Questo articolo è il racconto del rilievo di una cava di marmo, nel bacino estrattivo di Carrara, per l’aggiornamento annuale dei luoghi, da presentare alla Regione (Toscana).
È un rilievo integrato in cui ho usato un po’ di strumenti: GNSS, stazione totale, laser scanner e fotogrammetria da drone (che poi non è nemmeno uno strumento…).
È stato un rilievo piuttosto lungo.
E sarà lungo anche questo articolo.
Se non hai voglia di leggere puoi vedere un video dove ho presentato questo lavoro durante alcuni webinar.
Lo trovi in fondo alla pagina.
E tutte le immagini che ci sono qui le ho prese proprio da quella presentazione.
Se sei un finanziatore di 3DMetrica puoi scaricare il pdf.
Trovi il link al post su Patreon ancora in fondo alla pagina.
Ora posso iniziare.
LE (NUOVE) REGOLE DELLA REGIONE TOSCANA
La Regione Toscana l’ha toccata piano…
Con la Delibera della Giunta Regionale 49/2020 sono state approvate le “Specifiche Tecniche degli elaborati di rilievo tridimensionale” per le attività estrattive.
In estrema sintesi si dice che ogni anno, per le cave di materiale ornamentale, va presentato un rilievo tridimensionale, consegnato come nuvola di punti.
Ora approfondisco meglio i dettagli normativi, ma ti garantisco che è un bel cambiamento rispetto a quello che era richiesto sino ad allora.
UNO SGUARDO ALLE SPECIFICHE TECNICHE
Non voglio addentrarmi troppo dentro le specifiche tecniche che ti ho appena citato, ma è importante estrarne gli elementi principali per farti capire meglio il senso di quello che ho fatto e di cui ti sto scrivendo.
Ti riporto alcuni passaggi, estratti fedelmente dal documento (con qualche omissione).
“Il titolare dell’autorizzazione (concessione) presenta al Comune … un rilievo tridimensionale asseverato dal direttore dei lavori, consegnato come nuvola di punti ricampionata a metri 0,1 nel formato opensource LAS georeferenziato nel sistema di riferimento EPSG3003 o EPSG6707.
Nel rilievo dovrà essere materializzata anche la rete dei capisaldi.
Per consentirne una più agevole gestione, il rilievo dovrà essere organizzato in aree omogenee consegnando un file per ogni area insieme ad un quadro d’unione, …, che permetta comunque l’elaborazione compiuta della totalità delle volumetrie movimentate”.
Richiedere una nuvola di punti 3D sottintende che l’acquisizione dei dati potrà essere fatta solo tramite due tecnologie:
- LIDAR (terrestre o montato su un drone);
- Ricostruzione fotogrammetrica da immagini (prese da terra o da drone).
Stop.
Le misure topografiche tradizionali servono ancora tantissimo (per i punti di appoggio, per i punti di controllo, per i capisaldi, …) ma non è (solo) con queste che si confeziona il dato richiesto.
Non finisce qui, anche se già questo è stato davvero un bel colpo ai modi in cui si sono sempre fatti i rilievi nelle cave.
Ci sono altri passaggi importanti nelle specifiche tecniche.
“Al fine di agevolare la gestione e consentire una più immediata lettura del rilievo tridimensionale, lo stesso dovrà essere corredato da:
un elaborato planimetrico in formato PDF e nel formato vettoriale DXF/DWG georeferenziato, …;
opportune sezioni, ..;
una o più ortofoto a colori, …, nella stessa scala e nello stesso sistema di coordinate dell’elaborato planimetrico, …, con una dimensione minima del pixel al suolo (GSD) di metri 0,2…
La rappresentazione tecnica dell’elaborato planimetrico dovrà essere semplificata in una rappresentazione piana poligonale in formato SHP georeferenziata…
Gli elaborati dovranno garantire le seguenti caratteristiche:
- tolleranza planimetria 1δ ± 0,05mm;
- tolleranza altimetrica 1δ ± 0,05mm;
- quote riferite al sistema altimetrico nazionale“
Niente male!
Ma riprendo le varie cose che ti ho appena scritto più avanti…
PERCHÈ UN RILIEVO 3D?
Mi sono chiesto il perchè di questo cambiamento (radicale) nelle specifiche dei rilievi annuali dei siti estrattivi.
E mi sono dato alcune risposte che mi fa piacere condividere.
Sono del tutto personali e potrebbero essere anche sbagliate…
Se vuoi aggiungere le tue considerazioni ne sarò felice (se mi scrivi da qualche parte – commenti, email, Telegram, social network – allungo volentieri la lista qui sotto con il tuo contributo).
- CONTROLLO
I rilievi annuali delle cave servono (anche) per controllare che tutto vada secondo i piani di coltivazione, valutando i volumi estratti rispetto a quelli autorizzati dai progetti approvati.
Se il topografo batte dei punti discreti (con un GPS o una stazione totale), tramite i quale disegna una planimetria, la situazione che riproduce non può che essere semplificata.
Una nuvola di punti invece “congela” lo stato dei luoghi al momento dell’acquisizione dei dati e permette, a chi controlla, di vedere molto bene la situazione della cava e poterla confrontare con quella degli anni futuri (o precedenti) per avere contezza immediata dei cambiamenti (con il software open source Cloud Compare è molto facile misurare differenze tra nuvole di punti georeferenziate e calcolare volumi scavati o riportati). - DISPONIBILITÀ TECNOLOGICA E TEMPI MATURI
Il laser scanner esiste da parecchi anni e le tecniche fotogrammetriche non sono certamente arrivate con i droni.
Ma in entrambe i casi si trattava di tecnologie che un decennio fa non erano proprio per tutti.
Servivano strumenti costosi e abilità molto specifiche.
Oggi (le specifiche tecniche sono del 2020) la tecnologia e, conseguentemente, l’offerta di mercato ha permesso di ridurre i limiti di accesso agli strumenti che acquisiscono o elaborano nuvole di punti, rendendoli alla portata di più persone.
Se ci aggiungi lo sviluppo di hardware e software, che aiutano a gestire grandi moli di dati in tempi ridotti, credo che sia evidente come questo sia il tempo giusto per passare dal rilievo tradizionale a quello 3D.
LE CAVE DI CARRARA E L’AREA DI RILIEVO
Le cave nel Comune di Carrara sono più di 70.
O meglio, queste sono solo le concessioni.
Le cave, intese come siti estrattivi del marmo, sono molte di più.
Il bacino marmifero è una parte piuttosto consistente di tutti i siti estrattivi di pietra ornamentale sparsi per l’intera Regione Toscana.
È un posto davvero unico, affascinante, aspro, del tutto non comune.
Le cave di Carrara sono vicine a casa.
Vedo dalla mia finestra la vetta del Monte Sagro, che le sovrasta.
E le Alpi Apuane sono montagne a cui sono molto legato e dove vado appena posso.
Questo articolo racconta proprio il rilievo di una di queste cave: una concessione che comprende un bel pezzo di montagna, diversi cantieri attivi, monte vergine, strade di arroccamento e ravaneti.
