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FOTOGRAMMETRIA CON LO SPARK

4 Luglio 2018
Immagine di copertina dell'articolo fotogrammetria con lo spark

In questo articolo faccio un confronto tra tre rilievi aerofotogrammetrici, fatti nella stessa aerea ma con droni diversi, per valutare se si può fare fotogrammetria con lo Spark, il drone di casa DJI che, opportunamente alleggerito, rientra nella famosa categoria dei “trecentini“.

Ho elaborato i rilievi di un’area di cava fatti nello stesso giorno con un DJI Spark, un DJI Phantom 4 Pro ed un iDRONI Venture Mapper.
Ho confrontato i dati ottenuti per valutare, quantitativamente, se è possibile usare un drone piccolo e compatto come il DJI Spark per fare fotogrammetria ed ottenere risultati attendibili.
Sono arrivato alla conclusione che si può fare fotogrammetria con lo Spark.

In questo articolo ti parlo di un caso di studio semplice: una cava di inerti a prevalente estensione orizzontale.
Ne scriverò un altro (almeno un altro) per valutare di nuovo le possibilità dello Spark in fotogrammetria ma applicato ad un caso più complesso, quello di una parete rocciosa quasi verticale.

Ho fatto personalmente i voli con lo Spark ed il Phantom mentre il Venture Mapper l’ha pilotato Gregorio Silvestro, pilota esperto di iDRONI Service, società con cui ho avviato una bella collaborazione nel campo dei rilievi aerofotogrammetrici.

DRONI TRECENTINI E INOFFENSIVI

I droni che pesano meno di 300 grammi e sono dichiarati inoffensivi, possono essere pilotati senza un attestato di Pilota APR.

Trovi in commercio tanti droni che pesano davvero poco e li puoi comprare, a prezzi bassi, anche al supermercato (non è una battuta!).
Tuttavia le loro performance di volo (autonomia della batteria e stabilità in aria) e della fotocamera (bassa risoluzione e sensori piccoli) non li rendono adatti per il lavoro aereofotogrammetrico.

Questo vale per molti, ma non per tutti.

Il DJI Spark è stato uno dei primi droni che è riuscito a condensare buona qualità fotografica e buone prestazioni di volo in poco spazio e con poco peso.
Se non è stato il primo è stato sicuramente il più famoso della serie!

Non voglio entrare nel campo normativo degli “APR inoffensivi di peso inferiore a 300 grammi”, perchè non è tra gli scopi di questo articolo.
Avevo scritto un post su quello che c’è da sapere per lavorare con i droni in Italia.
Lo trovi a questo link e contiene un po’ di informazioni specifiche riferite alle regole ENAC/ENAV da sapere ed osservare prima di mandare in aria un drone e lavorarci.
Incluso quello che riguarda i trecentini.

La possibilità di pilotare un drone senza dover seguire corsi ed esami per avere attestati (e pagare i relativi costi) ha fatto avvicinare molte persone a questi “piccoletti”.
In tanti si sono domandati se si potesse usare lo Spark per fare fotogrammetria.
Potrebbe essere una risorsa interessante da integrare tra gli strumenti di lavoro di un tecnico e richiederebbe un investimento economico piuttosto contenuto.

Se cerchi on line “si può fare fotogrammetria con lo Spark” troverai un po’ di contenuti che supportano questa possibilità.
Se poi ti addentri nei forum di settore, i pareri sono discordanti: c’è chi dice di sì e c’è chi dice di no.

Io ho uno Spark da un anno, alleggerito, dichiarato inoffensivo, registrato ed assicurato.
Non l’ho mai usato per fare un rilievo aerofotogrammetrico commissionato.
In tutti i lavori di cui sono stato incaricato ho sempre usato il Phantom 4 Pro.

Finalmente ho potuto fare un test di campo approfondito e comparativo per esplorarne le potenzialità nelle applicazioni fotogrammetriche.
I risultati sono molto interessanti e mi fa piacere condividerli con te.

UN’ANALISI COMPARATIVA

Ho scelto di fare un’analisi comparativa per valutare i risultati di un rilievo fatto (anche) con lo Spark, elaborando le fotografie scattate da tre droni diversi nella stessa area e nelle stesse (quasi!) condizioni.
In questo modo ho potuto valutare altri aspetti, oltre all’affidabilità del rilievo, comunque importanti: la densità delle nuvole di punti (sparsa e densa), le caratteristiche della mesh e la qualità della texture, la risoluzione del DEM (il Modello Digitale di Elevazione) ed il dettaglio dell’ortofoto.

SPARK, PHANTOM E VENTURE MAPPER

Ti scrivo qui sotto le caratteristiche dei sensori fotografici delle fotocamere montate a bordo dei droni che hanno voalto.

Immagine del drone DJI Spark in voloIl DJI Spark:
ha un sensore CMOS da 1/2.3″ e 12 Mpixel;
la sua ottica integrata ha un angolo di campo di 25mm (nel formato equivalente al 35mm) con apertura del diaframma fissa f/2.6;
scatta immagini in formato JPG da 3968×2976 pixel (con un rapporto tra i lati di 4:3);
ciascun pixel del sensore misura 1.5 x 1.5 µm.

Fotografia del drone DJI Phantom 4 in voloIl DJI Phantom 4 Pro:
ha un sensore CMOS da 1″ da 20 Mpixel;
l’angolo di campo dell’ottica è di 24mm e l’apertura del diaframma può variare da f/2.8 a f/11;
ho scattato foto in formato JPG, rapporto 3:2, di dimensione 5472×3648 pixel (anche se si può scattare anche in formato RAW);
i suoi pixel sono quadrati di lato 2.4 µm.

Immagine di un APR iDRONI Venture Mapper in volo con Sony QX1Il Venture Mapper trasporta una Sony QX1:
che ha un sensore APSC (1.8″) da 20 Mipixel;
monta un’ottica fissa da 16mm, il cui angolo di campo corrisponde a circa 24mm nel formato 35 mm equivalente;
ha scattato immagini JPG da 5456×3632 pixel, per un rapporto di 3:2 (ma anche lei scatta in RAW);
la dimensione dei pixel è di 4.4 x 4.4 µm;
nella configurazione che abbiamo usato in questo caso, la fotocamera è montata in posizione nadirale e non è collegata ad alcuna gimbal per la stabilizzazione.

L’AREA DELLE OPERAZIONI

Ho fatto i test durante un rilievo aerofotogrammetrico in una cava di inerti del milanese (a ovest di Milano).
Insieme a Gregorio Silvestro (pilota) e Luigi Contin (pilota ed istruttore APR ed accountable manager di iDRONI), di iDRONI Service, abbiamo rilevato l’area volando con il Venture Mapper su missioni programmate con il software Mission Planner di Ardupilot.
Al termine delle attività ho fatto volare prima lo Spark e poi il Phantom 4 Pro per scattare fotografie di un pezzetto di tutta l’area rilevata.

