, droni e strumenti topografici.
UN RILIEVO FOTOGRAMMETRICO INTEGRATO
Se per tutta la parte esterna del sito un rilievo aerofotogrammetrico da drone (o meglio, l’acquisizione fotografica con un APR e l’elaborazione in software structure from motion) non presenta particolari problemi, restituire un modello 3D della galleria non è così immediato.
Ma non è nemmeno impossibile, o sconveniente.
Una presa fotografica ad hoc permetterebbe di acquisire un dataset di immagini abbastanza robusto da essere trattato per ottenere una nuvola di punti, consistente.
Di sicuro non potrei volare in nessun modo dentro la galleria.
Lo spazio è davvero poco!
Ed allora ho usato una macchina fotografica terrestre per fotografarne gli interni.
Il tutto è associato a misure topografiche di parecchi target in giro per il sito.
Ora ti racconto che cosa ho fatto, in campo ed in elaborazione, fermandomi sugli aspetti più rilevanti del lavoro.
TARGET, OVUNQUE!
In un’elaborazione structure from motion è necessario riconoscere nelle foto un po’ di punti ben visibili, di cui sai le coordinate.
Sono i target, elementi ad alto contrasto e dal centro molto evidente, che vanno distribuiti uniformemente sulla superfice ed in elevazione.
Servono per orientare il modello che si costruisce nell’elaborazione software, scalandolo, correggendone deformazioni e georeferenziandolo.
Le foto scattate da drone sono collegate al suo GPS di bordo, che associa un geotag ad ogni immagine.
Non basta per avere un’accuratezza topografica, ma è comunque qualcosa.
Un po’ aiuta…
Le immagini prese da camera terrestre invece non hanno nessuna informazione di posizione e non si può in nessun modo prescindere dai punti di appogggio!
Anche la distribuzione dei target è rilevante.
E qui lo è in particolarmente.
L’estensione planimetrica è paragonabile a quella altimetrica.
Mettere i punti solo su un piano (ad esempio quello in basso, il più facile posto al livello del mare) vincolerebbe il modello solo lì, lasciando potenzialmente spazio per distorsioni (non lineari) in alto.
Mettere dei punti anche sopra bloccherebbe invece i movimenti della nuvola di punti in costruzione, irrobustendola.
Ecco quindi qualche foto di come li ho disposti e che cosa usato.
All’esterno ho messo in terra target in PVC morbido (70×70 cm), gialli e neri, con motivo triangolare e rossi e neri con disegni quadrati.
Li ho messi in basso, in alto ed un paio anche nel pavimento della galleria.
Oltre a questi ho usato dei pannelli in forex (20×30 cm) con disegni di motivi triangolari gialli e neri.
Li ho distribuiti sulle parti verticali esterne, sia in basso (attaccati alle reti paramassi) che in alto (nella parte esterna del parapetto in pietra del sentiero).
In più ne ho messi un bel po’ sulle pareti della galleria.
Qui ho bisogno di un bel po’ di consistenza delle misure topografiche di riferimento ed ho abbondato!
MISURE
Visto che ti ho detto come li ho disposti, ti dico subito come ho misurato le coordinate dei target.
L’area del rilievo vede molto bene l’orizzonte a Sud Ovest, mentre rimane coperta a Nord Est.
Per la misura GNSS è ok, visto che i “satelliti sono a Sud”.
Ma le pareti della falesia non permettono una misura sicura dei punti che sono a ridosso dele parti verticali.
Il Multipath è un rischio che si corre nella misura GNSS di questi casi.
Il segnale del satellite riflette sulle superfici verticali prima di arrivare al ricevitore e sporca il dato introducendo errori di precisione.
Per evitarlo ho rilevato le coordinate dei target disposti in terra, ma solo quelli lontani dalla parete, con un antenna GNSS in modalità nRTK.
Tutti gli altri punti li ho battuti con una stazione totale.
Prima di collimare e rilevare l’ho orientata sulle coordinate note dei punti battuti con il GNSS e da lì ho lanciato tutte le altre misure.
In questo modo, misure GPS e dati da celerimetria sono coerenti tra loro e tutti già nello stesso sistema di riferimento.
Per i punti a terra ho usato un prisma, montato sulla palina, per i target verticali ho collimato direttamente il centro del bersaglio, facendo la misura senza prisma.
Le distanze non sono spinte (meno di 50 m) e la precisione strumentale è in linea con gli output richiesti.
La stessa cosa l’ho fatta per la galleria, dove il GPS capitola rovinosamente.