Lo scopo del rilievo era quello di consocere lo stato dei luoghi alla fine dell’anno 2020 e supportare la pianificazione dei nuovi progetti di coltivazione.
Visto che Carrara è in Toscana, che la Regione Toscana ha emanato le nuove specifiche tecniche di cui ti ho scritto poco fa e che queste prevedono la consegna di dati 3D, il rilievo è stato progettato e realizzato proprio per avere in output una nuvola di punti tridimensionale.
E non solo quella…
LORANO22
Ho avuto il piacere, l’onore, l’onere ed il compito di lavorare all’interno della concessione più grande (in capo ad un solo soggetto) di tutto il bacino marmifero di Carrara.
Non mi riferisco alla singola cava più grande ma all’intero territorio, dato in gestione.
Il Comune di Carrara attribuisce un nome univoco ad ogni concessione, per distinguerla dalle altre, formato da un nome (di località) e da un numero.
Io ho lavorato a Lorano22.
Qui dentro ci sono 7 cantieri estrattivi, strade di arroccamento, aree di scarico (ravaneti) e deposito dei materiali, prati e versanti, bacini di accumulo idrico, edifici, gallerie sotterranee, tutto all’interno di oltre 100 ettari coprendo un dislivello di più di 600 metri.
È davvero grande!
Questo racconto si divide in 4 parti:
- Rilievi ed operazioni in campo;
- Elaborazione e trattamento dei dati;
- Output e consegna;
- Considerazioni finali.
IL RILIEVO IN CAMPO
I CAPISALDI
Tra le cose richieste dalle specifiche tecniche ci sono i capisaldi:
“… nel rilievo dovrà essere materializzata anche la rete dei capisaldi…
… in numero minimo di 4 e necessariamente materializzati, posti in aree perimetrali o su riferimenti inamovibili in modo da non interferire con le attività di cava e mantenuti possibilmente inalterati nel corso della cava…
… contenere l’abaco dei capisaldi … con le schede monografiche di dettaglio di ciascun punto caratterizzate almeno dalle coordinate plano-altimetriche … nei sistemi di riferimento EPSG3003 e EPSG6707 oltre che idonea documentazione fotografica…”
Il rilievo parte da qui ma anche in questo passaggio ci sono un po’ di cose su cui vale la pena fermarsi (lo so, mi sono già fermato diverse volte!).
Capisalidi necessariamente materializzati significa mettere a terra qualcosa di riconoscibile, di posizione nota ed utilizzabile per le misure topografiche.
PERCHÈ I CAPISALDI?
Ma se si parla di rilievo 3D e viene richiesta una nuvola di punti, come output principale, perchè serve una rete di capisaldi a terra?
L’elaborazione fotogrammetrica (nei software structure from motion) ha sì bisogno di punti di appoggio a terra (Ground Control Point) ma si possono usare target artificiali messi all’occorrenza e tolti alla fine del rilievo.
Non serve che siano fissi.
E il rilievo laser scanner, in quanto tecnica attiva, genera una nuvola di punti le cui coordinate sono già ok (rispetto alla posizione dello scanner) e deve solo essere georeferenziata globalmente su alcuni punti noti per i quali, di nuovo, non è necessario che siano capisaldi a terra.
Il motivo di una richiesta così specifica sta, di nuovo, nel concetto di controllo.
Ma anche questa è una mia interpretazione.
Se un soggetto pubblico (Regione, Comune, ASL, Catasto, ….) vuole fare verifiche, controlli e valutazioni topografiche indipendenti, può andare in cava con una stazione totale e sfruttare la posizione e le coordinate dei capisaldi (lette nelle monografie) per fare stazione, orientare lo strumento ed iniziare le sue misure, in modo del tutto autonomo, che saranno quindi nel solito sistema di riferimento di quello usato da chi ha fatto il rilievo.
In maniera analoga, una rete di punti noti a terra può essere sfruttare da Enti di Ricerca per le proprie analisi (nelle cave di marmo di Carrara capitano spesso tecnici e ricercatori uninverisitari) o da altri tecnici per eventuali dispute, cause e misure in contraddittorio.
Credo che il progetto della Regione Toscana sia anche quello di costruire, tramite i rilievi dei singoli/privati, un grande database cartografico legato alle aree estrattive.
È una cosa positiva e, aggiungo, da sostenitore dei dati aperti e liberi, sarebbe davvero bello se potesse essere (in tutto o in parte) accessibile e disponibile per tutti!
🙂
GEOREFERENZIAZIONE DEI DATI
Nelle indicazioni fornite sui capisaldi c’è dentro un’altra cosa molto potente di queste specifiche tecniche: la georeferenziazione dei dati (scritta e rimarcata per altro anche in altri passaggi).
D’ora in avanti non si può più fare come si vuole.
Niente sistemi locali, 0,0,0 o sistemi di riferimento casuali tra quelli disponibili.
Niente appoggi a coordinate catastali.
La Regione Toscana impone un dato georeferenziato.
Ed è stata permissiva nel lasciare libero arbitrio tra due.
La nuvola di punti e tutti gli elaborati da consegnare possono essere riferiti all’SR identificato con il codice EPSG3003 (Roma40 – Gauss Boaga – Fuso Ovest) o all’SR con EPSG6707 (ETRF2000 – RDN2008).
Anche se il Sistema di Riferimento Roma40 dovrebbe essere in pensione, lasciando il campo al “nuovo” ETRF2000, è stata comunque lasciata la possibilità di usarlo per non causare un altro trauma…
🙂
Anche il motivo dell’obbligo di georeferenziazione è, secondo me, piuttosto semplice.
Se ricevo un dato di un rilievo e non ho idea di quale sia il sistema di riferimento in cui sono espresse le coordinate è molto difficile usarlo per analisi multitemporali e confronti con altri dati disponibili.
Avrei in mano un dato che necessita di qualche azione sopra per renderlo confrontabile e, di nuovo, controllabile.
In linea di principio non posso che condividere in pieno l’obbligo della georeferenziazione!
MATERIALIZZAZIONE DEI CAPISALDI
Le bancate di marmo offrono una bella superficie per materializzare un caposaldo.
Ma piantare un chiodo nel marmo con una mazza è praticamente impossibile.
Serve un trapano/tassellatore, con una batteria potente, per forare la roccia ed eventualmente un po’ di “chimico” a presa rapida per migliorare la tenuta del chiodo.
CAPISALDI E PUNTI PER LA FOTOGRAMMETRIA
Sapevo già che avrei volato con il drone per fare una presa fotografica aerea da elaborare in un software structure from motion.
E sapevo quindi che sarebbero serviti dei punti a terra per “sistemare” il modello creato dall’elaborazione delle immagini.
Sono i GCP (Ground Control Point).
Visto che ho materializzato a terra dei chiodi (ben più dei quattro richiesti!), su piani bianchi e lisci, ho pensato di fare dei target permanenti attorno ad essi, usando della vernice.
Ho ritagliato un pannello di forex 70×70, creando una dima triangolare.
Ho preso un barattolo di vernice blu, di quella che si usa per la segnaletica orizzontale dei parcheggi a pagamento.