Immagine aerea di cava di inerti oggetto di rilievo aerofotogrammetrico

Una cava di questo tipo si presta bene ad essere rilevata con un drone e le tecniche fotogrammetriche: non ha molta vegetazione ed è prevalente l’estensione superficiale rispetto al dislivello.
Ho scelto di condurre i test solo in una porzione di tutta l’area.
Nella foto qui sopra l’area approfondita sta in basso a sinistra, misura poco più di mezzo ettaro, ha poca vegetazione ed un po’ di dislivello (una decina di metri).
Un dettaglio lo vedi qui sotto.

Immagine aerea di area di cava interessata da rilievo aerofotogrammetrico con DJI Spark

LA LEGGE È (QUASI) UGUALE PER TUTTI

In un’analisi comparativa, si dovrebbe condurre ogni esperimento nelle solite condizioni al contorno, per valutare il più oggettivamente possibile i risultati.
Ho provato a farlo anche qui, anche se ho sgarrato in alcune cose.
Ho cercato di andare dietro alle operazioni del Venture Mapper, che era lì per lavoro.
Perdonami il poco rigore del metodo!
Prendi tutto questo come una condivisione di esperienza, non è davvero un articolo scientifico.
I revisori di una rivista scientifica me lo avrebbero rimandato indietro alla terza riga!
🙂

Ti faccio un riassunto delle condizioni al contorno che ho usato.

RIPRESE NADIRALI

Le fotografie scattate dal Venture Mapper erano di tipo nadirale (fotocamera orientata vero il basso) ed allo stesso modo sono state scattate le fotografie sia con il Phantom che con lo Spark.
In realtà lo Spark non permette di fare foto perfettamente nadirali.
L’inclinazione della camera, ossia l’angolo di pitch, si ferma a 85°.
Gli mancano quindi 5° per raggiungere il Phantom e la Sony QX1, montata sul Venture Mapper, in posizione nadirale a 90°.

Se avessi dovuto restituire il rilievo di quest’area per un incarico avrei scattato anche fotografie con camera inclinata (20°-30° rispetto all’orizzontale) riprendendo (più o meno) frontalmente i fronti di scavo e gli elementi un po’ più verticali.
Aiuta nell’elaborazione dei dati nel software structure from motion.

MISSIONI DI VOLO

Il Venture Mapper ha volato secondo missioni di volo programmate per garantire una sovrapposizione longitudinale (overlap) e trasversale (overside) dei fotogrammi costante e dell’80%.

Immagine che rappresenta i punti di ripresa fotografica durante una missione di volo automatica del Venture Mapper in un rilievo aerofotogrammetrico

Il DJI Spark non può volare seguendo una missione di volo.
O meglio, non poteva farlo quando è stato fatto il rilievo (Maggio 2018).
O ancora meglio, non poteva farlo nel momento del rilievo e con un dispositivo di controllo (smartphone) Android collegato al radiocomando.

Se sei un utilizzatore IOS puoi provare l’app Map Pilot per programmare una missione di volo automatico con lo Spark.
Dovrebbe funzionare.
Proprio nel momento in cui sto scrivendo questo post è uscita la notizia secondo cui DJI avrebbe sbloccato la possibilità di far volare lo Spark in modo automatico e mi aspetto che, da qui a breve, tutte le più note app di controllo del volo degli APR permettano di farci missioni programmate (Pix4D Capture, Drone Deploy, Litchi, Altizure, …).

Qualcosa cambierà ma, per farla breve, ho pilotato lo Spark in modalità manuale scattando foto manualmente e valutandone la sovrapposizione tra le foto direttamente dallo schermo dello smartphone sull’app DJI Go 4.
Ad ogni scatto ho fermato il drone in hovering per evitare possibili problemi di mosso e sfuocato.

Immagine che rappresenta i punti di ripresa fotografica durante una missione di volo manuale del DJI Spark in un rilievo aerofotogrammetrico

Ed ho fatto lo stesso con il Phantom 4 Pro (preoccupandomi un po’ di meno di fermarlo ad ogni scatto perchè ha un otturatore meccanico nella fotocamera).
Non perchè fosse meglio (non lo era!) ma perchè ho voluto avvicinarmi un po’ di più alle operazioni fatte con lo Spark.

Qui di sotto puoi vedere un confronto tra le posizioni dei punti di ripresa nelle tre diverse operazioni di volo dei tre APR.
È evidente come si passi dall’ordine del Venture Mapper alla maggiore confusione della rotta che ho cercato di fare seguire allo Spark.
E il Phantom sta nel mezzo!
I colori mettono in relazione le porzioni di aree fotografate con il numero di fotografie in cui quell’area compare.
In tutti e tre i casi, la parte interessata dal rilievo è stata ampiamente e sufficientemente coperta dalle foto.

Immagine comparativa che rappresenta la posizione dei punti di ripresa fotografica durante le tre operazioni di volo con diversi APR

Se avessi fatto le cose per bene e se questo fosse stato un lavoro commissionato avrei volato secondo l’approccio della “doppia griglia“, ossia avrei fatto una prima acquisizione secondo strisciate orientate in una direzione e poi avrei fatto una seconda acquisizione secondo strisciate perpendicolari alle prime (con una sovrapposizione tra fotogrammi consecutivi, la sovrapposizione longitudinale, l’overlap, più blanda, tipo del 60%)

G.S.D. E ALTEZZA DI VOLO

Il G.S.D. (Ground Sampling Distance) è un parametro importantissimo in fotogrammetria.
In aerofotogrammetria definisce la risoluzione a terra di ciascuna immagine.
Minore è il GSD e più dettagliata è un’immagine.

Ho scritto degli articoli anche sul GSD.
Non mi addentro quindi in altre spiegazioni e ti rimando a questi post che trovi qui: aerofotogrammetria su Terreni inclinati e Ground Sampling Distance.

Il Venture Mapper ha volato a circa 100 m di altezza dal suolo per un valore del GSD di 3 cm/pixel.
Era necessario volare alti per coprire tutta l’area del rilievo con un numero ragionevole di immagini.

Ho fatto volare lo Spark ed il Phantom 4 Pro ad una quota tale da avere un GSD teorico tra 1.6 e 1.7 cm/pixel.

Lo Spark ha volato a circa 40 m dal suolo.
Il Phantom ha scattato foto a circa 60 m da terra.

Sia il volo dello Spark che quello del Phantom li ho condotti variando l’altezza da terra in corrispondeza dei dislivelli sul terreno.
Durante il rilievo satellitare dei punti di appoggio a terra ho verificato i dislivelli tra i vari piani altimetrici dell’area del rilievo e ho cambiato le altezze di volo di conseguenza, aiutandomi con le informazioni telemetriche che leggevo nell’app di controllo del volo collegato al radiocomando (DJI GO 4 su Samsung Galaxy S8 per lo Spark e Litchi su Samsung Galaxy Tab S2 per il Phantom).

