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UN RILIEVO AEROFOTOGRAMMETRICO INIZIANDO DALLA SCALA DI RAPPRESENTAZIONE

11 Novembre 2018
Immagine ripresa da aereo durante un volo aerofotogrammetrico

La scala di rappresentazione di un disegno è il fattore che determina i parametri della progettazione di un rilievo aerofotogrammetrico.
In questo articolo ti parlo di scala del fotogramma, scala del disegno, GSD e di come si sceglie l’altezza di volo in un rilievo aerofotogrammetrico a partire dalla scala di rappresentazione finale.

La fotogrammetria ti permette di ricostruire forma, dimensione e posizione di un oggetto, o di una parte di territorio, partendo dalle sue fotografie.
L’aerofotogrammetria usa foto scattate dall’alto.
Prima si faceva con aerei e fotocamere costosissime, che scattavano foto nadirali.
Oggi si fa tanta aerofotogrammetria con i droni.
Si manda in aria una macchina fotografica digitale che scatta sia fotografie nadirali ma anche inclinate (se si tratta di droni multicotteri).

I principi della fotogrammetria classica e quelli della fotogrammetria moderna sono gli stessi.
Le equazioni di base idem: sono le equzioni di collinearità.
E vale la regola che maggiore è il dettaglio delle fotografie e minore è la dimensione degli elementi fotografati che possono essere ricostruiti e restituiti alla fine di un rilievo.

Non è difficile capire che se devi restituire una carta di un’area vasta centinaia di ettari, in scala 1:5.000, non ha molto senso scattare foto da un drone che vola a 10 metri da terra .
O meglio, lo puoi fare, ma ti ritroveresti con un oceano di foto, dettagliatissime, che devi archiviare ed elaborare.
Ed il tuo risultato sarebbe decisamente “troppo” per gli scopi del tuo rilievo.
E per quanto ti stanno pagando!

Se invece devi produrre una planimetria in scala 1:200 di un parcheggio, disegnando marciapiedi, caditoie e sottoservizi, spazi di sosta e aree di manovra ed un sacco di altri dettagli, sarà molto difficile riuscirci volando a 500 m dal suolo (ok, facciamo finata che non esista il regolamento ENAC sulle operazioni con i droni :P).
Se lo fai non avrai fotogrammi sufficientemente dettagliati per restituire correttamente il rilievo.

Conoscere il grado di dettaglio di quello che devi restituire è importante per scegliere, con criterio, i parametri di progetto di un rilievo aerofotogrammetrico: fotocamera e sensore, obiettivo e altezza di volo, tutto contenuto dentro il GSD (Ground Sampling Distance).

LA SCALA DEL FOTOGRAMMA

Partiamo da qui.
Dalla scala del fotogramma.
O della fotografia.

La chiamiamo Nf.

Immagine che rappresenta la presa fotogrammetrica aerea da cui si determina la scala del fotogramma

È definita così:

1/Nf = l/L

dove l è la misura di un lato del sensore fotografico e L è la misura corrispondente presa a terra.
L si chiama anche abbracciamento del fotogramma.

L dipende dalla distanza di presa del fotogramma D, che in aerofotogrammetria nadirale diventa l’altezza di volo del drone H, e dall’angolo di campo dell’ottica che monti sulla tua fotocamera, FOV (Field Of VIew), valore che dipende direttamente dalla lunghezza focale dell’obiettivo.

Ecco un esempio.
Il sensore di un DJI Phantom 4 Pro ha il lato lungo che misura 13.2 mm e quello corto 8.8 mm.
Utilizza un’ottica che ha una lunghezza focale di 8.8 mm (24 mm nel formato equivalente al 35mm).
Se scatti a 50 metri da terra l’impronta della fotografia misura 75 x 50 m. Non è complicato calcolarla.
La scala del fotogramma  la trovi facendo: 13.2 / (75 x 1000) = 0.000176 da cui deriva un valore di Nf di 1/0.000176 = 5680.
La scala del fotogramma è di circa 1:5700.

Considera, ora e per semplicità, solo fotografie nadirali.
Ossia quelle immagini scattate con asse ottico uscente dall’obiettivo della camera verticale e diretto verso il basso.

Non è possibile garantire che tutti i punti del sensore fotografico abbiano la stessa distanza dai corrispondenti punti a terra.
Questo succede per via dell’inclinazione del piano del sensore e per i possibili dislivelli del terreno fotografato.
È più corretto parlare di scala media del fotogramma.

D’ora in avanti, per scala del fotogramma intendo quella media.

