In questo articolo ti parlo del fotoritocco digitale delle immagini fotografiche per la fotogrammetria, ti dico perchè scatto fotografie in formato raw e di come le “tratto” per ottimizzarne l’elaborazione software e creare un buon modello tridimensionale.
La fotogrammetria nasce alla fine del 1800 ed è una tecnica che permette di determinare forma, dimensione e posizione di un elemento a partire dalle sue fotografie.
L’elemento (il terreno, un fabbricato o un oggetto) deve essere fotografato in almeno due immagini, prese da due punti di vista diversi.
Questo vale sia per la fotogrammetria classica, fatta con camere metriche e fotogrammi stampati su carta, che per la fotogrammetria moderna (non convenzionale) fatta con fotocamere e file digitali.
E tutto questo vale sia per la fotogrammetria terrestre che per l’aerofotogrammetria, che oggi si fa in gran parte con gli APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto), con i droni.
Anche se non si può fare fotogrammetria solo con le fotografie (servono anche le misure!), tutto parte dalle immagini ed è da qui che si prendono le informazioni da elaborare per ricostruire le informazioni digitali di quello che si rileva.
Scattare immagini di qualità è il primo passo per un buon rilievo fotogrammetrico.
Fotografie sfuocate, sovraesposte o sottoesposte complicano il lavoro dei software che le devono elaborare.
E per elaborazione intendo tutte le procedure di Structure from Motion che portano alla creazione di un modello tridimensionale di quello che avete fotografato, o rilevato.
Se vuoi approfondire questa parte ti rimando alla rubrica che sta conducendo Paolo Rossi (del laboratorio di Geomatica della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia), nelle pagine di questo blog, sull’uso del software Agisoft Photoscan in fotogrammetria. Trovi la prima puntata della serie a questo link.
Ma c’è un altro aspetto importante, a volte sottovalutato (o anche dimenticato), che riguarda le fotografie di un rilievo.
Se ne tieni conto e ci lavori sopra puoi migliorarne l’elaborazione del modello tridimensionale.
Non è fondamentale come una corretta messa a fuoco o esposizione, ma dà il suo contributo per la buona restituzione di un lavoro.
Sto parlando della fotoritocco digitale delle immagini fotografiche per la fotogrammetria, dopo lo scatto e prima dell’elaborazione.
IO SCATTO IN RAW
Prima di trattare nei dettagli il processo di editing, post-produzione o ritocco fotografico digitale, devi sapere che (quasi) tutto quello che ti dirò vale per i file di immagini digitali in formato raw.
Sai che ci sono diversi tipi di file delle immagini digitali: raw, jpg, tif, png, psd, gif…
I più famosi in fotografia sono: raw, jpg e tif.
I più usati in fotogrammetria sono il raw e il jpg.
In funzione della marca della fotocamera che usi potresti trovare, al posto dell’estensione .raw, una cosa come .dng, .nef, .crw, .orf…
Non preoccuparti, sono formati proprietari, che ricadono tutti nella tipologia di file grezzi (la traduzione di raw dall’inglese all’italiano è proprio: crudo, grezzo).
Tutte le macchine fotografiche digitali scattano fotografie in formato jpg e molte le possono scattare anche in formato raw.
Il file raw è un’immagine che non subisce nessuna elaborazione da parte del processore della fotocamera digitale e può essere modificato, ancora, dopo lo scatto.
Se scatti una foto in formato in jpg, la macchina fotografica fa delle scelte per te, sulla base del suo cervello, e ti dà in output un file già un po’ modificato.
Lo potrai cambiare, ma non con la facilità e le possibilità a disposizione della stessa scena registrata in raw.
RAW e JPG
Pensa al rapporto tra raw e jpg come a quello che c’era tra negativo e foto stampata, in fotografia analogica.
Quanto portavi a sviluppare un rullino dal fotografo, insieme alle foto ti dava anche i negativi, quelle strisce che custodivano le esposizioni.
Dai negativi potevi fare copie delle stampe, o ingrandimenti, o modifiche stilitstiche della foto (anche se questo lo sa solo chi si sviluppava da solo le proprie fotografie) e tutto senza perdere qualità.
Quando facevo fotografia analogica, custodivo i negativi come il Sacro Graal!
Senza il negativo, invece, avevi solo la possibilità di fare una scansione ed una successiva stampa, ma questo causava un deterioramento dell’immagine (nei vari passaggi) e l’impossibilità di ottenere una foto più grande senza perdita di risoluzione.