Qui sotto vedi le posizioni dei punti di ripresa nel volo del Phantom.

Immagine che rappresenta i punti di ripresa fotografica durante una missione di volo manuale del DJI Phantom 4 Pro in un rilievo aerofotogrammetrico

QUANTE FOTO E QUALE FORMATO

Tutte le fotografie scattate dai droni erano in formato JPG.

Io sono un fan del file RAW (avevo scritto un articolo sul ritocco delle foto in formato RAW prima dell’elaborazione fotogrammetrica che trovi a questo link) ma per questo test ho scattato foto in formato JPG.
Lo Spark non ti lascia fotografare in RAW.

Per l’area interessata dai rilievi aerofotogrammetrici:
la Sony QX1 a bordo del Venture Mapper ha scattato 31 foto per coprie circa 5 ettari (molto di più dell’area del test comparativo!);
il Phantom 4 Pro ha coperto poco meno di 2 ettari con 64 immagini;
lo Spark ha scattato 79 immagini per un ettaro di superficie.

IL RILIEVO DEI PUNTI DI APPOGGIO

I punti di appoggio del rilievo aerofotogrammetrico sono l’uncia condizione al contorno davvero uguale nei tre rilievi con i diversi droni.
Sono gli stessi per tutte le elaborazioni!

Ho materializzato a terra un bel po’ di target artificiali, in PVC morbido 80×80 cm (quelli che mi sono fatto e che puoi scaricare a questo link) e rigido 60×60 cm, di cui ho rilevato la posizione con un’antenna satellitare GNSS in modalità NRTK, con appoggio alle basi fisse della rete Italpos e correzione delle misure in tempo reale.

Rispetto ai punti messi al suolo per tutto il rilievo della cava, ho aumentato la densità nell’area del test.

La precisione media delle misure è stata di circa 3 cm.

Ho convertito le coordinate geografiche dei punti batutti dal sistema di acquisizione WGS84 (EPSG 4326) al sistema cartografico ETRF2000 (2008.0) – RDN2008 – Zona 32N (EPSG 6707) utilizzando il software gratuito Convergo.
Il Sistema di Riferimento ETRF2000 è stato quello che ho scelto per le elaborazioni fotogrammetriche con software ad algoritmi Structure from Motion (SfM) di cui ti scrivo ora.

L’ELABORAZIONE SfM

Dopo il lavoro di campo ho creato 3 nuovi progetti nel software Agisoft Photoscan a cui ho dato in pasto fotografie, fatte da ognuno dei droni, e misure per ricavare i modelli tridimensionali.

Ti metto qui sotto le principali impostazioni di elaborazione che ho mantenuto uguali tra un progetto e l’altro.

  • Allineamento delle immagini: modalità High, senza considerare le informazioni GPS scritte nei metadati di ogni immagine;
  • Ottimizzazione dei parametri delle immagini sulla base di 7 punti di appoggio a terra;
  • Costruzione della nuvola di punti densa: qualità High e modalità di filtraggio Aggressive;
  • Generazione della mesh: qualità High, tipo di superficie Arbitrary;
  • Elaborazione della texture: modalità di mapping Generic, modalità di blending Mosaic, dimensione della texture 16 x 2048 x 2048 pixel;
  • Determinazione di DEM e Ortomosaico a partire dalla mesh tridimensionale.

GCP e CP

Di tutti i punti rilevati a terra ho scelto di usarne un numero limitato.
In questo modo ho contenuto i tempi di elaborazione (confermare la posizione di tutti i marker su ogni foto di ogni dataset avrebbe richiesto un nel po’ di tempo) ed ho avuto a disposizione altri punti, ben visibili sul modello, per valutarne le coordinate restituite nelle varie elaborazioni e verificarle anche con la loro effettiva posizione rilevata sul campo.

Ho inserito nel software le coordinate di 10 punti di appoggio di cui 7 GCP – Ground Control Points (da 1 a 7) – per l’orientamento e la georeferenziazione del modello e 3 CP – Check Points (da 8 a 10) per la verifica dell’accuratezza generale.
Puoi vedere la loro disposizione planimetrica nell’immagine qui sotto.

Immagine che mosra la disposizione planimetrica di 7 GCP e di 3 CP su ortofoto per l'appoggio di un rilievo aerofotogrammetrico in Phosotcan

ANALISI DEI RISULTATI

Dopo le elaborazione SfM con Photoscan ho esportato un po’ di risultati ed ora ti parlo di quello che ho riscontrato.

NUVOLA SPARSA E MATCHING POINTS

Tutti e tre i casi hanno generato un numero simile di punti di aggancio, tie points o matching points, tra le immagini nella fase di allineamento.
Con lo Spark ho ottenuto 25.500 punti.
Con il Phantom 22.400.
E con il Venture 20.800.

Questi punti costituiscono la nuvola di punti sparsa.

L’area coperta dal rilievo dello Spark è di poco inferiore rispetto a quella coperta dal Phantom che è ancora più piccola rispetto a quella del Venture.
Quindi rapportandomi all’area lo Spark ha permesso un numero maggiore di punti rispetto al Phantom ed al Venture.
Credo che ciò sia da imputare al fatto che il volo manuale e lo scatto non automatico delle foto porti generalmente ad acquisire più immagini rispetto a quelle fatte in una missione programmata.
E più immagini aiutano la ricerca dei punti comuni tra di loro, aumentando il numero di matching points.

NUVOLA DI PUNTI DENSA

La nuvola di punti densa è il prodotto “principe” di un rilievo fotogrammetrico.
Sono punti molto vicini uno con l’altro, di cui si conoscono le coordinate ed il colore.
La nuvola di punti è georeferenziata.

Qui dentro c’è tutto il necessario per tirare fuori gli altri prodotti di un rilievo (modelli digitali di elevazione, ortofoto, quote, sezioni e curve di livello, …) e tutto quello che serve a chi ha commissionato il rilievo per avere le informazioni secondo la sua sensibilità specifica (che è diversa da quella di chi ha fatto il rilievo) e necessità.

È dall’analisi della nuvola di punti densa che recupero la maggior parte dei riscontri per valutare la bontà e l’attinenza dei rilievi.

DENSITÀ DEI PUNTI

La nuvola di punti generata dall’elaborazione delle fotografie della Sony QX1 montata sul Venture Mapper conta 19.000.000 di punti.
Quella fatta a partire dalle foto del Phantom 4 Pro ne ha 21.000.000.
E quella dello Spark 15.000.000.