UN’ALTRA FORMULA PER LA SCALA DEL FOTOGRAMMA

Immagine che rappresenta la presa fotogrammetrica aerea da cui si determina la scala del fotogramma in un caso planimetrico

Se guardi l’immagine qui sopra puoi riconoscere facilmente due trinagoli.
Uno sopra piccolo e l’altro sotto più grande.
Sono due triangoli simili.
Dalla loro similitudine puoi scrivere l’uguaglianza dei rapporti:

l/L = p/H

l e L li hai già conosciuti prima.
p è la distanza principale che coincide con la lunghezza focale dell’obiettivo fotografico.
H è l’altezza di volo del drone da terra, la distanza di presa del fotogramma.

Visto che

l/L = 1/Nf

allora

1/Nf = p/H

Puoi verificare che il drone che vola a 50 m di altezza e scatta fotografie con un obiettivo che ha una distanza focale di 8.8 mm fornisce sempre il solito valore della scala del fotogramma Nf.

1/Nf = 8.8 / (50 * 1000) = 0.000176.

È lo stesso numero trovato prima, a cui corrisponde un Nf di circa 5700

LA SCALA DEL FOTOGRAMMA E IL GSD

Le formule che ti ho fatto vedere qui sopra derivano dalla fotogrammetria classica e dai principi geometrici delle fotocamere e delle immagini.

La fotogrammetria digitale ha introdotto però l’elemento PIXEL.
Un bel jolly, ma anche un elemento da considerare nei calcoli e nei progetti fotogrammetrici.

C’è una bella differenza nello scattare foto a 50 m di altezza da terra, con un’ottica che ha una distanza focale (equivalente al formato 35mm) di 24 mm, ma farlo:

  1. con una fotocamera di uno smartphone;
  2. con una fotocamera con sensore da 1″ a 20 Mpixel;
  3. con una reflex full frame da 40 Mpixel;
  4. con una camera di medio formato e da 100 Mpixel.

I dettagli registrati sono davvero diversi!
E diversi sono i risultati dell’elaborazione fotogrammetrica corrispondente.

In fotogrammetria digitale si deve considerare il famoso GSD – Ground Sampling Distance.

Il GSD corrisponde alla risoluzione di un’immagine a terra.
Ti dice quanto è grande un suo pixel misurato a terra, nella scena reale.

Ci avevo scritto alcuni articoli che trovi qui e qui.
Non mi dilungo e ti dico solo cose legate a questo specifico articolo.

Calcoli il GSD così:

GSD = (H x d) / p

H è la distanza tra fotocamera e terreno (in aerofotogrammeria nadirale è sempre l’altezza di volo);
d è la dimensione del lato di un pixel (che ha forma quadrata) del sensore fotografico (dipende dalla dimensione del sensore e dalla sua risoluzione);
p
è la lunghezza focale dell’ottica (la distanza principale).

Prendi questa formula che ti ho scritto prima: 1/Nf = p/H

Ribaltala: Nf = H/p

Sostituisci Nf nella formula del GSD ed ottieni: GSD = Nf x d 

Da cui: Nf = GSD/d

In questo modo puoi legare la scala del fotogramma alle caratteristiche del sensore fotografico, alla distanza di scatto ed all’obiettivo fotografico.

Torniamo al solito esempio di prima.
Il Phantom 4 Pro che scatta foto da 50 m dal suolo ti dà un GSD di 13.7 mm/pixel.
La dimensione di un pixel del sensore, d, è di 0.0024 mm/pixel.
Ne viene che Nf = 13.7 / 0.0024 = 5708.

Ok, ci siamo!

DALLA SCALA DI RAPPRESENTAZIONE ALLA SCALA DEL FOTOGRAMMA

“Ok, fino a qui ci sono. Ma non ho ancora capito come faccio a scegliere il GSD giusto se devo restituire una planimetria in scala 1:2.000″.

La scala di rappresentazione, o scala del disegno, è quella che comanda.
La chiamiamo Nd.

Si parte da qui per progettare l’acquisizione fotogrammetrica ed i suoi parametri.
Ci sono delle formule empiriche che ti aiutano.
Non sono rigorose.
Vedile piuttosto come una guida.
Sta un po’ anche a te, se fai fotogrammetria, verificarle e validarle sulla base della tua esperienza, dei tuoi strumenti e dei tuoi risultati.

Sono formule che nascono con la fotogrammetria classia e considera che la si faceva volando a centinaia e centinaia di piedi da terra, scattando foto che avevano un grande abbracciamento e dettagli limitati.
Con i droni e le tecniche moderne si fa prevalentemente (anche se non è sempre così) fotogrammetria di prossimità.
Si vola vicino, si scattano foto di maggior dettaglio e le immagini sono tutte digitali.
Le formule che ti dico vanno prese quindi con le dovute cautele.

La relazione che, personalmente, ho trovato più consistente, nei miei lavori, è questa:

Nf = k x (RadiceQuadrata di Nd)

Dove k è un coefficiente a cui la fotogrammetria classica attribuisce questi range:

  • 200-300 per scale di rappresentazioni 1:Nd inferiori a 1:5.000;
  • 150 – 200 per scale di rappresentazioni 1:Nd maggiori di 1:2.000.