Ed ho dipinto il marmo disegnando una “farfalla” (o una “croce“), blu su bianco, il cui centro è occupato dal chiodo del caposaldo.
Di capisaldi ne ho messi a terra più di 15 ed in questo modo avevo già pronti altrettanti punti a terra da usare nell’elaborazione delle fotografie da drone.
Ne ho messi più del minimo richiesto (4) perchè in un’area così grande, come quella di Lorano 22, le distanze tra i quattro capisaldi possono essere elevate e l’intervisibilità reciproca (ossia il se e il come si vedono tra loro) può essere scarsa.
Se devo andare in campo con una stazione totale mi servono almeno due punti noti che riescono a vedersi l’un l’altro (in uno faccio stazione con lo strumento e con l’altro faccio l’orientamento).
Non è banale verificare questa condizione in aree vaste e complesse.
Ti posso direi che, più o meno, il numero di 4 capisaldi, indicato nelle specifiche tecniche regionali, l’ho verificato per ogni singolo cantiere estrattivo all’interno di tutta l’area in concessione…
In questo modo sapevo che ci sarebbe stata ovunque disponibilità di un numero sufficiente di punti, comodi, per le misure autonome.
IL RILIEVO DEI CAPISALDI
Ho scritto un sacco di cose sui capisaldi ma non ho ancora detto come ho rilevato le coordinate.
L’ho fatto in due modi:
- con un ricevitore GNSS;
- con una stazione totale.
Dove le condizioni del sito me lo hanno permesso ho usato un’antenna GNSS in modalità statica.
Non mi servivano precisioni millimetriche.
Non era richiesto un dato così tanto spinto.
Ma ho preferito fare un’acquisizione prolungata (un’ora per punto) per avere dati robusti.
Questo ha richiesto una post elaborazione dei dati ma le coordinate risultanti sarebbero state buone.
Ah, un’ora di statico non fornisce precisioni millimetriche.
Per quelle bisogna registrare ore ed ore di dati!
Ti potrai chiedere perchè non ho fatto solo una misura RTK…
E la domanda è giustissima.
L’ho fatta, ma non per i capisaldi.
L’ho fatta per i punti extra che ho rilevato come appoggio per l’aerofotogrammetria.
Per i capisaldi volevo qualcosa di un po’ più solido.
Ed ho optato per uno statico.
Ma non l’ho fatto per tutti i punti materializzati a terra...
Ci sono posti, in queste cave, davvero bastardi per la misura satellitare.
C’è un cantiere, lo “Sbasso” (il nome dice già un sacco) che è un’enorme buca scavata nel marmo, dove sei circondato da pareti di roccia bianca alte 50 metri.
Lì dentro il GPS fa più fatica rispetto a posti più aperti.
Allora ho usato la stazione totale.
L’ho orientata sui capisaldi già messi (in posti buoni) ed ho lanciato le misure.
Questa tecnica l’ho usata anche per altri capisaldi, anche se non difficili da misurare, in modo da velocizzare un po’ tutta la parte di materializzazione della rete.
Più di 15 punti a terra per più di un’ora ciascuno (oltre agli spostamenti sulle strade di arroccamento) avrebbe voluto dire molto tempo!
Ho preferito integrare i punti della rete di appoggio in questo modo che mi ha dato ottime precisioni sui punti e tempi minori in campo.
ALTRE MISURE TOPOGRAFICHE CON LA STAZIONE TOTALE
Servivano altre misure topografiche con la stazione totale!
L’elaborazione fotogrammetrica (a partire dalle foto fatte da drone e di cui ti dico tra poco) avrebbe potuto soffrire di un dislivello spinto e dell’impossibilità di mettere dei vincoli (target per i Ground Control Point) ovunque.
In linea generale, se riesci a distribuire i target, uniformemente, lungo la differenza di quota del sito, il modello che viene fuori corre meno rischi di avere delle deformazioni o di subire un fastidioso “effetto bandiera“, dovuto a parti libere e non vincolate che possono muoversi più o meno liberamente (come una bandiera al vento…).
Ma in una cava di marmo delle Alpi Apuane la maggior parte delle zone è inaccessibile a piedi.
Ed è impensabile ed impossibile posizionare ovunque dei target a terra da misurare con un’antenna GNSS.
La stazione totale aiuta.
Se riesci a trovare punti/elementi/cose sulle pareti verticali che vedi bene, riesci a misurare (con il laser della stazione) e sai di poter ritrovare nelle foto scattate per la fotogrammetria (da drone o da terra), sai di poter avere informazioni importanti.
Vale tutto: l’inizio di una vena nel marmo, la testa di un chiodo di consolidamento o, come in questo caso, numeri e lettere in vernice rossa sul marmo bianco scritti dai rocciatori (qui sono i tecchiaioli) nei loro lavori di chiodatura e consolidamento dei fronti.
Vale tutto purchè si riesca a ritrovare, con confidenza, nelle foto.
LAVORARE IN POLIGONALE
Nelle misure con la stazione totale ho lavorato in poligonale (aperta ed orientata).
Ho orientato la prima stazione con un’intersezione all’indietro su punti noti (i capisaldi) e poi mi sono spostato per tratti lunghi circa 50 metri.
I motivi della scelta della poligonale sono diversi:
- Si riescono a battere punti in aree complesse (dove ci sono parecchi ostacoli alla collimazione), mantenendo tutto quanto collegato e con ottime precisioni;
- Viste le dimensioni del sito, si fa prima a mettere il treppiede con il prisma, per il centramento forzato, fare il cambio stazione e la lettura all’indietro piuttosto che spostarsi con il prisma “classico“ su palina e sopra punti noti per fare un’intersezione all’indietro;
- La mia stazione totale integra anche un laser scanner ed un sistema fotogrammetrico e lavorare in poligonale, lanciando le scansioni da ogni stazione, mi permette di avere nuvole di punti già registrate una con l’altra.
RILIEVO LASER SCANNER
Visto che la mia stazione totale integra un laser scanner;
Visto che l’output richiesto dalle specifiche tecniche è una nuvola di punti tridimensionale;
Visto che la misura laser scanner è attiva, priva di deformazioni o altri problemi che possono esserci nell’elaborazione fotogrammetrica;
Già che c’ero…
…ho fatto delle scansioni laser per acquisire dati tridimensionali per supportare il progetto e l’elaborazione dei dati.
Le scansioni le ho fatte dai punti di stazione della poligonale sfruttando le ottime caratteristiche (per questo tipo di lavoro) dello mio laser scanner (Trimble SX10).
In un posto del genere è importante avere uno scanner con una buona portata.
Non serve avere un Riegl da 6km ma non è opportuno neppure usare una macchina che arriva a 50 m…
Il mio scanner ha una portata, nominale, di 600 m.
Ma in realtà copre anche qualcosa in più…
In ogni caso è stato sufficiente per raggiungere tutte le zone di interesse da tutti i punti di scansione.
È uno scanner a tempo di volo, cosa che si porta dietro poco rumore nella nuvola di punti.
Inoltre, essendo integrato ad una stazione totale con precisione angolare di 1″, anche la precisione dei punti della nuvola è molto buona.