C’è da dire però, che così come per i punti della nuvola sparsa, anche la nuvola densa va calata sull’area specifica, perchè quella dello Spark è molto più piccola rispetta a quella del Venture Mapper, come vedi nelle immagini che ti metto qui sotto (primo: Venture Mapper, secondo: Phantom, terzo: Spark)

Immagine che rappresenta la nuvola di punti generata dall'elaborazione delle foto della Sony QX1 montata su Venture Mapper
Immagine che rappresenta la nuvola di punti generata dall'elaborazione delle foto della camera a bordo del DJI Phanotm 4 Pro
Immagine che rappresenta la nuvola di punti generata dall'elaborazione delle foto della camera a bordo del DJI Spark

Ho preso le tre nuvole di punti, le ho portate dentro Cloud Compare (un software open source molto valido per gestire nuvole di punti) e le ho ritagliate tutte e tre secondo una polilinea comune, che ha funzionato da bordo.
Una volta fissata la superfcie, circa 3.000 m², il confronto tra le nuvole permette di valutare meglio la densità dei punti.
Eccola qui sotto!

Immagini che mostrano i limiti dell'area di controllo per valutare la densità delle nuvole di punti dense

In quest’area, la nuvola densa del rilievo fatto con il Venture Mapper ha 1.300.000 punti, che vuol dire poco più di 400 punti per metro quadrato.
Il Phantom 4 Pro ha prodotto, per l’area ristretta, una nuvola densa di 3.500.000 punti, a cui corrispondono 1.100 punti per metro quadrato.
E infine l’elaborazione dei dati dello Spark ha generato, sempre per questa porzione di territorio, 4.500.000 punti, da cui ne viene 1.500 punti al metro quadrato!

Prima di confrontare la densità delle nuvole, le ho filtrate in Cloud Compare con la funzione Remove Duplicate Points, che permette di eliminare punti vicini tra di loro oltre una cera soglia limite.
Ho scelto di elimanare punti che fossero più vicini uno con l’altro di 1 mm.

È davvero interessante vedere come la nuvola densa generata dallo Spark sia la più fitta di tutte.

Mi spiego questo fatto così:

  • Il GSD di progetto del Venture Mapper è quasi doppio rispetto a quello di Phantom e Spark.
  • La sovrapposizione delle fotografie fatte con Phantom e Spark è maggiore rispetto a quelle fatte con il Venture Mapper.
    La ridondanza paga! 🙂
  • I voli fatti con Phantom e Spark hanno seguito le quote del terreno, quindi il GSD è costante in ogni settore.
    Vista l’estensione di tutta l’area rilevata, il Venture ha volato mantenendo un’altezza di volo costante che si traduce in una risoluzione a terra inferiore nelle aree depresse e più lontane dalla fotocamera. Ai fini degli scopi del rilievo generale questo è risultato poco rilevante.
  • Alcune foto scattate dal Venture hanno una perdita di fuoco nelle porzioni esterne del fotogramma.
    Nel rilievo complessivo questo non ha dato problemi nella restituzione generale, ma nello specifico di questo caso, considerando anche le poche foto con cui ha coperto tutta l’area del test, la risoluzione a terra ne ha risentito un po’.
  • Le foto scattate dallo Spark hanno subito un processo di editing automatico da parte del processore, con aumento del contrasto.
    Il Phantom 4 Pro invece ha scattato immagini con un profilo appiattito, “flat” (che è quello che uso per i video), e la mancanza di contrasto potrebbe avere fatto sì che il software riconoscesse meno punti per la costruzione della nuvola densa (normalmente scatto foto in formato RAW che poi ottimizzo per l’elaborazione, cosa che non ho fatto in questo test).

Direi comunque che in tutti e tre i casi ci sono informazioni a terra sufficienti per la rappresentazione tridimensionale del territorio!

Se vuoi esplorare in autonomia le nuvole di punti dei tre voli (le aree sono un po’ più grandi di quella su cui ho fatto il confronto) ho caricato online tre modelli generati con Potree Converter.
Ci puoi fare un po’ quello che vuoi, con gli strumenti che trovi nel menù: esplorarli, misurarli, affettarli ed esportarli!
Li trovi ai link che ti metto qui sotto:
Nuvola di Punti da Sony QX1 su Venture Mapper
Nuvola di Punti da DJI Phantom 4 Pro
Nuvola di Punti da DJI Spark

ACCURATEZZA DEI MODELLI

Ed eccoci alla precisione, o meglio all’accuratezza.
La precisione è un concetto legato alle misure ripetute.
L’accuratezza di un rilievo invece dà un’indicazione di quanto vicino sta un punto restituito rispetto alla sua posizione reale rilevata.

L’accuratezza si misura facendo un’analisi agli scarti quadratici medi delle coordinate di alcuni punti, i CP, Check Points, o QCP, Quality Control Points, generate nel processo di modellazione tridimensionale rispetto alle coordinate battute sul campo.
Io ho utilizzato 3 punti di controllo per ciascun modello di ciascun volo.
Sono un po’ pochi, lo so.
Normalmente ne uso di più, 7-10 in relazione a quanto è complessa l’area.

Comunque, sulla base di questi punti ho ottenuto queste accuratezze:
Venture Mapper: 4.5 cm
DJI Phantom 4 Pro: 7.0 cm
DJI Spark: 5.5 cm

Tutti i valori rientrano all’interno di un limite di confidenza per il rilievo con tecniche fotogrammetriche (anche in relazione ai valori del GSD e la precisione delle misure dei punti di appoggio), che è quello dei 10 cm.
Un’accuratezza di 7 cm è un valido valore medio per la fotogrammetria (salvo casi specifici).

È molto interessante il valore di accuratezza del rilievo fatto con lo Spark!

CONFRONTO TRA MODELLI E COORDINATE REALI

Tutti gli altri target che ho messo a terra, e vedi nelle nuvole di punti, sono ottimi per fare ulteriori analisi e valutazioni sull’accuratezza dei modelli restituiti.
Se vai sui modelli che ho generato con Potree (di cui ti ho messo i link poco sopra) e utilizzi lo strumento di misura “point measurement” vedi le coordinate (Est, Nord, Quota Ortometrica) del punto che hai selezionato.
Puoi confrontare le coordinate di un target in un modello con le coordinate dello stesso target negli altri modelli.

Qui sotto vedi tre screenshot di Potree dove ho misurato un punto del modello generato dal Venture Mapper, poi in quello fatto dalle foto del Phantom ed infine in quello dello Spark.
Le coordinate misurate sul campo (e convertite in coordiante piane) di questo target sono: Est 494301.04; Nord 5041071.87; Quota 166.28.

Gli scostamenti da modello a modello e da modello a dato rilevato sono inferiori a 5 cm.

Immagine che mostra l'interrogazione delle coordinate di un punto della nuvola densa generata dallo Spark Immagine che mostra l'interrogazione delle coordinate di un punto della nuvola densa generata dal Phantom 4 Pro Immagine che mostra l'interrogazione delle coordinate di un punto della nuvola densa generata dal Venture Mapper

Se ti vuoi divertire (se hai di meglio da fare, non mi offendo!) e verificare un po’ di target in giro per i modelli ti do le coordinate di una decina di punti che puoi vedere in planimetria nell’immagine più in basso.