Non credo che si debbano prendere i valori di k a scatola chiusa.
Meglio farci quache test e qualche riflessione.

Io ho trovato un valido supporto nel valore 200.
Credo che fissare k = 200 possa essere un buon punto di partenza per calcolare la scala del fotogramma a partire da quella di rappresentazione.

Vediamo come fare.
E usiamo sempre l’esempio del fidato Phantom 4 Pro.

Ti chiedono la restituzione di una planimetria in scala 1:1.000.
Nd = 1.000.
Usa la formula della radice quadrata, con k=200 per trovare Nf.
Nf = 200 x (RadQ di 1.000).
Nf = 6.324
Sapendo che la dimensione di un pixel del sensore della camera del Phantom 4 Pro è di 0.0024 mm/pixel, calcola il valore del GSD usando la formula: Nf = GSD/d.
GSD = Nf x d
= 6324 x 0.0024 = 15 mm/pixel
Per ottenere un GSD di 15 mm/pixel, usando una fotocamera con sensore da 1″, 20 Mpixel e lunghezza focale 8.8 mm, devi volare a 55 m dal suolo.
H = 55 m AGL (Above Ground Level).

Forse ti ho un po’ bombardato di formule e numeri.
Ma tutto sommato non sono complesse.
È geometria piuttosto semplice.

Non prendere queste indicazioni come dogmi assoluti della fotogrammetria.
Condivido, come sempre, con te quello che ho riscontrato ed imparato sul campo.
Se hai articoli, risorse ed altre fonti da segnalermi su questo argomento te ne sarei davvero grato.
Se li vuoi condividere nei commenti qui sotto ne possono beneficiare tutti quelli che leggeranno questo post.

Il concetto importsante che mi preme trasmetterti è che un rilievo topografico, sia fotogrammetrico, che laser scanner, ma anche celerimetrico o satellitare, deve essere programmato e progettato, sempre, a partire dai risultati che vuoi ottenere e dalle richieste del tuo cliente.
Se non segui questa strada rischi di non produrre dati sufficientemente buoni oppure di dedicare troppe risorse per restituire un lavoro con un dettaglio inutile per gli scopi per i quali ti è stato commissionato.

 

Al di là di questo pippone finale, spero comunque di averti dato delle informazioni utili.
Se hai domande o se non ti torna qualcosa di quello che ho scritto, contattami nei modi che preferisci.
Anche, e soprattutto, per segnalarmi eventuali errori!

 

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Ti ringrazio anche per questa volta per il tuo tempo e per la tua attenzione!

A presto!

 

Paolo Corradeghini

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RILIEVI

Paolo Corradeghini

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2 Comments


Alessandro Battino
20 December 2018 at 17:59
Reply

Ciao Paolo,

Ti scrivo queste due righe giusto per confrontarsi

Io per valutare l’idoneità del grado di dettaglio di una restituzione cartografica (ortofoto) in funzione della scala di rappresentazione ho sempre proceduto in questo modo: considerando la risoluzione convenzionale dell’occhio umano (400 DpI che corrispondono a una dimensione pixel di 25400/400 = 63.5 µm) deriva che il GSD max deve essere 63.5 µm * n (e con n indico la scala di rappresentazione).

Ad esempio alla scala 1:1000 ottengo un GSD max di 63.5 µm * 1000 = 63500 µm = 6.3 cm

Quindi mi tengo cautelativo…ma al 1000 sotto i 5 cm non scendo perchè su un ortofoto stampata in ogni caso quel dettaglio non lo vedrei.

Che ne pensi?

Un caro saluto

Alessandro



    Paolo Corradeghini
    6 January 2019 at 17:50
    Reply

    Ciao Alessandro!
    Grazie per il tuo commento che è molto specfico e dettagliato.
    Davvero approfondito.

    Io mi baso (un po’ brutalmente) sull’errore di graficismo (0.2mm sul foglio del disegno) tabellato in letteratura cartografia.
    Per una scala 1:1.000 è difficile distinguere elementi che sono più vicini di 20cm.

    Ciao e a presto!
    Paolo

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    Non è detto che quello che ti serva sia un'ortofo Non è detto che quello che ti serva sia un'ortofoto di una facciata.
Potresti correggere la distorsione prospettica con software di fotoritocco e "raddrizzare" l'immagine (per i tuoi scopi).

Il punto di presa e la forma dell'oggetto fotografato deformano la rappresentazione secondo una vista prospettica.
Linee parallele nella realtà (muri verticali) sono convergenti nello spazio immagine.

Tutti i principali software di photoediting hanno strumenti di correzione della prospettiva.
Ci sono nel famoso Photoshop, nell'open source Gimp e nel "nuovo" ed economico Affinity Photo.