Non è uno scanner veloce ma è molto “potente” in questi casi.
Lavorando in poligonale ho effettuato scansioni ad ogni stazione e le nuvole di punti risultavano già registrate una con l’altra, permettendomi di risparmiare tempo nell’elaborazione dei dati ed avendo già misure georeferenziate.
SCANSIONI IN GALLERIA
Nell’area del rilievoi ci sono 5 gallerie, di cui una attiva.
Nelle cave di marmo di Carrara si scava anche indoor, dentro la montagna.
Ed anche le gallerie devono essere rilevate.
La nuvola di punti generale e consegnata deve comprendere anche le parti di sotterraneo.
Se all’aperto l’aerofotogrammetria da drone dà un cotnributo molto significativo per la creazione del modello 3D, in galleria il laser scanning è decisamente più efficace.
In linea teorica si potrebbe lavorare con la fotogrammetria anche indoor, ma questo presenta almeno due problemi:
- serve molto tempo per scattare fotografie di tutte le parti della galleria (pareti, pavimento e soffitto), oltre che a posizionare i target per l’elaborazione structure from motion e misurarne le coordinate con la stazione totale;
- le gallerie inattive non sono illuminate artificialmente e le eventuali fotografie avrebbero richiesto il supporto di luce extra, installata apposta per la presa.
Lo scanner si è rivelato molto più pratico (anche se negli spazi stretti il mio strumento soffre un po’ la lentezza rispetto ad altre macchine).
Ho fatto una prima stazione di scansione all’esterno degli ingressi, orientandola su punti e capisaldi noti, e poi sono entrato lavorando ancora in poligonale per avere nuvole di punti georeferenziate anche delle parti interne.
Dove la galleria non era illuminata i punti della nuvola sono risultati privi di colore.
Tuttavia la colorazione della nuvola non era un requisito tecnico richiesto da parte delle specifiche regionali.
🙂
RILIEVI AEROFOTOGRAMMETRICI
In un contesto aperto e (molto) difficilmente accessibile come quello di questa cava (e delle cave di marmo nelle Alpi Apuane – e non solo) il rilievo aerofootgrammetrico con drone è la tecnica che riesce a fornire il dato più significativo e completo per l’output finale, ossia la nuvola di punti 3D.
Volando, il drone scatta fotografie di tutte le zone in lavorazione, del monte vergine, delle bancate, dei terrazzi e delle parti che sono nascoste ai punti di scansioni terrestri.
È davvero molto efficiente!
A differenza della misura laser scanner, dove la nuvola di punti esiste subito al termine della scansione, per la fotogrammetria non è così.
Al termine del rilievo la nuvola non c’è.
La devi creare facendo elaborare ad un software immagini e misure topografiche.
Non entro nel dettaglio di questo aspetto, ossia di come si fa un’elaborazione di questo tipo.
In estrema sintesi e poca raffinatezza, si prendono foto, misure, si mescolano insieme ed esce fuori una nuvola di punti, scalata, orientata e georeferenziata.
E succede tutto in un software che ha al suo interno degli algoritmi speciali che si chiamano “structure from motion“.
Ma è davvero una descrizione brutale!
Ti racconto qualche aspetto pratico che ho affrontato in campo in questa fase.
TARGET (A TERRA) E MISURE GNSS
Nonostante avessi a disposizione i capisaldi di cui ti ho raccontato un po’ più sopra, volevo altri punti da usare nell’elaborazione fotogrammetrica.
I punti di coordinate note, visibili nelle foto, servono per dire al modello 3D che sta nascendo qual è la posizione che deve occupare rispetto a qualche sistema di riferimento e come si deve aggiustare (correggere le deformazioni) per rispettare le distanze reali prese in campo.
Sono i GCP (Ground Control Point), una parte imprescindibile e fondamentale di tutto il processo.
Mi batterò sempre per difenderli!
Anche se c’è che parla di rilievi fotogrammetrici senza GCP.
🙂
Ed allora ho messo dei target ad alta visibilità.
In PVC dove ho potuto recuperarli velocemente ed in carta per le zone dove gli ho lasciati in posto, a perdere.
Li ho rilevati con l’antenna GNSS in modalità nRTK (niente statico per questi target) appoggiato alla rete delle basi fisse di SmartNet Leica (ex Italpos).
Già che c’ero ho preso qualche misura GNSS in più.
Visto che l’RTK permette di prendere tanti punti velocemente, ho approfittato della conformazione della cava per battere i limiti delle bancate e tutte quelle discontinuià marcate o elementi evidenti (strade, fabbricati, …), riconoscibili nel modello 3D, in modo da poter essere usati come controllo della bontà dell’output elaborato.
FOTOGRAFIE AEREE
Ed ora tocca alle foto!
Questa è l’ultima parte delle attività di campo.
Si è trattato di fare fotografie aeree (prese dal drone) per essere elaborate.
Ti faccio, anche qui, alcune considerazioni flash.
Ho volato a mano.
Non ho pianificato nessuna missione di volo automatico.
In uno scenario come questo, dove le verticalità sono molto spinte, mi sento più a mio agio e sicuro a condurre personalmente il volo del drone.
Ho cambiato la quota in relazione a quello che stavo sorvolando e fotografando per mantenere il più possibile costante la distanza di presa.
Le foto nadirali, da sole, non bastano.
Quando i dislivelli non sono marcati e non si devono ricostruire elementi verticali le fotografie nadirali potrebbero bastare per una buona elaborazione structure from motion.
In un caso come questo però servono altre immagini, oltre a quelle nadirali.
Si devono (almeno, è opportuno…) scattare anche fotografie che riprendano le tanti parti verticali o quasi verticali: le bancate ed i fronti di roccia.
Ed allora ho fatto anche fotografie oblique, con angoli di presa variabili tra 60° e 0° (foto frontali) rispetto all’orizzontale.
Insieme a quelle nadirali mi hanno permesso di avere dei buoni dati da elaborare per la nuvola di punti fotogrammetrica.
Luci, ombre, esposizione e dng/raw
Ci sono stati parecchi elementi che hanno proiettato ombre sull’area del rilievo: colonne, bancate, aree scavate e montagne ad oriente.
E lavorando estensivamente durante tutta una giornata la temperatura della luce cambiava (al mattino e nel tardo pomeriggio il sole è più “caldo” rispetto a mezzogiorno) da foto a foto.
In più il marmo bianco tende ad ingannare l’esposimetro della macchina fotografica a bordo del drone, portando a sottoesporre l’intera scena o, in presenza di luci ed ombre, a sovraesporre le parti di roccia colpita dal sole.
È stato importante scattare tutte le fotografie in formato RAW/DNG (negativo digitale/dato grezzo) in modo da poterle “aggiustare” e correggere in post produzione prima dell’elaborazione structure from motion.
Il file JPG non me l’avrebbe permesso…
Dopo oltre 2500 foto, milioni di punti di scansione, dati grezzi, misure GNSS e parecchi giorni di lavori in campo posso dire di aver finito l’acquisizione dei dati.
Dati che ora vanno elaborati.