Ho fatto stazione all’imbocco e collimato tutti i punti (target) che ho messo all’interno.
FOTOGRAFIE
Le foto contengono tutte le informazioni che diventeranno nuvola di punti.
E quindi vanno fatte nel miglior modo possibile.
Esposizione corretta e tutto “a fuoco”.
Per l’esterno ho usato un drone.
Ho fatto foto con inclinazione nadirale, frontale (rispetto alla falesia) ed inclinate di 45° per creare un dataset “ponte” tra le due acquisizioni.
Tutto ok.
Era piuttosto regolare.
L’ho già fatto altre volte non ci sono stati problemi.
Per l’interno invece ho usato un fotocamera montata su cavalletto.
Ho fotografato la galleria muovendomi dal fondo verso l’uscita e fotografando con le spalle alla luce.
Se avessi fatto il contrario sarei stato sempre in pieno controluce, con grossi problemi di esposizione.
Arretravo per sezioni, distanti, una dall’altra di un paio di metri.
Per ogni sezione ho fatto un punto di scatto sul fianco sinistro, uno al centro ed uno sul fianco destro.
Ed infine, per ogni punti di scatto, ho fatto una seri di foto a coprire la maggior parte della superficie delle pareti, del “pavimento” e del “soffitto”, senza mai andare in controluce e sovrapposte, una con l’altra di una bella percentuale (circa il 70%).
Ho giudicato la sovrapposizione (e quindi ho deciso le inquadrature) guardando nella preview (liveview) del display sul retro della camera.
Forse si capisce di più se ti faccio vedere la posizione dei punti di presa del software di elaborazione structure from motion.
La luce in galleria è poca.
E questa galleria non era illuminata.
Quella che entrava dall’apertura era sufficiente per lo scopo (ottenere buone foto da processare) a patto di fotografare nell’orario giusto della giornata.
A Febbraio le ore di luce non sono molto, ma tra le 12 e le 14 il sole dava un buon contributo all’interno.
Prima e dopo, la forma ad anfiteatro del sito lo nasconde, riducendo terribilmente la quantità di luce in galleria.
Vale sempre la pena pianificare l’orario di scatto fotografico in un rilievo fotogrammetrico perché la differenza in un giorno può essere davvero tanta!
(Anche l’acquisizione fotografica da drone ha beneficiato delle ore centrali, evitando ombre lunghe e pesanti).
Il cavalletto serve per avere immagini a fuoco.
In queste condizioni di presa è importante avere una grande profondità di campo.
Il diaframma va chiuso, almeno ad f/8, ma io ho usato f/11.
La luce che passa è poca e se vuoi tenere gli ISO ragionevolmente bassi (tra 100 e 400), per evitare sporco nelle ombre, i tempi di scatto sono lenti.
Un cavalletto ed un cavo di scatto remoto (o, in alternativa, l’autoscatto) sono necessari!
Non c’è molto altro da dire sulle attività di campo.
Se ti interessano i numeri, aggiungo che:
- In campo c’era 1 persona (io);
- ho lavorato circa 7 ore;
- ho fatto 2 stazioni, con la stazione totale (in modalità stazione libera);
- ho rilevato le coordinate di 39 target (tra misure GNSS e celerimetriche);
- ho scattato 385 foto da drone, volando in 3 missioni di volo manuale;
- e 177 foto in galleria;
- ho guidato 45 minuti per 51 km, ho mangiato 2 panini, ho bevuto 2 bottiglie d’acqua ed ho preso 1 caffè (ma forse quest’ultimo punti non è molto rilevante!).
ELABORAZIONE DEI DATI
Se è vero che puoi elaborare fotografie, della stessa fotocamera, fatte con inclinazioni diverse (nadirali e oblique) all’interno del solito progetto di elaborazione fotogrammetrica, quando si tratta di “mescolare” sensori diversi le cose cambiano.
Le foto aeree sono prese dalla camera del drone DJI Phantom 4 Pro.
Ha un sensore da 1”, lunghezza focale (reale) 8mm e risoluzione 20 MegaPixel.
Quelle terrestri, in galleria, le ho fatte con una Sony Alfa 7 II, sensore full frame, ottica con focale 24 mm e risoluzione 24 MegaPixel.
Anche se le risoluzioni sono uguali le differenze di sensori e focali fanno sì che i due set di immagini siano mooooolto diversi (tecnicamente) tra loro.