In fotografia digitale sostituisci pellicola con sensore.
I dati catturati sono memorizzati in bit.
La macchina fotografica fa una prima traduzione della scena in bit, mescolando insieme, come in un pentolone, le informazioni cromatiche (RGB – rosso, verde, blu) e di luminosità (luminanza).
Se salvi in jpg (ma vale anche per il tif) avviene un secondo passaggio in cui i dati sono fissati, scartandone alcuni e scegliendone altri, per ottenere l’immagine giusta secondo il cervello della macchina fotografica, che si basa sulla lettura di nitidezza, bilanciamento del bianco, saturazione, …
Il file jpg viene poi anche immediatamente compresso (con un algoritmo di compressione che si chiama lossy) per avere un peso, in Megabyte, abbastanza piccolo, ma a scapito della perdita di informazioni (lossy deriva da loss che inglese vuol dire perdita).
Quando invece si scatta scegliendo di memorizzare i file grezzi (raw) ci si ferma subito dopo la conversione analogico-digitale.
La camera memorizza tutti i dati che il sensore ha catturato e ne salva i bit in un file, molto più pesante del jpg.
A questo punto però non hai ancora un’immagine, anche se nel display ne vediamo una preview, e prima di poterla vedere correttamente va sviluppata in camera chiara.
La camera oscura era quella dove si sviluppavano i negativi analogici, che si bruciavano se prendevano luce, e la camera chiara è il software in cui si sviluppano i negativi digitali e dove puoi lavorare con le luci accese!
Con questi strumenti puoi cambiare tanti parametri di un file raw senza modificare mai veramente l’immagine.
Al termine dell’elaborazione si esporta il file in formato jpg o tif, per la stampa o per essere elaborato (come succede per l’elaborazione Structure from Motion), ma il file grezzo originale rimane sempre disponibile per altre elaborazioni, viraggi di colore, tagli, ingradimenti, modifiche stilistiche ecc…
Ultima informazione tecnica: la profondità di bit di un file raw varia da 12 a 14, mentre per i jpg è solo 8.
Questo è un dato importante (ma che vale forse di più per l’aspetto creativo-tecnico della fotografia in sé) che definisce quanti bit sono usati per creare un colore e quante saranno le sue sfumature.
Più bit = più sfumature di colore.
Quindi, se vuoi gestire l’intera gamma dinamica della fotocamera, è meglio sfruttare questo formato.
SVANTAGGI DI UN FILE RAW
Ma non ci sono solo vantaggi a scattare in raw!
Qualche inconveniente lo puoi trovare anche se, a mio avviso, la bilancia della convenienza pende sempre a favore dello scatto in raw vs scatto in jpg.
Un file raw è molto più pesante, in termini di Megabyte dell’analogo jpg.
Se scatti in raw ridurrai la quantità di foto immagazzinabili in una scheda di memoria oltre che la velocità di memorizzazione al momento dello scatto.
In pratica significa che dovrai avere schede di memoria di riserva e se fai un rilievo aereo cond drone devi limitare l’intervallo di scatto tra una foto e l’altra per dare il tempo alla scheda di memoria di registrare tutte le immagini.
In quanto grezzi, i file raw necessitano di una post produzione con qualche programma di fotoritocco.
C’è un anello in più nella catena del processo fotogrammetrico e di trattamento dei dati registrati sul campo: il software.
Io utilizzo il software della Adobe che si chiama Lightroom.
Non è l’unico né il migliore software che “sviluppa i file raw“, ce ne sono altri (Apple Aperture, Phase One Capture One, …), ma lo uso da tantissimi anni, ha un’interfaccia intuitiva e semplice e mi ci trovo molto bene.
Puoi acquistare una licenza di Adobe Lightroom e del più famoso Adobe Photoshop con 10€/mese, direttamente nello store di Adobe.
IL RAW NON FA MAGIE
Concludo questa parte sul file raw con un breve avvertimento: “scattare in raw non rimedia una foto sbagliata“.
Anche se il raw ha tutti i vantaggi che ti ho scritto prima e ti permette un bel po’ di libertà in post elaborazione, non puoi sperare di tirare fuori da un’immagine informazioni dove non ci sono.
Se scatti una foto decisamente sovraesposta, ci saranno dei pixel totalmente bianchi da cui non riuscirai a prendere le informazioni di quello che è stato fotografato.
La stessa cosa vale per i pixel neri di una zona in ombra in una foto troppo sottoesposta.