ID EST [m] NORD [m] QUOTA [m slm]
1 494.330,24 5.041.077,74 166,18
2 494.346,19 5.041.064,92 166,47
3 494.333,73 5.041.051,17 164,18
5 494.291,65 5.041.066,16 161,17
6 494.298,81 5.041.047,66 160,06
7 494.319,13 5.041.051,09 158,68
8 494.328,64 5.041.042,68 159,19
9 494.307,08 5.041.035,89 156,02

Immagine che mostra la disposizione planimetica su ortofoto di punti di controllo a terra

MESH, TEXTURE E MODELLO 3D

Dopo la nuvola di punti passo a Mesh; Texture e Modello 3D.
Per quanto riguarda l’aspetto topografico questi elementi sono un po’ meno rilevanti rispetto alla nuvola di punti densa o ad un modello digitale di elevazione (di cui ti parlo dopo), ma li tratto ugualmente.
Anche se faccio veloce!

MESH

La mesh tridimensionale per il modello fatto con le foto dello Spark ha 2.900.000 facce triangolari.
Quella fatta con il Phantom ne ha 4.300.000.
E quella fatta con la Sony QX1 del Venture ne conta 3.900.000.

Questi numeri non sono scalati su un’area specifica (come ho fatto per la nuvola densa) ma riguardano l’intera superficie coperta dal volo di ciascun drone.

Non faccio un’analisi approndita ma mi limito a considerare che la mesh del modello fatto con lo Spark è decisamente solida!

Immagine della mesh tridimensionale triangolare generata dall'elaborazione fotogrammetrica delle foto scattate con il DJI Spark

TEXTURE E MODELLO 3D

La generazione della Texture è legata a strettissimo giro con la qualità delle immagini fotografiche.
Le foto scattate dal Venture Mapper pagano il suo GSD doppio ed acnche un po’ la scarsa nitidezza nelle zone perimetrali di alcune di esse mentre i modelli generati da Spark e Phantom hanno una texture sufficientemente definita.

Ho caricato i modelli texturizzati su Sketchfab.
Sono modelli di tutta l’area coperta, rispettivamente, da ciascun drone.
Ti suggerisco di fare l’analisi comparativa della texture solo nell’area comune a tutti e tre i rilievi, quella rilevata dallo Spark.

TEST-CAVA-SONYQX1
by paolocorradeghini
on Sketchfab

TEST-CAVA-PH4
by paolocorradeghini
on Sketchfab

TEST-CAVA-SPARK
by paolocorradeghini
on Sketchfab

DEM E ORTOFOTO

Con i DEM e l’Ortofoto torno nel territorio di prodotti interssanti per il rilievo topografico.
Le considerazioni da fare per questi prodotti bidimensionali non sono molte e seguono a ruota quelle approfondite sulle nuvole di punti.
Ti faccio vedere qualche confronto!

DEM – Modelli Digitali di Elevazione

Ti anticipo che quello che ti faccio vedere ora sono DSM (Digital Surface Model) e riguardano la superficie vista dall’alto e modellata nell’elaborazione fotogrammetrica (inclusa vegetazione, automobili ed impianti).
Non ho pulito né classificato le nuvole di punti per generare un DTM (Digital Terrain Model).
Se ti interessa approfondire le differenze tra DTM e DSM puoi trovare un articolo a questo link (oltre che ascoltare una puntata del Podcast).

Il DSM fatto con le foto del Venture Mapper ha una risoluzione di 5.5 cm/pixel.
Quello fatto con le foto del Phantom ha una risoluzione di 3.3 cm/pixel.
E quello dello Spark va a 3.0 cm/pixel.

Considerando che un ottimo passo di un modello digitale del terreno reperibile online sui database dei portali cartografici regionali o nazionali è 80 cm/pixel, direi che il risultato è ottimo!

Ti metto in ordine tre immagini dei tre DSM.

DEM generato dalla immagini della Sony QX1 su Venture Mapper

DEM generato dalla immagini delPhantom 4

DEM generato dalla immagini dello Spark

ORTOFOTO

E per finire l’analisi dei risultati, ti faccio vedere le ortofoto generate dai tre modelli, prima nella loro totalità e poi confrontate in un ingrandimento al 100% della loro dimensione.
L’ordine è sempre il solito:
1 – Sony QX1 su Venture Mapper;
2 – DJI Phantom 4 Pro;
3- DJI Spark.

Il dettaglio dell’ortofoto fatta dal rilievo dello Spark non è niente male!

Ortofoto generate dalle immagini della Sony QX1 montata su Venture Mapper

Ortofoto generata dalle immagini del Phantom 4 Pro

Ortofoto generata dalle immagini dello Spark

Ortofoto generate dalle immagini della Sony QX1 montata su Venture Mapper - Dettaglio 100%

Ortofoto generata dalle immagini del Phantom 4 Pro - Dettaglio 100%

Ortofoto generata dalle immagini dello Spark - Dettaglio 100%

CONCLUSIONI

Ok, ora è tempo di conclusioni.
E visto il tema dell’articolo riguardano la possibilità concreta di fare fotogrammetria con lo Spark!
Te le scrivo in un elenco puntato senza ordine di importanza ma così come mi vengono.

  • Alla domanda: “Si può fare fotogrammetria con lo Spark“, rispondo “Sì“.
  • Alla domanda: “Si può fare fotogrammetrica con lo Spark, ovunque“, ti dico “È meglio di No“.
  • I risultati del rilievo aerofotogrammetrico fatto con lo Spark sono solidi e robusti in termini di accuratezza dei dati restituiti, densità dei punti al suolo e risoluzione degli output raster.
    E questo non era scontato.
  • Se usi lo Spark per fare fotogrammetria devi volare a quote inferiori, rispetto ad altri droni, per avere lo stesso GSD.
    Quote inferiori significano più foto.
    Per un ettaro di terreno, il Venture Maper ha scattato 10 foto, il Phantom 30 e lo Spark 80.
    È vero che una missione programmata permetterebbe meno foto, ma credo che difficilmente si scenderebbe sotto le 60.
    Tante foto implicano tempi di elaborazione software più lunghi e maggior spnecessità di spazio di archiviazione dei dati negli hard disk.
    Anche se spesso ci imponiamo limiti che esistono solo nella nostra testa, mi sento di dire con ragionevolezza che non userei lo Spark per rilievi di grandi aree.
  • Se usi lo Spark sarà piuttosto difficile condurre il volo ai limiti dei campi consentiti dalla normativa ENAC.
    Personalmente non l’ho mai portato a 150 m sul terreno sottostante.
    È un drone piccolo ed anche se ha ottime prestazioni in volo è facile perdere il contatto visivo pilota-APR ed uscire dalle condizioni obbligatorie (almeno per ora) di volo in VLOS (Visual Line of Sight).
    In più, il sistema di trasmissione del segnale controller-drone e trasmissione video a terra ha un po’ di lacune ed è sconsigliabile mandarlo lontano o pilotare in zone ad alta interferenza elettromagnetica.
  • Una batteria dello Spark ha una durata nominale di circa 15 minuti.
    In pratica hai autonomia di volo per 10.
    Non sono tanti e dovrai dotarti di parecchie batterie extra per coprire aree grandi.
  • Non l’ho mai detto prima ma ho sempre pilotato lo Spark con il radiocomando.
    Il controllo diretto da smartphone o tablet non è quasi da prendere in considerazione per il lavoro fotogrammetrico.
    È troppo labile!
  • Usare un drone inoffensivo che pesa meno di 300 grammi ti permette di pilotarlo senza attestato di pilota (ma questo te l’ho già detto) ma soprattutto rende non critici tutti gli scenari operativi.
    Questo vuol dire che puoi usare lo Spark, reso inoffensivo, per fare un rilievo in area urbana senza costringere le persone a rimanere in casa o vicino ad una strada senza bloccarne il traffico.
    È un bel vantaggio rispetto alle procedure che devi attuare se usi un drone più pesante in un’operazione critica.
    Credo che lo Spark sia molto interessante per i rilievi architettonici e di edilizia urbana, viabilità, cantieri ed aree di lavoro…
    Occhio però alle No Fly Zone, perchè le devi rispettare tutte!
  • Lo Spark è davvero piccolo e facilmente trasportabile.
    Leggerezza e ingombro ridottissimo potrebbero essere cruciali per rilievi in aree particolari.