ELABORAZIONE DEI DATI
Elaborare tutti i dati non è stato veloce.
Non entrerò nel dettaglio di tutte le fasi ma spenderò qualche parole per ognuna di loro.
Ma andiamo con ordine.
GEOREFERENZIAZIONE, QUOTE E DATI GNSS
Ti ho già scritto della necessità di georeferenziare gli output in uno dei due sistemi di riferimento cartografici, a scelta, tra ETRF2000-RDN2008-UTM32N-EPSG6707 e Roma40-GaussBoaga-MonteMario-Fuso Ovest-EPSG3003.
E della necessità di avere quote riferite al sistema altimetrico nazionale…
Ecco, l’elaborazione dei dati parte da qui.
Le misure che trainano tutto il progetto sono quelle prese con antenna satellitare, servite per definire le coordinate dei capisaldi e dei target usati nell’elaborazione fotogrammetrica.
Ho preso queste misure e le ho trattate con gli strumenti necessari per avere in output quanto richiesto.
Ho processato i dati grezzi acquisiti dall’antenna GNSS in modalità statica, per i capisaldi rilevati in questo modo.
Ho ottenuto così coordinate nel sistema di riferimento geografico WGS84-EPSG4326 (latitudine, longitudine e quota ellissoidica).
Poi ho estratto le coordinate dei punti rilevati con il GNSS nRTK, appoggiato alle basi fisse della rete permanente Smartnet Leica, fornite nel sistema di riferimento geografico ERTF2000-RDN2008-EPSG6706.
Da qui ho convertito tutto quanto nel sistema di riferimento scelto in output, Roma40-GaussBoaga-EPSG3003 (vista la presenza di dati e misure topografiche vecchie e pregresse, per le aree di rilievo, proprio in questo sistema di riferimento), trasformando le quote da ellissoidiche a ortometriche.
Per farlo ho usato il software “interpolatore” Verto3K ed il grigliato GK2 che copre l’intero foglio 249 della serie cartografica italiana in scala 1:50.000.
Sono prodotti dell’IGM (Istituto Geografico Militare) e permettono di avere affidabilità nella trasformazione tra Sistemi di Riferimento e quote.
Se cerchi un’alternativa, validissima e del tutto paragonabile, a Verto3K, puoi dare un’occhiata a Convergo.
MISURE DA STAZIONE TOTALE E SCANSIONI LASER
Il posto dove ho elaborato le misure prese con la stazione totale e le nuvole di punti da laser scanning è lo stesso ed è il software topografico di Trimble: Trimble Business Center (TBC).
A dire il vero ho trattato qui dentro anche le misure GNSS ma poi ne sono uscito per elaborarle con Verto3K, come ti ho scritto qui sopra.
Non è che ci sia molto da dire in questa fase.
All’interno dell’area di lavoro vedo le scansioni, formalmente separate ma di fatto unite perchè provengono da acquisizioni in poligonali, vedo tutte le misure celerimetriche che ho preso, sia collimando un prisma che usando il laser della stazione totale.
E da qui posso fare un po’ di cose come:
- modificare i punti di un’intersezione all’indietro;
- cambiare i dettagli di una misura (costante del prisma, altezza della palina);
- classificare i punti della nuvola;
- compensare una poligonale;
- esportare i dati;
- …
DATI SEMPRE ACCESSIBILI ED A PROVA DI “DIMENTICANZA“
Una cosa molto utile ed efficace degli strumenti che ho usato e del software che gestisce i dati è che è sempre possibile recuperare nuove informazioni extra stando davanti al pc, senza dover tornare a fare misure in campo.
La mia stazione totale/laser scanner ha anche un comparto fotografico piuttosto evoluto.
Si scattano le fotografie per colorare le scansioni ma anche per avere dati raster da accoppiare al modello 3D.
E da questi, sfruttando una serie di opzioni in cui, qui, non mi addentro, si possono recuperare coordinate, disegnare elementi, interrogare il modello.
In questo modo si va in campo con il “cuore più leggero“.
Non che si debba prendere le cose sotto gamba, ma sapere che c’è un posto digitale dove puoi recuperare eventuali dati che potresti non aver preso in campo è una bella tranquillità.
Soprattutto se il rilievo è complicato e/o se ci sono parecchi km di strada dal tuo ufficio.
ELABORAZIONE FOTOGRAMMETRICA
Ed infine (per lo meno, rispettando l’ordine in cui ti ho raccontato della fase di campo) c’è stata l’elaborazione delle immagini per creare la nuvola di punti fotogrammetrica.
In realtà dovrei dire elaborazione structure from motion.
Non entro nel dettaglio di che cosa succede.
Se hai già letto altre cose qui e negli altri posti dove condivido informazioni online sai più o meno di che si tratta: fotografie + misure (+ un po’ di attenzione ed analisi critica dei dati) = nuvola di punti (orientata, scalata e georeferenziata).
E così è stato.
Ho trattato circa 5.000 foto suddividendo le elaborazioni in quattro pezzi: due aree principali di estrazione e due zone “satelliti“, aree scarico dei materiali di risulta (i ravaneti, come li chiamano qui a Carrara).
Avrei potuto elaborare tutto insieme?
Sì e No.
Le due aree estrattive sono separate da un pezzo di monte vergine che non è mai cambiato nel tempo e sarebbe servito un po’ di tempo extra per acquisirne i dati.
I due ravaneti li ho integrati in un secondo momento.
Inizialmente non si era pensato ad inlcuderli, ma poi abbiamo valutato di rilevarli.
Questo rilievo rappresenta il momento “0” ed è stato importante acquisire dati di tutto quello che è in cambiamento all’interno dell’area in concessione, incluse strade e, appunto, aree di scarico.
UNIONE DELLE NUVOLE DI PUNTI
Una volta finite le elaborazioni si è trattato (solo) di unire le nuvole di punti: quella aerofotogrammetrica fatta con le immagini da drone e quella delle scansioni laser.
Qui le coordinate hanno aiutato molto e facilitato il lavoro.
Non c’è stato bisogno di alcuna registrazione tra i dati 3D.
Le nuvole erano georeferenziate nel solito sistema di riferimento e tutto è andato al posto giusto già all’importazione dei dati nei software che gestiscono le nuvole di punti.
UNIONE DELLE AREE PRINCIPALI CON I DATI LIDAR DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE
Le aree principali di rilievo risultavano separate e, come ti ho scritto qui sopra, in mezzo c’è del monte vergine.
Per non lasciare le cose slegate evitando però di rilevare aree che non sono cambiate nel tempo né si prevede che cambino nei prossimi anni (visti i piani di coltivazione) ho scaricato dal geoportale della Regione Toscana (Geoscopio) il DTM con passo 1x1m creato dai dati Lidar del Ministero dell’Ambiente (rilievi del 2008)
Dove le cose sono cambiate non è un dato significativo, ma dove tutto è fermo non è niente male!
Da qui ho generato una nuvola di punti in QGIS.
Ho aggiustato quote e sistemi di riferimento e l’ho unita (ritagliando il pezzo che mi interessava) alle due nuvole di punti del rilievo di cava.