Funzionano più o meno nel solito modo.
Intervieni sulle immagini alterando i pixel e, aiutato da una griglia virtuale, allinei gli elementi dell'immagine alla maglia.
È veloce e non richiede hardware super.

La posizione reciproca tra punto di presa ed oggetto fa molto.
Così come la forma di quello che hai fotografato è rilevante.

È diverso dal fare un'ortomosaico.
Così come è diverso dall'usare, in campo, un obiettivo basculante e decentrabile ("tilt/shift") per le foto.
Ma è piuttosto pratico e può funzionare ugualmente.

Dopo tutto il raddrizzamento delle foto del costruito è una tecnica che gli architetti usano da parecchio tempo.
😉
    Se non puoi fare a meno di parcheggiare la tua aut Se non puoi fare a meno di parcheggiare la tua auto al di fuori dell'area del rilievo, vale la pena fare attenzione a dove la posteggerai.
Non è uno scherzo!
:)

La fotogrammetria è una tecnica passiva e gli algoritmi Structure from Motion riescono a ricostruire solo quello che si vede nelle immagini.
Un'automobile è un elemento di disturbo, neppure troppo piccola.
Può nascondere informazioni importanti o potrebbe essere difficile da togliere dalla nuvola di punti.

Parcheggiarla in un'area pianeggiante, su una superficie omogenea è una buona idea.
I motivi sono (almeno) due.

Il primo è che puoi facilmente ritoccare le fotografie dove è presente in modo da rimuoverla.
Software di fotoritocco hanno strumenti molto efficienti!
Può richiedere un po' di tempo (dipende dal numero di foto) ma il risultato è generalmente buono.
Qui sotto vedi un "prima" ed un "dopo" fotoritocco.

ll secondo motivo è che, se non ritocchi le foto, l'auto sarà un elemento isolato nella nuvola di punti che "emerge" dal terreno.
Questo ti permette di trattarla velocemente ed efficaciemente per rimuoverla, tenendo solo i punti del terreno.

Se la parcheggi a ridosso del piede di una parete di roccia non sarà immediato fare le cose che ho scritto qui sopra.
    Droni e missioni di volo automatiche - Attenzione Droni e missioni di volo automatiche - Attenzione ai modelli di elevazione a larga scala

Non prendere "a scatola chiusa" e senza controllare i modelli digitali di elevazione che si usano per la pianificazione automatica delle missioni di volo per droni.
Possono esserci differenze importanti (talvolta enormi) con la realtà.

Una missione di volo per aerofotogrammetria andrebbe eseguita mantenendo il più possibile costante la distanza "drone-terreno".
Se lavori lungo pendii o terreni inclinati è possibile farlo usando software di mission planning che caricano al loro interno dei modelli di elevazione a cui si riferiscono per impostare l'altezza del drone in volo.

A meno di usare modelli ad hoc, che hai fatto tu e su cui sei confidente, i modelli di riferimento sono a larga scala e non riescono a definire bene le caratteristiche locali.
Spesso non sono aggiornati.

Nella prima foto vedi uno screenshot di Google Earth Pro (in cui ho attivato l'opzione "Terreno 3D") per un'area di cava in cui dovevo fare un rilievo con APR.
Sembrerebbe un pendio acclive, ma regolare.

La seconda invece è una foto presa in volo, che mostra come sono realmente le cose.
Lo sperone di roccia stacca dal pendio circa 50-60 metri.
Un piano di volo automatico non lo avrebbe considerato...
    Se ricevi una nuvola di punti di un alveo e devi f Se ricevi una nuvola di punti di un alveo e devi fare una modellazione idraulica, puoi estrarre le sezioni che ti servono in totale autonomia.
Mi piace dire spesso che "la nuvola di punti crea (in)dipendenza".

Hai a disposizione dati densi (punti molto vicini) e continui, da cui tirare fuori quello che ti serve, secondo le tue necessità e sensibilità.
È mooolto diverso rispetto ad avere un numero finito di sezioni, fatte di punti discreti, battuti con strumenti terrestri.

Con gli strumenti di interrogazione delle nuvole che mette a disposizione Potree (codice open source per condividere nuvole di punti tramite browser) si possono fare sezioni.
Se la fai abbastanza sottili puoi esportare un file CSV delle coordinate dei punti della sezione.
Oltre all'indicazione della terna x,y,z,per ogni punto hai anche la progressiva ("mileage").
Estraendo solo la progressiva e la quota hai i dati per creare una sezione 2D.

Ci puoi fare una polilinea in CAD, o puoi importare le coordinate in HEC-RAS (software di modellazione idraulica) ed avere immediatamente una sezioni su cui far girare il modello.

Se vedi che manca qualcosa, puoi tornare sul modello 3D ed estrarre una nuova sezione, immediatamente.
In modo indipendente.
    Gli algoritmi di estrazione automatiche delle cara Gli algoritmi di estrazione automatiche delle caratteristiche di una nuvola di punti riescono ad estrarre i punti del terreno da tutto il resto.
Ma non sono infallibili.