Concludo questo lungo articolo dicendoti che i test che ho fatto fino ad ora dicono che puoi fare fotogrammetrica con lo Spark!
Ma senza mai dimenticare la misura dei punti di appoggio e tutti i rigori necessari nella topografia!

Spero di averti dato spunti o contenuti interessanti.
In un altro caso di studio ti porterò un esempio diverso dove l’ho provato su una parete di roccia quasi verticale per la quale sono state necessarie foto a diverse inclinazioni (non solo nadirali, come nel caso di questa cava).

Se ti interessa approfondire ulteriormente i risultati di questo rilievo posso inviarti i file .las delle nuvole di punti dense, o i raster dei modelli digitiali di elevazione o delle ortofoto in alta risoluzione.
Scrivimi un’email a paolo.corradeghini at 3dmetrica.it o mandami un messaggio su Telegram a telegram.me/paolocorradeghini.

Per dubbi, domande o approfondimenti non esitare a scrivere nei commenti qui sotto.
E scrivi anche se ti vengono in mente altre considerazioni o integrazioni ai contenuti del post.
Segnalami tutto che li integro nell’articolo.

Grazie davvero per il tuo tempo e per essere arrivato a leggere fino a qua!
Anche se hai saltato dei pezzi!
🙂

A presto!

Paolo Corradeghini

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Paolo Corradeghini

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24 Comments


GIAMPAOLO BERETTA
5 July 2018 at 23:02
Reply

Bel lavoro. Complimenti!



    Paolo Corradeghini
    7 July 2018 at 15:37
    Reply

    Grazie Giampaolo!

Guido carieri
7 July 2018 at 15:20
Reply

Ciao Paolo ho letto con estrema attenzione l’articolo trovandolo come al solito esaustivo e molto chiaro in termini di esposizione. Una dote rara tra i tecnici.
Le condizioni Meteo con cui avete operato erano favorevoli? Hai qualche dato Sulle velocit del vento? Trattandosi di un 300ino sarebbe intere avere qualche valutazione sul motion blur dello spark. Grazie ed ancora compli



    Paolo Corradeghini
    7 July 2018 at 15:43
    Reply

    Ciao Guido, grazie davvero per il tuo commento!
    La tua osservazione è molto pertinente perchè ho dimenticato di specificare le condizioni meteo nell’articolo.
    Fatto non irrilevante!
    Il tempo era assolutamente favorevole: la giornata soleggiata (anche se per le foto sono meglio le nuvole!) ed il vento era praticamente assente.
    Ho scattato le immagini dello Spark, pilotato a mano, senza usare l’intervallometro ma fermandolo in hovering su ogni punto di presa.
    Questo ha comportato una riduzione sensibile dei problemi legati allo sfocato, dovuto al moto relativo “drone-terreno”, ma porta generalmente ad impiegare più tempo per coprire la solita superficie senza stop durante il volo.
    Appena saranno implementate le funzioni di volo con Waypoint nelle varie app per il controllo del volo (le chiavi sono state rilasciate da DJI proprio in questo periodo) proverò anche missioni di volo programmato con lo scopo di valutare il motion blur.
    Ciao Guido e a presto!
    Paolo

Luciano Michele
11 July 2018 at 11:13
Reply

Davvero un bel post! completo in tutte le parti…ahi ahi per il report meteo…(scherzo) da possessore di uno spark e avendo esperienza diretta lo spark è perfetto per rilievi urbani . io mi sono trovato molto bene riuscendo a restituire dei bei lavoretti. non ho mai avuto la possibilità di fare una comparazione con altro sapr e questo post è stato illuminante ma anche confermato le mie sensazioni



    Paolo Corradeghini
    6 August 2018 at 0:12
    Reply

    Ciao Luciano,
    grazie per il tuo commento ed anche per la pazienza nell’aspettare la mia risposta tardiva!
    Per completezza il report meteo sarebbe stato importante…
    🙂
    Lo metto nel prossimo test comparativo.
    Concordo con te che lo Spark è ottimo per rilievi in ambito urbano ed in situazioni difficili dove le sue dimensioni e la sua praticità d’uso possono essere un grande valore aggiunto rispetto all’uso di droni più grandi.
    Ciao e a presto!
    Paolo

Marco Picciau
20 July 2018 at 1:01
Reply

Scusa se ti contraddico ma per avere un GSD di 2.5cm lo spark deve volare a 74m e il PH4 pro a 94m. La Sony QX1 anche lei un GSD di 2.5cm lo ha a 94m circa.