Non si tratta di punti colorati, sono distanti tra loro parecchio (circa 1m) e lo stacco è piuttosto evidente, ma morfologicamente e orograficamente tutto torna e le due porzioni sono così tra loro collegate.
P.S.
Questo è stato un extra non richiesto ma credo utile per l’output finale.
SOTTOCAMPIONAMENTO DEI DATI
Una richiesta specifica sulla nuvola di punti in output, da parte delle specifiche tecniche della Regione Toscana, riguarda il sottocampionamento del dato consegnato:
“…rilievo tridimensionale consegnato come nuvola di punti ricampionata a metri 0,1 (zero virgola uno)…”
Ciò significa che i punti della nuvola dovranno avere una distanza media, uno dall’altro, di circa 10 cm.
10 cm non sono pochi.
Si tratta di discretizzare parecchio un dato che, nativamente, è più denso.
Ma capisco anche la richiesta, dettata dalla necessità di ottenere file gestibili, con un numero di punti non esagerato e dal peso contenuto, in modo da poter essere aperti e trattati anche con hardware “normale”.
Un sottocampionamento a 10 cm permette comunque di garantire una situazione descrittiva dei luoghi rilevati comprensibile, tale da poter essere usata per analisi, calcoli, stime e comparazioni future.
Approvo la scelta!
🙂
Nella pratica il sottocampionamento si può fare in pochissimo tempo ed in due “click” con qualsiasi software che gestisce nuvole di punti.
Io ho usato Lidar360 (software che ho usato anche per altre elaborazioni, di cui ti parlo tra poco) ma funziona benissimo anche Cloud Compare (ottima soluzione open source).
Passare da centinaia a qualche decina di milioni di punti è un alleggerimento non da poco!
😉
OUTPUT
L’elaborazione dei dati acquisiti in campo è finita.
E da qui partono due strade per arrivare all’ouput.
Una è molto breve e riguarda l’output 3D: la nuvola di punti.
L’altra invece è ancora lunga ed ha a che fare con la produzione degli output 2D richiesti: planimetra, sezioni e shapefile.
In relatà in mezzo a queste due strade c’è anche un altro “sentiero“, corto, che porta ad ottenere un output 2D in poco tempo: l’ortofoto.
OUTPUT 3D – NUVOLA DI PUNTI
Qui le cose sono molto semplici.
La nuvola di punti richiesta dalle specifiche tecniche esiste perchè è il risultato dell’elaborazione dei dati di campo ed è pronta per la consegna.
Non c’è molto altro da dire.
Si tratta di salvare il dato in formato LAS e metterlo da parte per la consegna.
Se le aree di rilievo sono più di una e sono spearate/distanze una dall’altra allora è possibile consegnare due o più file LAS distinti per ogni area “omogenea”.
OUTPUT 2D “VELOCE” – ORTOFOTO
Riprendo ancora le specifiche tecniche della Regione Toscana che richiedono:
“….Una o più ortofoto a colori in formato a scelta tra JPG o ECW realizzate nella stessa scale e nello stesso sistema di coordinate dell’elaborato planimetrico e contenenti, oltre all’area di quest’ultimo, il posizionamento della rete di capisaldi utilizzati.
Le ortofoto dovranno avere una dimensione minima del pixel al suolo (GSD) di metri 0,2 (zero virgola due) e dovranno essere contigue e non sovrapposte.
Nel caso di cave in galleria di farà riferimento alle sole aree scoperte interessate dalle lavorazioni, dai deposito, dai cumuli e dalle altre aree di pertinenza…“
Ho scritto che ottenere l’ortofoto è un percorso veloce.
L’ho scritto perchè ho fatto il rilievo aerofotogrammetrico di tutta l’area scattando fotografie da drone ed elaborando (anche) una nuvola di punti fotogrammetrica.
È da qui che si riesce a generare l’ortofoto.
Il software di elaborazione fotogrammetrica (structure from motion) ortorettifica le immagini, eliminando le distorioni ottiche, le unisce e le lega ad una superficie usata come riferimento (DEM o Mesh).
Il risultato è un’immagine dell’intera area rilevata, con il dettaglio delle fotografie che compongono il dataset, orientata e georeferenziata.
Aggiungo un paio di considerazioni sull’ortofoto.
RISOLUZIONE DELL’ORTOFOTO
Una risoluzione di 20 cm/pixel è piuttosto “scarsa“, specialmente in riferimento alla distanza di presa da cui sono scattate le immagini del dataset fotografico.
E può essere generalizzato per la maggior parte delle acquisizioni da drone (anche considerando i vincoli normativi imposti).
Anche qui credo che la richiesta sia finalizzata ad avere un dato più gestibile.
Ricampionare un’immagine (ortofoto) è molto semplice (e veloce).
Lo puoi fare durante la sua generazione, all’interno del software structure from motion.
Puoi usare QGIS (senza perdere informazioni) o puoi intervenire su software di fotoriticco (considerando però che perderai le informazioni di georeferenziazione).
ORTOFOTO DA AEROFOTOGRAMMETRIA
Capisco che un’ortofoto aiuti molto a leggere (come se fosse una mappa fotografica) l’area del rilievo.
Ma una richiesta di questo tipo non è “leggera” perchè implica l’utilizzo quasi obbligato dell’aerofotogrammetria da drone.
Se la nuvola di punti 3D può essere creata sia scegliendo la tecnica del laser scanning che quella fotogrammetrica, l’ortofoto, considerando la complessità dell’ambito di una cava (con bancate a varie quote, piazzali, scarpate, monte vergine, …) è concretamente fattibile solo tramite immagini aeree scattate da drone.
Anche nell’ipotesi in cui si riuscisse ad avere una nuvola di punti, completa, da laser scanning si potrebbe provare a creare un’ortofoto ma il risultato non è paragonabile a quello di un’ortomosaico vero e proprio dove le immagini sono ortorettificate e poi unite insieme.
Insomma servono immagini aeree.
Ho parlato di drone (ed è quello che ho usato io) ma vista la risoluzione richieste potrebbe andare bene anche un volo aerofotogrammetrico da aereo o addirittura si potrebbero usare immagini satellitari che permettono di arrivare a questo dettaglio (coprendo vaste porzioni di territorio, ben più grandi dell’area di pertinenza della più grande concessione nelle cave!).
OUTPUT 2D “IMPEGNATIVO” – PLANIMETRIA
Ecco, questa parte mi ha richiesto parecchio lavoro.
Non tanto quanto l’attività di campo, ma è stata una quantità per niente trascurabile.
Mi riferisco alla produzione della planimetria generale relativa all’area rilevata e di cui è stata prodotta la nuvola di punti.
Ecco la richiesta nelle specifiche tecniche:
“Al fine di agevolare la gestione e consentire una più immediata lettura del rilievo tridimensionale, lo stesso dovrà essere corredato da:
- un elaborato planimetrico, consegnato nel formato PDF/A e nel formato vettoriale DXF o DWG georeferenziato nel sistema di riferimento EPSG3003 (…) o EPSG6707 (…), che dovrà riportare l’ubicazione della rete di capisaldi utilizzati e dovrà avere un dettaglio di scala 1:500 o 1:1.000;
- opportune sezioni rapportabili con quelle contenute nel progetto approvato contenenti anche lo stato sovrapposto con quest’ultimo;
- opportune sezioni rapportabili con quelle contenute nel progetto approvato contenenti un sovrapposto con lo stato degli scavi alla fine dell’anno precedente, se disponibile.