Trattarli insieme è come usare due ingredienti molto diversi per fare una torta (mi sa che mi sono spinto in terreni scivosi).
Insomma, il risultato è probabilmente scarso.
In questi casi è meglio trattare i dati separatamente.
Ho fatto quindi due modelli diversi, con le foto dei due dataset.
Usando il software Agisoft Metashape Pro ho la possibilità di creare delle scatole (i chunk) nello stesso progetto.
In uno ho messo le foto da drone ed inserito le misure dei target esterni.
Nell’altro ci ho messo quelle in galleria con le relative misure.
Ho fatto gli allineamenti, li ho ottimizzati, ho creato le nuvole dense e poi le ho allineate ed unite in un unico oggetto 3D, inclusivo dell’indoor e dell’outdoor.
Affinchè questa procedura funzioni devi preoccuparti di avere zone di abbondante sovrapposizione, fotografate sia in un dataset che nell’altro.
Ed inoltre, ogni dataset deve essere dotato dei suoi target (e quindi anche delle sue misure) per poter essere “sistemato” metricamente.
Se mancano questi due requisiti il rischio è quello di non riuscire ad unire i due modelli e/o di averne uno che non è coerente con le dimensioni, la forma e l’orientamento reale di quello che hai fotografato.
Non è complicato.
Se stai attento in campo hai dei buoni per fare modelli altrettanto buoni da unire.
Magari, prima di farlo in un lavoro puoi fare qualche test ed un po’ di pratica per contro tuo.
I casi che si prestano sono parecchi.
IL MODELLO FINITO E LA FINE DI QUESTO ARTICOLO
Alla fine di tutto ho consegnato un unico modello 3D, comprensivo di parte esterna e della galleria.
Non ho fatto disegni.
Niente planimetrie, prospetti o sezioni.
Il mio cliente è stato proprio “smart” e dalla nuvola di punti è riuscito ad estrarre tutte informazioni per lo studio ed il progetto, in modo efficace ed indipendente.
Fossero tutti così!
Spero che diventi la normalità, per tutti!
Come faccio spesso (almeno ultimamente) chiudo con alcune considerazioni.
Questa volta sotto forma di domande e risposte.
L’aerofotogrammetria da drone è stata la scelta più efficace per la modellazione delle aree esterne?
NI
Se la sarebbe giocata con il laser scanner.
Per me è stata efficace, perché ho un po’ di esperienza in acquisizioni per ricostruzioni di questo tipo e non ho fatto fatica a volare (in manuale) per avere le foto “giuste”.
Per altri forse sarebbe stato meno efficace.
La fotogrammetria terrestre è stata le scelta più efficace per ricostruire l’interno della galleria?
NO
Qui un laser scanner, magari veloce, avrebbe permesso un acquisizione molto più robusta (nella copertura di tutte le superfici della galleria) e soprattutto più veloce (mettendo a budget anche il tempo di elaborazione richiesto dalla fotogrammetria).
Ed allora perché non l’hai usato?
Perché non ne avevo disponibilità e non avevo budget per noleggiarlo.
Ho fatto con quello che avevo e sapevo usare…
☺
Un rilievo di questo tipo puoi farlo in autonomia?
SI.
Io sono stato solo in campo.
Non ti nego che un paio di braccia in più sono sempre di aiuto, soprattutto nella preparazione del rilievo (posizionare i target) e nelle misure con la stazione totale ed il prisma.
Non ho usato una stazione robotica-motorizzata (non avevo neppure quella a quei tempi) e mi sono arrangiato con palina e tripode per sostenerla.
In generale ci metti più tempo, il contapassi sale veloce, ma porti a casa il lavoro e fai del movimento (che ci sta sempre bene).
Hai consegnato quello che ti è stato richiesto?
SI.
E questa è la cosa più importante.
Ho fatto il lavoro rispondendo alle richieste del mio committente.
Ogni incarico ha un prezzo che è legato alle risorse messe in campo (tempo, uomini, strumenti) ed alla tua esperienza.
Magari non hai a disposizione il top di gamma degli strumenti, ma non per questo un lavoro non si può fare.
Credo che ogni professionista debba essere in grado di valutare, oggettivamente, la fattibilità di un incarico con le sue risorse le disponibilità del committente.
Un po’ di preparazione, studio e programmazione di permettono di arrivare al risultato atteso anche se la strada che hai fatto è diversa da quella che avrebbe fatto un altro.
A presto!
Paolo Corradeghini
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complimenti nel 3d si leggono bene anche le maglie della rete