    Paolo Corradeghini
    20 July 2018 at 8:44
    Reply

    Ciao Marco, grazier per la tua segnalazione.
    Hai ragione su tutto, ho fatto un errore di calcolo sul campo (sulla base di un foglio di calcolo non corretto) che non ho riverificato durante la stesura.
    Ti ringrazio molto e chiedo scusa per l’incorrettezza.
    Ho aggiornato i contenuti dell’articolo con i valori corretti del GSD sulla base delle altezze di volo.
    Spero che l’articolo possa essere comunque utile per un’analisi comparativa sulla potenzialità dello Spark.
    Grazie ancora e buona giornata!
    Paolo

Gualtiero Zanetti
5 October 2018 at 17:26
Reply

Buongiorno Paolo. Da qualche tempo ormai mi sto leggendo i tuoi interessanti articoli che dimostrano, non solo professionalità, ma anche passione in ciò che fai. E tutto questo mi piace. Visto che trattiamo lo stesso (più o meno) ambito lavorativo, volevo chiederti se conosci qualcuno (o hai qualche informazione) che si occupi di rilievi LIDAR con APR. l’ unico GROSSO ostacolo è proprio il costo del Lidar. riguardo la fotogrammetria, Ho provato a verificare con test dimostrativi ma, dovendo fare rilievi in zone collinari/montuose senza l’ utilizzo dei Target, ho constatato che il fotogrammetrico non mi restituisce i risultati sperati (buchi nell’ elaborazione di immagini ove sono presenti fitte piante tutte uguali, spostamento dell’ ombra che sfalsa i fotogrammi, vento che spostando i rami sposta i fotogrammi, ecc…). Qualsiasi info al riguardo e te ne sarei grato. Mi regolerei così se acquistare APR con gimball e apparecchio fotografico/LIDAR. Buona serata.
Gualtiero



    Paolo Corradeghini
    8 October 2018 at 18:27
    Reply

    Ciao Gualtiero, grazie per il tuo commento.
    Purtroppo la presenza di vegetazione è in effetti un ostacolo al rilievo fotogrammetrico ed ancora di più se è fitta e distribuita in maniera costante sul territorio da rilevare.
    Il LiDAR da UAV è in effetti un’ottima soluzione per casi complessi perchè grazie alla tecnologia, ai multi echo ed alla mobilità, permette di arrivare a terra nonostante la copertura vegetale.
    Ti segnalo comunque due cose:
    – i target a terra sono comunque fondamentali per la georeferenziazione del modello e per il controllo dell’accuratezza;
    – è molto importante trattare la nuvola di punti risultante del rilievo per scremare tutti i dati acquisiti da quelli realmente interessanti, il terreno. Il software fa la sua parte.

    Detto questo conosco solo due realtà che operano con i LiDAR da UAV in Italia:
    Multioptic Drone e Archeotipo.
    Per quanto rigaurda invece i fornitori ti segnalo:
    3DTarget e Microgeo.

    Indubbiamente il prezzo per un LiDAR aereo è parecchio elevato (difficilmente scende, ad oggi, sotto 50.000€), senza contare l’APR che non può sicuramente essere un Phantom o una macchina inadatta a sollevare il peso dello strumento.

    Anche se il laser scanning non è proprio il mio campo di applicazione spero comunque di averti dato informazioni utili per i tuoi scopi.
    Per qualsiasi informazione non esitare a scrivermi.

    Ciao e grazie!
    Paolo

Guido
30 November 2018 at 17:52
Reply

Buonasera,
sono un neolaureato di ingegneria appassionato di fotogrammetria con drone e mi sono imbattuto nei tuoi articoli che ho trovato veramente interessanti e che dimostrano la tua preparazione al riguardo. ho fatto Scolasticamente qualche esperienza di rilievo architettonico con drone e vorrei approndire adesso che mi approccio al mondo lavorativo. per tale ragione volevo acquistare un drone che potesse essermi di supporto nel rilievo soprattutto architettonico di facciate di edifici storici della campagna toscana. sono indirizzato verso un mavic 2 pro ma rimango dubbioso sul fatto che non abbia l’otturatore meccanico. può essere un problema? mi consigli piuttosto un phantom? grazie per la risposta!



    Paolo Corradeghini
    2 December 2018 at 15:26
    Reply

    Ciao Guido, grazie per il tuo commento.
    Ritengo che l’assenza di un otturatore meccanico non sia un grande problema nella fotogrammetria di facciate di edifici.
    L’otturatore meccanico aiuta ad evitare l’effetto di micromosso nelle immagini, specialmente quando un drone si sposta a velocità sostenuta e trasversalmente al soggetto che sta fotografando.
    Credo che sia più rilevante in aerofotogrammetria nadirale di ampi spazi, dove si impostano piani di volo automatici per coprire grandi superfici.

    L’assenza di un otturatore meccanico si può compensare tranquillamente con basse velocità ma, soprattutto, con la tecnica “stop & go” in cui arresti il drone ad ogni scatto e permetti un’acquisizione più solida.

    Il Mavic 2 Pro è un ottimo mezzo (anche se non lo conosco direttamente)!
    Tuttavia ti esorto a fare piuttosto una riflessione sulla necessità, oggi, di diventare pilota APR (e se lavori in edilizia è probabile che ti troverai spesso in scenari critici) e registrarti presso ENAC.
    Il Mavic supera i 300 grammi e quindi non può essere pilotato, per lavoro, senza attestato di pilota.
    Tutto questo vale nel momento in cui ti scrivo.
    Le regole EASA che dovranno essere recepite da ENAC potrebbero cambiare qualcosa.

    Spero di aver risposto ai tuoi dubbi.
    Non eisitare a contattarmi per altre informazioni.

    Ciao e a presto!
    Paolo

Giuseppe Cannizzaro
22 February 2019 at 20:27
Reply

Ciao Paolo, sono un tuo collega ma molto più anziano (quasi prossimo alla pensione) ma affascinato dalle potenzialità dell’uso degli APR soprattutto nel nostro settore (LL.PP). Volevo momentaneamente solo farti tantissimi complimenti per la tua eccezionale bravura e chiarezza espositiva che riuscirebbe a fare entusiasmare chiunque leggesse i tuoi articoli. Grazie a te sto imparando tantissime cose e pertanto ti sono veramente molto grato. Spero di potere approfittare sempre dei tuoi consigli. Grazie ancora!!



    Paolo Corradeghini
    24 February 2019 at 19:36
    Reply

    Ciao Giuseppe,
    grazie di cuore del tuo commento.
    Mi ha fatto molto piacere riceverlo e leggerlo!

    Credo molto nella condivisione delle informazioni e della conoscienza.
    Mi dà molto.
    Ma credo anche che sia importanto farlo in maniera semplice.
    Chi legge spesso non è dentro la materia ed alcuni concetti, principi ed anche parole possono non essere banali o scontate.
    Semplificando si arriva molto meglio.

    Spero che ci siano occasioni di altri contatti!
    A presto e grazie ancora!

    Paolo

Guido
4 September 2019 at 22:09
Reply

Ciao sono un geometra e volevo avvicinarmi ai rilievi con i droni, mi occupo di topografia dal 1987, mi sono letto tutto l’articolo e l’ho trovato molto interessante e spiega molto bene la tipologia e lo svolgimento del lavoro. complimenti e se mi puoi dare qualche dritta su come iniziare, come ad esempio tipo di drone e programmi di restituzione ti sarei molto grato. per iniziare non punto a grossi lavori e quindi per il momento non intendo investire una grossa cifra. grazie



    Paolo Corradeghini
    22 September 2019 at 15:40
    Reply

    Ciao Guido,
    la fotogrammetria è una tecnica di rilievo 3D che, tutto sommato, ha costi di accesso abbastanza contenuti per quanto riguarda la strumentazione.
    Se i tuoi lavori non sono estesi credo che un drone piccolo come lo Spark (ma anche come l’Anafi) ti permette di “portare a casa il lavoro” e, se lo certifichi come inoffensivo, puoi lavorare con molta più facilità negli scenari operativi.
    Una parte significativa del budget iniziale è legata anche al software.
    I programmi di fotogrammetria commerciali più diffusi hanno costi di licenza non banali che incidono sul conto finale.
    Te ne cito qualcuno:
    Agisoft Metashape
    3DFlow Zephyr
    Pix4D
    Context Capture
    Capturing Reality

    Considera anche di invesitre qualcosa anche sull’hardware.
    Un computer con un po’ di RAM ed una bella scheda grafica aiutano tanto a velocizzare le elaborazioni.