…”
Se la richiesta di produrre un dato tridimensionale come rilievo dello stato di fatto alla fine dell’anno solare è stato un cambiamento, sì importante, ma del tutto proiettato verso le nuove tecniche di rilievo ed i nuovi dati territoriali, la richiesta di planimetria e sezioni sono un po’ come l’ancora e la catena che mantengono il processo legato a quello si era fatto sino ad ora.
Ed a quello che gli Amministratori sono sempre stati abituati a leggere e valutare.
Personalmente credo che passare da un ricco dato 3D ad una planimetria 2D significhi molto di più di perdere solamente una dimensione (la “z”).
È un po’ come andare sullo sterrato con una bici da corsa ed i tubolari a 10 atmosfere.
Al di là di valutazioni e considerazioni personali, questo obiettivo ha richiesto molto lavoro per essere raggiunto.
- Una planimetria ha bisogno di curve di livello.
- E le curve di livello devono essere rappresentative del solo terreno,
- Ma le curve di livello di elementi verticali collassano una sull’altra.
Potrebbe non sembrare evidente ma ti assicuro che la portata (in termini di lavoro necessario) è stata grande.
E conseguentemente si ripercuote anche sul costo complessivo del lavoro.
Credo che per agevolare questi rilievi anche da un punti di vista economico una richiesta del genere dovrebbe essere messa da parte.
Ma, di nuovo, si tratta sempre del mio pensiero…
Generare curve di livello implica ripulire (o, più elegantemente, classificare) la nuvola di punti per cercare di ottenere, nel miglior modo possibile, i punti del terreno nudo (o del marmo).
Ho usato algoritmi semi automatici (dentro il software Lidar360) ma sono comunque intervenuto anche a mano per sistemare eventuali errori o mancanze del software.
Creare curve di livello da una nuvola non classificata significa avere vettori che rappresentano anche i blocchi stoccati nei piazzali, le macchine, gli escavatori, baracche e fabbricati; tutte cose che non c’entrano niente con il terreno.
La generazione delle curve di livello è passata attraverso un modello a triangoli (TIN) di tutta l’area, scegliendo come passo di rappresentazione un metro, allineandomi così alla richiesta di produrre una planimetria in scala 1:1.000.
E da qui sono arrivato ai fantomatici vettori.
Ora si è trattato di editare le curve di livello nelle parti verticali, dove collassano una sull’altra.
E ce ne sono tante di queste zone nel rilievo che ho fatto, si tratta di tutte le bancate e le parti più “in piedi” delle pareti di roccia esposta.
Ho lavorato in CAD, con il supporto dell’ortofoto e del modello 3D, con tanta pazienza in un lungo percorso di taglia e cuci….
Se non ti ho già scritto che è stato lungo, te lo riscrivo qui: è stato lungo (ed anche piuttosto noioso…)
È stato importante appoggiarsi ad output 2D (ortofoto ad alta risoluzione) che permettono di creare una base di riferimento nello spazio bidimensionale della rappresentazione in CAD ma anche alle nuvole di punti che fornisco un punto di vista privilegiato del modello da vettorializzare.
In molti casi ho disegnato direttamente sulla nuvola di punt esportando i vettori in formato DWG.
Non ci ho messo poco…
Ah, ma credo di avertelo già detto!
🙂
E poi ho disegnato anche:
- le strade;
- i fabbricati e le baracche;
- le zone di accumulo e deposito;
- i “ravaneti“;
- le gallerie;
- le aree di accumulo acqua;
- i capisaldi
Ecco il risultato (di una parte dell’aea rilevata)!
NON È ANCORA FINITA: GIS E SHAPEFILE
Manca ancora una cosa all’output 2D: gli shapefile da poter inserire nei database regionali e caricali sui software GIS.
Anche qui ti scrivo la richiesta specifica:
“… la rappresentazione tecnica della planimetria dovrà essere semplificata in una rappresentazione piana poligonale in formato shapefile georeferenziata nel sistema EPSG3003 o EPSG6707, contenente questi campi informativi:
- identificativo regionale del giacimento;
- denominazione regionale del giacimento;
- identificativo regionale del comprensorio;
- denominazione regionale del comprensorio;
- anno di riferimento;
- data del rilievo;
- destinazione d’uso principale dell’area;
- livello del piano di riferimento;
- quota media…”
Di per sè preparare questi file non è poi così complesso.
Anzi.
Una cosa buona della rappresentazione vettoriale in ambiente CAD è che permette di reperire i file vettoriali direttamente da lì e creare gli shapefile.
Per ogni vettore (area di scavo a cielo aperto, piazzale di lavoro, galleria, area servizi tecnici, …) è associato un databese (DBF) dove vanno scritte le informazioni richieste.
Dopo tutto, ho fatto presto.
In questo modo gli uffici regionali riescono ad avere informazioni discrete di elementi areali ma che pesano pochissimo e richiedono semplicemente un software GIS ed un pc assolutamente normale per poter essere lette.
La georeferenziazione poi permette di disporre tutto quanto in modo corretto nel territorio regionale.
CAPISALDI E MONOGRAFIE
L’ultima richiesta che viene fatta riguarda le monografie dei capisaldi materializzati a terra.
Una monografia è una scheda che riporta informazioni utili per chi può/deve/dovrà utilizzare quel chiodo/elemento a terra nei suoi rilievi.
E queste informazioni sono le coordinate che ne identificano la posizione e tutto quanto è utile per permetterti di trovarlo in campo.
Ti assicuro che se non hai messo tu il punto a terra, è praticamente impossibile trovarlo senza una guida ben fatta.
Le specifiche tecniche chiedono che:
“Gli elaborati consegnati contengano l’abaco dei capisaldi materializzati al suolo con le schede monografiche di dettaglio di ciascun punto, caratterizzate almeno dalle coordinate plano-altimetriche nei sistemi di riferimento EPSG3003 e EPSG6707 oltre che idonea documentazione fotografica”.
I dati c’erano tutti.
Si è trattato si organizzarli in bella copia e metterli insieme ordinatamente.
CONSIDERAZIONI FINALI
Per la parte operativa direi che è tutto!
Mi fa piacere concludere questo (lungo) articolo con qualche considerazione finale.
RELAZIONE TECNICA
Anche se non è richiesto dalla specifiche tecniche regionali io ho aggiunto una Relazione Tecnica descrittiva del lavoro e di presentazione dei risultati.
Forse era sottointeso produrla (anche se ritengo che in questi casi i sottointesi non ci debbano essere) ma credo che sia importante per riepilogare tutto il lavoro, metterci sopra la testa, capire il processo, verificare i risultati e, soprattutto, avere un posto dove metter timbro, firma e, soprattutto, responsabilità del lavoro fatto.