E, ancora, lavorare sul raw non ti permette di rendere nitida un’immagine sfocata.
Stai attento quindi ai parametri di scatto in una fotografia (tempi di scatto, apertura del diaframma, ISO) perchè il raw ti aiuta ma non è il Mago Merlino!
🙂
TRATTARE LE FOTOGRAFIE PER LA FOTOGRAMMETRIA
Dopo averti parlato del file raw ti faccio vedere i passaggi che seguo per il fotoritocco digitale delle immagini fotografiche per la fotogrammetria, prima dell’elaborazione all’interno del software Structure from Motion.
Ho scelto un’immagine scattata dalla fotocamera del mio drone, un DJI Phantom 4 Pro, (questo è un link di affiliazione di Amazon) durante un rilievo aerofotogrammetrico e che presenta alcune zone di ombra, altre in luce ed aree ricche di dettagli.
La foto è stata scattata a circa 70 m di altezza dal suolo con camera in presa nadirale (asse ottico diretto verticalmente verso il basso).
I parametri di scatto che governano l’esposizione sono: tempo di scatto 1/320 sec, apertura del diaframma f/5.6, ISO 100.
La scena è illuminata da luce solare diretta delle 13:00 di un giorno di metà Aprile.
Questa è l’immagine originale, senza alcuna regolazione:
Ora ti faccio vedere tutti i passaggi, con i relativi risultati, che faccio per arrivare alla foto finita, pronta per essere esportata.
ESPOSIZIONE, BILANCIAMENTO DEL BIANCO, LUCI E OMBRE
Il primo gruppo di azioni riguardano i valori di luminanza dell’immagine e la correzione delle dominanti di colore.
BILANCIAMENTO DEL BIANCO
Il cervello della macchina fotografica non funziona bene come il nostro, che si adatta ai cambi di luce e di scena molto rapidamente.
Una fotocamera non sa che tipo di luce colpisce una scena (luce del sole a mezzogiorno, luce del sole filtrata dalle nuvole, luce di una lampada) e può rappresentare in maniere sbagliata le tonalità di colore di una fotografia (ciascuna fonte luminosa ha una sua temperatura della luce).
Non entro nella trattazione del bilanciamento del bianco (White Balance) altrimenti questo articolo rischia di diventare davvero lungo, ma ti basti sapere che tramite lo strumento di selezione del bianco si dice al software qual è un elemento dell’immagine che ha tonalità neutra (bianca o grigia) e sulla base di quello lui adatta tutte le tonalità di tutti gli altri elementi ripresi.
In questa foto ho detto a Lightroom di prendere come riferimento per i toni il grigio della strada asfaltata che vedi in alto a destra nell’immagine.
Il risultato è un’immagine dai toni più caldi:
ESPOSIZIONE
Se la tua foto è sottoesposta o sovraesposta puoi intervenire ora per regolarla.
Questa immagine non ha avuto bisogno di questo aggiustamento, ma nel caso di necessità si può lavorare prendendo come riferimento l’istogramma dell’immagine che ti dice come sono distribuite le informazioni di luminosità in tutti i pixel della foto (registrate da tutti i pixel del sensore).
In genere (ma questo non è sempre vero) per una scena uniformemente illuminata, la curva dell’istogramma dovrebbe avere una gobba, un accumulo di informazioni, al centro, mentre per immagini sovraesposte o sottoesposte la curva si sposta, rispettivamente, a destra o a sinistra dell’area del grafico.
Tutti i programmi di ritocco dei file raw ti mostrano l’istogramma e puoi lavorare sull’esposizione per bilanciarlo.
CONTRASTO
Aumentare il contrasto aiuta a dare corpo all’immagine.
Io aumento sempre un pochino il contrasto, ma senza esagerare (qui ho dato +15).
Questa è l’immagine contrastata:
LUCI, OMBRE, BIANCHI E NERI
Questa è, secondo me, la regolazione più importante per ottimizzare una fotografia per l’elaborazione fotogrammetrica!
In una giornata di sole è molto probabile ritrovarsi una fotografia con ombre scure e parti in luce piuttosto chiare.
Questo succede perchè la macchina fotografica ha una gamma dinamica limitata, molto più piccola di quella dell’occhio umano, e non può rappresentare, in termini di esposizione, tutto quello che c’è in una scena in maniera corretta.
Abbassare le luci permette di ridurre la luminosità nelle zone chiare (-100).