Molto lo fa il tipo di nuvola trattata (fotogrammetrica, laser scanner o lidar).
E tanto fa anche l'elemento modellato (una facciata verticale, un versante mediamente pendente vegetato o un parcheggio piatto e vuoto).

Può capitare che vengano classificati come terreno dei punti che, con il terreno, non ci azzeccano niente.

Si possono ritoccare manualmente, editando la nuvola localmente, per raffinare la classificazione, oppure si può provare ad usare qualche filtro di pulizia automatica del rumore.

Uno che funziona bene è l'SOR (Statistical Outlier Removal) e lo trovi nella maggior parte dei software di editing (Lidar360 e Cloud Compare ce l'hanno).

La classificazione dei punti del terreno produce una nuvola piuttosto "rada" (rispetto all'originale) dove gli "outliers" si vedono bene e sono facilmente identificabili.

Attenzione alle zone di bordo.
Lì potrebbero andare via anche i punti "buoni" che, non avendo nessun dato da una parte, vengono identificati come sporco.

Da qui dovresti avere un dato più pulito per continuare la classificazione precisa.
    Si parla tanto del famigerato "Bonus 110%". Non en Si parla tanto del famigerato "Bonus 110%".
Non entro nel merito della materia urbanistica né di quella economica, perchè non le conosco.
Faccio alcune considerazioni sui rilievi.

Progettare una riqualificazione energetica ha spesso bisogno di un rilievo che supporti le scelte per fare il "salto energetico": nuovo cappotto termico, manutenzione del tetto, pannelli fotovoltaici, infissi...

In un condominio grande, un rilievo 3D dà informazioni utili e misurabili, in modo molto efficace e veloce.

Integrare il laser scanner con la (aero)fotogrammetria da drone permette di avere un modello completo, anche delle parti invisibili da terra.

Il rilievo dello stato attuale è anche utile per sanare abusi o difformità che rischiano di vanificare tutto l'iter...

Mi sento di consigliarti professionisti che conoscano bene il mondo dei rilievi con output 3D, la topografia ed i principi della misura.
E, per fortuna, ce ne sono tanti!

Scegli qualcuno che si prenda la responsabilità del dato restituito (firmandoti un documento tecnico).
Sembra poca cosa (non lo è) ma se le cose non vanno bene, può fare la differenza.

Questa manovra sta scuotendo un po' anche il mondo dei rilievi applicati all'edilizia.
Ed è una buona cosa!
👍🏻😉
    RILIEVI E STRUMENTI - LE BATTERIE NON FINISCONO MA RILIEVI E STRUMENTI - LE BATTERIE NON FINISCONO MAI!

Condivido alcuni pensieri sulle batterie, necessarie a far funzionare tutto quanto.

Faccio una lista delle batterie/dispositivi che ho caricato, sto caricando e dovrò ancora caricare (non per vanto ma per gli scopi del post):
- drone principale e radiocomando;
- drone di backup e radiocomando;
- stazione totale e laser scanner (per fortuna sono integrati) + controller;
- GNSS 1 e controller;
- GNSS 2 e controller;
- fotocamera digitale;
- fotocamera 360°;
- tablet per sorvolo con drone;
- battery pack per eventuali bisogni in campo;
- walkie talkie.

Sono davvero tante!

E da qui faccio tre considerazioni.

1.
Prima di partire per un rilievo in campo, prenditi il tempo necessario per ricaricare tutte le batterie.
Potrebbe non essere poco.

2.
Se prevedi di alloggiare fuori per più giorni, attrezzati per ricaricare tutto in modo efficiente.
Portati prese multiple e "ciabatte".
Spesso le prese negli hotel non sono tante...
Se sei all'estero, ricordati gli adattatori!

3.
Se viaggi in aereo informati bene sulle batteria che trasporti e su dove possono stare in volo (le batterie LiPo dei droni non possono viaggiare in stiva)

4.
Fanne buona manutenzione...
    È importante fare i conti con il trasporto della È importante fare i conti con il trasporto della strumentazione in campo o un rilievo potrebbe trasformarsi in un incubo.

Quello che dovresti considerare è la logistica generale:
- che tipo di rilievo si deve fare;
- quali strumenti usare e da portare in campo;
- treppiedi, aste, paline, target ed altri accessori;
- come si arriva in campo (accesso carrabile);
- se si deve camminare un po' (e, aggiungo, su quale superficie e con eventuali dislivelli).

Potresti essere tentato di "portare tutto, che non si sa mai", ma se poi il tutto lo devi trasportare a mano può essere un problema (e, a volte, neppure piccolo).