NON ESISTE LO STRUMENTO PERFETTO
In questo lavoro ho usato parecchi strumenti.
Alcuni anche piuttosto “avanzati”.
Ma non ce n’è uno migliore dell’altro.
O uno che ti permetta di portare a casa i dati necessari usando solo quello.
Sono un fan dell’integrazione ed è solo attraverso l’integrazione strumentale che si possono raggiungere i migliori risultati in termini di output e di efficienza.
ATTENZIONE ALLA SICUREZZA
Una cava di marmo a Carrara è un posto potenzialmente pericoloso.
Anche se c’è un Piano di Sicurezza (PSC), dei responsabili, le misure protettive ed i dispositivi di protezione individuale rimane comunque un luogo in cui è necessario guardarsi intorno attentamente oltre che armeggiare a testa bassa sui propri strumenti, tablet e controller!
In questi casi diventa importante il supporto che si può avere in cantiere durante i lavori, dato da parte di chi conosce la cave e le dinamiche del cantiere.
Per questo non ringrazierò mai abbastanza Mirco Ferrari, il direttore dei lavori della cooperativa, per tutto l’aiuto che mi ha dato, per gli innumerevoli passaggi sul suo fuoristrada, su e giù per le strade di arroccamento, per l’acqua e per la focaccia con la mondiola (mortadella) dei numerosi pranzi apuani!
MISURA TUTTO QUELLO CHE TROVI IN CAMPO
In topografia e nel rilievo c’è una regola che non trovi scritta nei libri di testo ma che è piuttosto importante.
Si può declinare in vari modi.
Il più immediato è: “più ce n’è e meglio è“, che più elegantemente vuol dire che “una misura in più è molto meglio di una in meno“.
Quelli bravi direbbero di “puntare alla ridondanza dei dati“.
Nella pratica funziona così: “se trovi qualcosa in campo la cui misura potrà tornarti utile nella fase di elaborazione dati o di verificare dell’output, rilevalo/misuralo/battilo/annotalo, …”
In questo caso ho trovato, sulle bancate, dei vecchi segni di rilievi fatti dal CGT (Centro di GeoTecnologie) dell’Università di Siena.
Erano un po’ sbiaditi.
Li ho rinfrescati con vernice spray rossa e li ho battuti con l’antenna GNSS.
Sono stati dei buoni punti extra, ben visibili nelle fotografie aeree, che ho usato nelle elaborazioni structure from motion.
LUCE, CONTROLLER E SCHERMI LCD
La scelta di un controller per gestire i tuoi strumenti topografici potrebbe sembrare da un lato poco rilevante e dall’altro anche ovvia.
Tendiamo ad usare la migliore e più recente soluzione tecnologica, ma non è detto che sia la scelta migliore.
L’ambiente di utilizzo incide parecchio sulla scelta di un display.
In una cava di marmo bianco, in estate (perchè è in estate che ho fatto il grosso dei rilievi dell’area) c’è luce, forte, ovunque.
Il display deve essere spinto al massimo della luminosità per permetterti di vederci qualcosa.
E le batterie scendono velocemente.
Se non hai punti di ricarica e/o batterie di scorta, il rischio di rimanere a secco è concreto.
E ciò comporterebbe l’interruzione del rilievo.
Durante il lavoro ho avuto la possibilità di cambiare controller passando ad uno sempre piuttosto avanzato (da Trimble T10 a Trimble TSC7) ma con uno schermo più piccolo ed un comparto batterie molto efficiente (due batterie separate sostituibili a caldo in campo).
È stato molto meglio!
🙂
RADIO
Non è detto che il telefono prenda sempre bene, ovunque.
Non è così.
E spesso serve comunicare tra punti distanti della cava.
O, magari, anche se non sono distanti in linea d’aria lo sono per il tempo che ti serve per spostarti da uno all’altro, perchè potrebbe esserci un cantiere o un canyon e devi fare tutto il giro per arrivarci.
Ed allora la radio è una risorsa preziosa, dall’altissimo rapporto costi/benefici.
Costa poco ma ti aiuta parecchio!
CALDO, ACQUA E ORE DI LAVORO
Lavorare nelle cave stanca.
Ok, io non ho spaccato pietre o ribaltato bancate ma ero comunque stanco, perchè quello che stanca è l’ambiente.
In estate fa caldo, sei esposto al sole continuamente (il versante tirrenico guarda verso Sud-Sud/Ovest) e la luce rimbalza ovunque, fortissima.
Gli occhi si stancano presto.
Se poi c’è brezza di mare rischi di sentire meno la sete e potresti anche disidratarti.
Occhiali da sole, crema solare e tanta acqua sono indispensabili.
Serve poi fare un’attenta valutazione dei tempi che realisticamente potrai passare in campo.
Se l’area è grande ed il rilievo è complesso potrebbero volerci più giornate di campo (io ne ho impiegate circa 15).
È impensabile fare tirate da 10 ore giornaliere, per più giorni consecutivi qui.
Alle 13 scappano tutti!
Il rischio di finire bolliti è alto.
Meglio programmare qualche giornata in più, ma prendendosela con più calma.
La lucidità nel prendere le misure ringrazia!
🙂
RINGRAZIAMENTI
Ecco, direi che ora è veramente tutto!
È stata una bellissima avventura in cui ho imparato tanto e da cui mi porto a casa un pochino di esperienza in più.
Spero di rifarne altre simili!
Prima di finire davvero l’articolo ci tengo a ringraziare, oltre a Mirco Ferrari, di cui ho già scritto sopra:
Maurizio Profeti, per il costante confronto tecnico durante il rilievo, per l’aiuto nella restituzione dei dati e per il suo punto di vista da geologo rocciatore che mi ha permesso di capire tanti dettagli ed aspetti tecnici a cui da solo non sarei mai arrivato;
Valentino Carnicelli, per l’aiuto nelle fasi iniziali e di programmazione dell’intero lavoro;
Maro Pellegrino, per il supporto operativo in campo e la disponibilità a venire incontro a tutte le richieste operative durante le varie difficoltà incontrate nel rilievo e per avermi invitato ad esporre questo caso di studio nell’ambito del programma di formazione “Trimble Digital Program”;
Luca Gusella, per l’impagabile aiuto nell’elaborazione dei dati di campo e per i trucchi ed i consigli in fase di acquisizione mirati ad ottimizzare tutto il processo;
Matteo Lapini, per la grandissima disponibilità sua e di tutta la squadra di Spektra/Trimble Italia, per niente scontata!
Io spero che questo racconto ti sia piaciuto.
Grazie per essere arrivata o arrivato fino a qui a leggerlo.
Se hai dubbi, domande, curiosità, osservazioni o altre cose che ti vengono in mente puoi scrivermi o mandarmi un messaggio audio su Telegram, mi trovi come @paolocorradeghini.
VIDEO E PRESENTAZIONE
Ecco qui il video che ho pubblicato sul Canale YouTube di 3DMetrica e che riguarda l’intervento che ho tenuto durante due webinar organizzati da Trimble Italia nell’ambito del programma formativo Trimble Digital Program.
Se non vedi il video qui sotto, puoi trovarlo qui.
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