Aumentare le ombre invece ti permette di tirare fuori informazioni nelle zone scure (+100).
Lavorare poi sui bianchi e sui neri permette di raffinare ancora un po’ questa ricerca di informazioni agli estremi della gamma dinamica della fotografia.
Io abbasso un po’ i bianchi (-20).
Ed alzo i neri (+20).
CHIAREZZA E RIMOZIONE FOSCHIA
La chiarezza è una misura del contrasto localizzato nell’immagine.
Aumentare la chiarezza significa aumentare il contrasto lavorando su piccole porzioni dell’immagine (per cui vengono calcolati i parametri di luce e di ombra) ma senza considerare l’illuminazione generale delle scena.
Io generalmente aumento un pochino la chiarezza (+20), ma mai molto perchè se eccedi con questa regolazione rischi di avere una foto artefatta.
Se hai scattato la foto in condizioni ambientali particolari o se percepisci al suo interno una leggera “patina nebbiosa” puoi intervenire anche sulla rimozione della foschia che lavora sul contrasto a media scala.
SATURAZIONE
Se pensi che la tua immagine abbia colori troppo vividi, o viceversa, troppo spenti, puoi intervenire sui parametri di vividezza e saturazione del progamma per modificarla come preferisci.
La vividezza aumenta o diminuisce la saturazione dei colori che sono poco saturi, mentre la saturazione agisce su tutti i colori in ugual misura.
Io generalmente aumento di poco la vividezza (+10) e riduco, sempre di poco, la saturazione (-10).
DETTAGLI
L’impostazione dei dettagli è l’altra regolazione che ritengo importante nel fotoritocco digitale delle immagini fotografiche per la fotogrammetria.
Per farti vedere come un editor di file raw lavora sui dettagli di un’immagine ti mostro un particolare della foto al 100% della sua dimensiona nativa.
Solo così riesci a valutare veramente il dettaglio.
Questa è la foto prima della regolazione dei dettagli:
E questa è la stessa porzione dopo aver aumentato i dettagli:
Lavorando sui dettagli riesci a recuperare un sacco di informazioni preziose sulle immagini che il software di elaborazione fotogrammetrica usa per ricercare i punti comuni nella fase di allineamento delle immagini (creazione della nuvola sparsa) e nella fase di creazione della nuvola densa.
PRIMA E DOPO
Il processo di fotoritocco digitale è finito.
Ora puoi esportare l’immagine in jpg e procedere all’elaborazione successiva nel software SfM.
Ti faccio vedere due confronti tra prima e dopo il processo di fotoritocco.
In questa figura vedi come nelle zone d’ombra si riescano a recuperare informazioni e particolari altrimenti più difficilmente individuabili:
In questa immagine vedi invece come si sia potuto ridurre l’esposizione nelle zone di luce (cerchiate in rosso) ed aumentare il dettaglio generale (area cerchiata in giallo):
A questi link puoi scaricare i file ad alta risoluzione dell’immagine, prima e dopo il trattamento:
Immagine di partenza
Immagine modificata
Tutto questo avvantaggia il software di elaborazione fotogrammetrica perchè gli dà un po’ di informazioni in più, per ciascuna immagine, su cui far lavorare gli algoritmi di calcolo che risolvono le equazioni di collinearità ed il processo structure from motion.
APPLICA LE REGOLAZIONI A TUTTE LE IMMAGINI
Se ti stai allarmando perchè pensi di dover fare tutti questi passaggi per ogni immagine di un rilievo fotogrammetrico (numero che supera spesso e facilmente il cetinaio!), ti tranquillizzo perchè la maggiore parte dei software che lavorano sui raw in questo modo ti permette di copiare le impostazioni di sviluppo di un’immagine ed applicarle a tutte le immagini di quel rilievo.
O, quantomeno, a tutte le immagini che hanno un’illuminazione simile.
Ci pensa il software e lo fa in pochi secondi, anche se hai fatto migliaia di fotografie.
Se tuttavia durante il rilievo hai avuto condizione di luce diversa, perchè magari il sole era spesso nascosto dalle nuvole, ti consiglio di raggruppare le immagini per condizioni di illuminazione e sviluppare le foto in sole pieno in modo leggermente diverso da quelle con cielo nuvoloso, mantenendo però sempre fermo lo scopo di recuperare più informazioni possibili in ogni immagine per ottimizzarne l’elaborazione.