La portabilità di uno strumento topografico incide poco sul suo prezzo, ma molto sulla praticità.
Se la custodia rigida di una stazione totale ha l'opzione di essere trasportata come uno zaino ti libera completamente le mani che puoi usare per altre cose.
Non è leggera ma la schiena è forte!
:)

E se ti servono più cose di quelle che riesci a trasportare allora ti serve anche un aiuto in campo.

Tutte questi aspetti li puoi valutare e decidere dopo un sopralluogo.
È il modo migliore per rendersi conto di come sono davvero le cose e di che cosa ti servirà in campo.
Oltre che capire meglio il lavoro da fare!
    Le tecniche "structure from motion" ricostruiscono Le tecniche "structure from motion" ricostruiscono modelli 3D, anche molto dettagliati, di oggetti a partire da immagini

Condivido alcune considerazioni sul tema!

1
(Se puoi) muovi l'oggetto, non la camera.
Metti la macchina fotografica su supporto stabile e ruota l'oggetto su se stesso.
Ci sono "piatti rotanti" economici e funzionali.
Non vale con tutto, ma se puoi fallo...
📷

2
Mettiti in una situazione di luce controllata e riempi le ombre. 💡
Le luci da studio (continue o flash) sono ideali perchè annullano le intromissioni di altre fonti.
Usarne più di una (o, in alternativa, dei pannelli riflettenti) riempie le ombre.

3
Usa un "green screen" o uno sfondo da cui l'oggetto "stacchi". 
In fase di elaborazione userai delle maschere, lo schermo verde permette uno scontorno veloce.

4
Attento al colore. 🔺
Se devi ricostruire con cura anche le tonalità cromatiche controlla i rimbalzi di luce dallo sfondo sul soggetto ed usa un colorimetro per essere sicuro della corrispondenza dei colori riprodotti.

5
Uccidi i riflessi. ☀️
Superfici lucide + luci artificiali = riflessi.
Puoi eliminarli cambiando direzione di incidenza della fonte luminosa.

6
Non dimenticare le misure. 📐📏
Se il modello 3D deve avere valenza metrica servono le misure per scalarlo.
Prendile!
😁😉
    In questi giorni sto lavorando alla vettorializzaz In questi giorni sto lavorando alla vettorializzazione della nuvola di punti da rilievo fotogrammetrico + laser scanner che ho fatto in cava nei mesi estivi.
È un lavoro lungo che amo poco (e trovo poco utile) ed allora condivido alcuni pensieri sul tema.

Passare da una nuvola 3D ad un disegno 2D significa lasciare per strada un sacco di informazioni del dato originale.
E non sono più recuperabili (se non con difficoltà).

Serve un cambio di paradigma per lavorare, tutti, direttamente sul 3D.
I primi passi dovrebbero farli le Amministrazioni che richiedono piante, prospetti e sezioni per valutare progetti e piani.
Il secondo è dei tecnici che commissionano/ricevono i rilievi: dovrebbero ed inserire il 3D nel proprio flusso di lavoro.
All'inizio non sarà semplice, servirà tempo e qualche software "nuovo", ma dopo la strada sarà in discesa.

Un rilievo 3D costa meno se non viene richiesta la produzione di un disegno 2D.
Se l'oggetto è complesso ci possono volere molte ore per fare il lavoro.
Ore che dovranno essere pagate.

Un progetto in 3D, condiviso su schermo attraverso browser o visualizzatori semplici ed intuitivi, sarebbe molto più efficace di interpretare disegni, per quanto completi.
E si risparmierebbe carta!

Non si può generalizzare.
Quello che ho scritto non è applicabile a tutto.
Ma a tanto credo di sì.
Temo che ci voglia "un po'" di tempo.

Se vuoi condividere con me la tua opinione puoi scrivermi @paolocorradeghini ed io la ricondivido qui sul Canale, per tutti.
    Il GSD (Ground Sampling Distance) è un parametro Il GSD (Ground Sampling Distance) è un parametro molto importante nel processo fotogrammetrico.

Dipende direttamente dalla distanza "D", tra sensore e soggetto fotografato, dalla dimensione del pixel "d" ed inversamente dalla lunghezza focale, "f", dell'ottica.
GSD = (D x d) / f

Più il GSD è piccolo è più dettagli ci sono nell'immagine.
È come se stendessi a terra un lenzuolo, dove sopra c'è l'immagine stampata e che copre l'intera area fotografata e misurassi quanto vale, in campo, il lato di un pixel.

La scelta del GSD influenza l'accuratezza, il numero dei punti delle nuvole, la risoluzione del DEM e dell'ortofoto.

Spesso l'unico parametro su cui si ha il controllo "effettivo" in campo, per modificare il GSD, è la distanza di presa.

Qui ho scattato fotografie da drone ad una breve distanza (10 m) perchè era necessario riprodurre un'ortofoto di dettaglio che consentisse di identificare la posizione delle pietre della passeggiata, per rimetterle, al posto giusto, dopo averle levate per manutenzioni.

Un GSD alto non avrebbe dato sufficiente informazioni alle foto.
Uno basso sì.

Un GSD bassissimo non è però l'obiettivo da ricercare sempre.
A parità di area infatti, il numero di foto per coprirla aumenta parecchio.
    Puoi creare un DEM (Modello Digitale di Elevazione Puoi creare un DEM (Modello Digitale di Elevazione) da una nuvola di punti 3D con il software open source Cloud Compare.

Non è l'unico modo per farlo.
Si può fare anche in un software di elaborazione fotogrammetrica ("structure from motion") o in un GIS (visti i vari aggiornamenti che permettono di gestire le nuvole di punti).
Ma questo è un modo che uso spesso!

Cloud Compare ha un tool che si chiama "Rasterize".

Scegli:
la risoluzione del DEM (la lunghezza del lato di ogni pixel, quadrato, come se fosse misurata a terra);

la direzione di proiezione (è comune la "Z" ma potresti generare un DEM proiettando la nuvola su una parete verticale per vedere se ci sono rigonfiamenti, spanciamenti o altre anomalie);

che cosa fare con le celle vuote (interpolarle, riempirle con un valore specifico, lasciarle vuote, ...).

Una vola creato, lo vedi in anteprima nella finestra dello strumento.

Lo puoi esportare in formato GeoTIF (mantiene le coordinate dei punti della nuvola, anche se non è ufficialmente associato a nessun sistema di riferimento specifico EPSG).

Oppure puoi creare un nuvola di punti dove ogni nuovo punto corrisponde al centro di ogni pixel che forma il modello raster.

Così sei passato dal 3D al 2D.
O meglio, al 2.5D!
😉
    Avere a disposizione una nuvola di punti (georefer Avere a disposizione una nuvola di punti (georeferenziata e scalata) permette di creare punti, selezionandoli tra tutti quelli che la compongono e portarli in un ambiente 2D (CAD o GIS).

Ci sono alcune strade da seguire.
La scelta dipende da come è fatta la nuvola di punti e dall'output che si vuole ottenere.

In un software di gestione di nuvole di punti (Cloud Compare, Lidar360, ...) si può sottocampionare la nuvola chiedendo che in output i punti siano distanziati di un distanza regolare (1, 2, 5 m...).
Li puoi esportare in DXF e trasformarli in punti quotati.

Se il modello 3D è complesso può essere più indicato selezionare direttamente i punti da esportare "snappando" proprio sui punti della nuvola.

Cloud Compare ha l'opzione "Point List Picking" che crea una lista di punti dalla selezione.
Funziona bene, non ha limiti di numero, dopo un po' rallenta ed ogni punto ha associata un'etichetta (a volte un po' vistosa).

Trimble Business Center è molto fluido ed i punti che aggiungi sono "discreti" all'interno della nuvola generale.
Puoi lavorare direttamente al suo interno per creare etichette e customizzare l'output del file vettoriale.

In ogni caso, "battere" un migliaio di punti è questione di mezz'ore e non di giorni!
    I dati cartografici, scaricabili dai vari geoporta I dati cartografici, scaricabili dai vari geoportali regionali (o nazionali), non sono (quasi) masi super dettagliati ed a volte sono poco aggiornati.
Però si possono usare per creare un ambiente 3D in cui inserire l'output di un rilievo (fotogrammetrico o laser scanner).

In questo caso ho usato i dati Lidar (maglia 2x2m) scaricati da "Geoscopio" (portale cartografico della Toscana) per collegare tra loro due rilievi 3D di altrettante zone di cava, situate sullo stesso versante ma un po' troppo lontane da giustificare un unico rilievo.

È evidente l'assenza di colore nei punti della fascia centrale. Tuttavia l'orografia e la morfologia del versante non è cambiata nel tempo ed il dato è utile (non avrebbe avuto senso se lì ci fosse stata una cava attiva) e credo che aiuti a comprendere meglio la disposizione reciproca delle cave rilevate.

In mancanza di un dato Lidar si potrebbe usare un DEM (meglio se DTM), per creare una nuvola di punti regolare in ambiente GIS.
Con QGIS non è difficile.

Serve fare attenzione ai sistemi di riferimento del dato scaricato e del rilievo restituito.
Ed alle quote.
Se tutto torna, le nuvole di punti si sistemeranno correttamente, una rispetto all'altra, e le cose funzioneranno bene.
    Credo che ci siano almeno due strade diverse per p Credo che ci siano almeno due strade diverse per passare da un dato 3D ad uno 2D.