ELABORAZIONE STRUCTURE FROM MOTION E FILE RAW
Alcuni software di elaborazione fotogrammetrica ad algoritmi structure from motion hanno implementato la possibilità di ricevere in input i file grezzi, raw.
Lo stesso Agisoft Photoscan, che è quello che uso io, lo fa.
Personalmente non mi trovo molto bene a lavorare con questi file perchè rallentano un po’ il lavoro del programma, richiedendo tempi di caricamento un po’ più lunghi, specialmente nella fase di inserimento e validazione delle coordinate dei punti di vincolo (che è già una parte che richiede un bel po’ di tempo!).
In rilievi dove il numero delle foto è alto preferisco lavorare esportando i file jpg delle immagini raw, sviluppate come ti ho mostrato.
Spero di averti dato informazioni utili sul fotoritocco digitale delle immagini fotografiche per la fotogrammetria, prima di elaborarle per creare il modello tridimensionale.
Non sono procedure necessarie ma ho trovato che siano utili per un modello tridimensionale più ricco di informazioni e più veloce nella sua creazione.
I parametri di regolazione che ti ho riportato durante la spiegazione degli step che seguo si riferiscono al software che uso (Adobe Lightroom) e possono variare da programma a programma e da scena a scena (una foto di una cava di marmo bianco in pieno sole ha parametri di regolazione diversi da un bosco in una giornata nuvolosa!).
Ti confesso che io sono sempre stato un nerd della fotografia, ancora prima di mandare per aria un drone a scattare foto per rilievi aerofotogrammetrici e tutti questi aspetti tecnici li ho sempre un po’ masticati.
Ho fotografato quando ancora si usavano le pellicole e ho lavorato parecchio nel mondo della fotografia.
Se vuoi curiosare tra le foto che ho scattato ne trovi una selezioni qui: www.paolocorradeghini.com
Se hai dubbi, domande, approfondimenti o osservazioni su questi temi contattami nei modi che preferisci.
Se non ti è chiaro qualcosa fammelo sapere, ti risponderò molto volentieri.
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Ed infine puoi ascoltare le puntate del nuovo Podcast di 3DMetrica andando nella pagina PODCAST di questo blog.
O su Spreaker (che è il servizio che uso per pubblicare le puntate online)
Grazie del tuo tempo e a presto!
Paolo Corradeghini
Ho pubblicato una puntata del podcast dove parlo della differenza tra RAW e JPG.
La puoi ascoltare qui:
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4 Comments
Salve Paolo, io sono un geometra di Vicenza, mi sto avvicinando alla fotogrammetria aerea con drone (Phantom 4 pro, spark).
Sono anche io appassionato di fotografia e ho anche tenuto una “mini” conferenza sullo sviluppo delle immagini raw con darktable (eh si… sono anche utente linux…).
una domanda relativa alla post produzione degli scatti raw ai fini fotogrammetrici: ritieni possa essere utile applicare anche le correzioni della camera/lente in modo da “correggere” le deformazioni tipiche?
ti ringrazio per il blog, è veramente PREZIOSO!
Ciao MArco,
grazie per il tuo commento.
La tua domanda è molto interessante e vorrei fare dei test a riguardo.
Attualmente non correggo in post produzione le deformazioni ottiche delle foto aeree.
Lascio che sia il software di elaborazione a gestirle.
Credo che sia la scelta tecnica più rigorosa perchè si lascia inalterato il lavoro delle lenti.
Mi piacrebbe però fare dei test per vedere le differenze tra un’elaborazione con foto non corrette e una con foto corrette in post-produzione.
Spero di poterla pubblicare presto qui sul blog!
Ciao e grazie!
Paolo
Ciao Paolo, mi sembra di aver capito che usi litchi per pianificare i voli, e che usi gli scatti automatici, ma nelle impostazioni di litchi per usare le foto raw i’intervallo minimo di scatto è 5 secondi..in che modo gestisci questo lasso cosi lungo?
complimenti per il tuo blog e per gli articoli, davvero preziosi
Ciao Ezio,
sì uso (anche) Litchi per pianificare i voli.
Lo scatto automatico dei raw è permesso solo con un intervallo minimo di 5 secondi, come hai scritto correttamente.
L’unico modo per poterlo utilizzare con sovrapposizioni alte a terra è limitare la velocità di crociera.
Io tipicamente volo piano!
🙂
Questo mi comporta l’uso di batterie extra ma almeno mi garantisce la sovrapposizione corretta, lo scatto in raw e foto non mosse.
A presto!
Paolo