1.
Puoi generare un'ortofoto e ripassarne gli elementi in un CAD 2D.
È abbastanza veloce, comodo e non necessita di hardware super potente.
Ma se l'area è complessa o l'immagine non sufficientemente dettagliata, potrebbe non bastare.
Per maggiore precisione puoi lavorare sull'ortofoto confrontando in tempo reale quello che stai facendo con il modello 3D (nuvola di punti).

2.
Puoi lavorare direttamente nel 3D tramite software che ti permettono di gestire la nuvola di punti che vuoi vettorializzare.
È un po' più lungo (dipende dalla tua esperienza) ma ti permette di lavorare in un ambiente molto più versatile per fare zoom, "battere" punti virtuali e tracciare vettori.

P.S.
Opinione personale: passare da una nuvola di punti 3D ad una rappresentazione 2D "piante/prospetti/sezioni" è un po' come andare a pesca con una rete a trama grande: qualcosa rimane ma la maggior parte lo lasci in mare.

P.P.S.
Non ho ancora trovato software o algoritmi in grado di (semi)automatizzare il processo di vettorializzazione.
Non è banale ma credo che sia un territorio dove potrà esserci uno sviluppo interessante in futuro.
Per ora c'è ancora tanto da fare a mano...
    Il comando "Cloud to Cloud Distance" del software Il comando "Cloud to Cloud Distance" del software Cloud Compare calcola la distanza lineare tra i punti di due nuvole 3D.
È utile se vuoi vedere, nel tempo, le differenze di altezza in un'area di scavo o di accumulo.

È un comando semplice e lo trovi tra i menù principali.

Devi selezionare le due nuvole di punti da confrontare.
Scegli quale nuvola sarà il riferimento per il calcolo e quale quella su cui invece il calcolo verrà fatto.

Lo strumento ha varie opzioni.
Funzionano più o meno bene in relazione al tipo di nuvola di punti che stai usando.

Una volta finito il calcolo, nei punti della nuvola "mobile" vengono scritte delle informazioni scalari ("scalar field") che dettagliano i risultati del calcolo.

Nell'area di lavoro (in ambiente 3D) puoi avere una visuale d'insieme delle aree cambiate.

Se vuoi essere ancora più specifico puoi interrogare le coordinate di ogni punto, per leggere le singole distanze.

Oppure puoi creare un modello digitale di elevazione, DEM, da portare in altri software.

Infine, cosa molta utile per valutare le differenze di quota, puoi calcolare le distanze relative sui tre assi: x, y e z.
Se le nuvole di punti che confronti sono georeferenziate nel solito sistema di riferimento è tutto molto veloce!
    Un ambito dove l'aerofotogrammetria da drone è mo Un ambito dove l'aerofotogrammetria da drone è molto efficiente è quello dei rilievi di strade, per delimitarne i bordi e/o le carreggiate.

L'ortofoto che si produce nel processo structure from motion può essere ripassata in CAD, per tracciarne i limiti.
Considerando il tempo necessario alle attività di campo e quello per vettorializzare gli elementi, il tutto risulta molto vantaggioso soprattutto per superfici grandi.

Immagini elaborate con molto dettaglio (valori bassi del GSD) permettono di creare ortomosaici con un sacco di informazioni e disegnare anche altri elementi come i pozzetti, le caditoie o le saracinesche.

Anche le quote che prendi dai punti della nuvola (densa), o da un modello digitale di elevazione ad alta risoluzione, possono aiutarti per capire le pendenze.
Non riesci arrivare ad accuratezze millimetriche, ma pochi centimetri si raggiungono.
E su grandi sviluppi sei in grado di capire, ad esempio, come si muove l'acqua sulla superficie.
    Scattare fotografie per un'elaborazione fotogramme Scattare fotografie per un'elaborazione fotogrammetrica durante tutta una giornata può dare problemi tonali nelle immagini.
E si ripercuotono sui prodotti in output.

Succede perchè la temperatura della luce del sole cambia.
Con cielo sereno si percepisce molto di più che non in condizioni nuvolose.
Se poi ci sono strutture o montagne che proiettano ombre, al mattino o al tramonto, è ancora peggio!

L'ortofoto ne risente e, per quanto i software SfM riescano a miscelare il colore finale, capita che l'output non sia gradevole.

Scattare foto in RAW aiuta.
Puoi elaborare gruppi di immagini nelle solite condizioni di illuminazione e modificarne, separatamente, il bilanciamento del bianco.

Se hai solo file JPG una strada percorribile è fare un po' di editing sull'ortofoto finale.
Photoshop, e altri software della solita specie, hanno ormai strumenti potenti ed efficaci per farlo.

Ok, perdi la georeferenziazione del file TIF, ma la puoi sempre ricreare tramite un GIS, e, probabilmente, lascerai per strada un po' di saturazione, ma il risultato dovrebbe essere migliore.

La cosa ideale sarebbe comprimere la presa fotografica nel minore slot di tempo.
A volte non è possibile e tocca fare come si può per riparare le cose (dopo).
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