    Il fatto che tu sia già nel campo dela topografia ti dà un vantaggio enorme sulla strumentazione e le conoscienze da applicare nel processo fotogrammetrico.

    Al di là di questi aspetti tecnici il mio consiglio più grande per iniziare è, una volta operativo con l’attrezzattura, inizia ad usarla facendo prove e impratichendoti con il processo.
    In questo modo conosci limiti e pregi della fotogrammetria e costruisci un po’ di casi di studio da condividere per incarichi e commesse concrete.

    In bocca al lupo!

    Paolo

Christian
9 October 2019 at 12:12
Reply

ciao,
davvero un ottimo lavoro! se hai fatto altre cose ti prego di comunicarle.
Nel caso avessi dei lavori da fare potrei contattarti?
Grazie



    Paolo Corradeghini
    11 October 2019 at 19:07
    Reply

    Ciao Christian,
    grazie del tuo commento.
    Ho fatto altri lavori con lo Spark e ci scriverò sicuramente qualcosa.

    Possiamo senz’altro sentirci per eventuali lavori di questo tipo.
    Trovi i miei contatti nella pagina “Info” di questo sito.

    Grazie e a presto!

    Paolo

giampaolo
23 October 2019 at 16:02
Reply

ennesimo articolo spettacolare, grazie per ciò che scrivi, condividi e ci insegni….



    Paolo Corradeghini
    25 October 2019 at 12:58
    Reply

    Ciao Giampaolo!
    Grazie mille per il tuo commento!
    🙂

    Paolo

Andrea Pizzadili
26 March 2020 at 20:41
Reply

Ciao Paolo. Grazie per l’utilissimo articolo.
Volevo avere una info tecnica sull’altitudine e sull’elevazione. Ho usato lo spark ed effettuato un piano di volo (tramite app 3d survey), impostando l’altezza di volo a 60 mt. Una volta importate le foto su metashape io mi ritrovo che l’elevazione è relativa e non quella assoluta calcolata sopra il livello medio del mare. pertanto il mio DEM generato avrà quote relative all’area di indagine, avendo come quota 0 quella di partenza del drone. Come posso impostare le quote assolute. Grazie e complimenti veramente per il tuo lavoro. sei un grande



    Paolo Corradeghini
    27 March 2020 at 22:29
    Reply

    Ciao Andrea,
    non credo che si possa agire sullo Spark affinchè ti restituisca le quote assolute rispetto a quelle relative al punto di decollo.
    Se usi i punti di appoggio del processo fotogrammetrico (GCP) la quota si sistema ottimizzando l’orientamento della nuvola sparsa sulle coordinate topografiche dei punti.
    Altrimenti devi modificare tu le quote dei punti della nuvola o della “z” delle camere conoscendo la quota del punti di decollo del drone e sistemandole di conseguenza.

    A presto!
    Paolo

Luca
12 June 2020 at 15:34
Reply

Ciao Paolo!
Ottimo articolo, l’ho trovato molto interessante anche se sono un completo neofita in questo campo. secondo te il discorso fatto per lo spark (pregi e difetti) potrebbe essere più o meno lo stesso per il mavic mini? o c’è qualche difficoltà in più?
Grazie!!



    Paolo Corradeghini
    9 July 2020 at 15:13
    Reply

    Ciao Luca,

    direi che si può usare sicuramente anche il Mavi Mini per acquisire immagini da trattare in un software di fotogrammetria.

    Ad oggi il limite che vedo nell’uso del Mavic Mini è che non è (ancora) possibile programmare missioni automatiche con i software di mission planning.

    Ma è stato così anche per lo Spark, quindi prevedo che sia una questione di tempo!
    🙂

    Ciao!

    Paolo

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    [Nuvole Lidar e classificazione automatica del ter [Nuvole Lidar e classificazione automatica del terreno - Prima di tutto togli (almeno) gli "Outliers"]
Prima di fare la classificazione automatica del terreno degli elementi di una nuvola di punti Lidar ti conviene pulirla un po' affinchè il risultato del processo sia buono.

Gli "outliers" sono i più insidiosi.
Se ad esempio ci sono punti isolati sotto il livello reale del piano campagna, questi possono dare indicazioni fuorvianti al classificatore.

Nelle immagini che condivido in questo post vedi:
1. una nuvola Lidar (completa e colorata);
2. la classificazione del terreno senza la preventiva rimozione degli outlier;
3. la nuvola vista di lato con evidenza degli outlier;
4. la classificazione del terreno dopo la pulizia.

#lidar #nuvoledipunti #3d
    [Stazione Totale - Misure di distanza - Coordinate [Stazione Totale - Misure di distanza - Coordinate proiettate e cose che non tornano]
Fai attenzione al fattore di scala dei sistemi di riferimento proiettati quando fai misure con la stazione totale.

La distanza diretta, misurata con stazione totale, tra due punti in campo è diversa tra la distanza proiettata sul piano e presa tra le coordinate Nord ed Est degli stessi punti misurati con un GPS.

Nel passaggio da un sistema di coordinate geografiche ad un sistema cartografico si applica un fattore di scala.
Nel sistema di riferimento ETRF2000-UTM, questo fattore di scala è 0.9996.

Su 100 m lasci per strada 4 cm.
Su 3 km perdi 1.20 m!

Credo che questa sia un'informazione molto importante da gestire nei rilievi e nella restituzione.
    [Laser scanner e ombre] Il laser scanner è una m [Laser scanner e ombre]

Il laser scanner è una misura attiva ma i raggi emessi non distruggono gli oggetti che incontrano nel loro percorso!

Ci sono scanner che permettono di registrare più ritorni, per lo stesso raggio, ma se questo sbatte contro un muro, un tetto, un'auto o il terreno, non riesce ad andare oltre.
E meno male!

Al di là di questa introduzione, in una scansione terrestre (TLS) è molto probabile che ci siano ostacoli che fermano parte dei raggi e proiettano delle "ombre" nella nuvola di punti.
Lì non ci sono informazioni.

La forma e, soprattutto, la distanza dell'ostacolo dall'emettitore determinano la dimensione dell'ombra.

Anche se un elemento sembra poco rilevante rispetto alla scena da scansionare, la sua ombra potrebbe cancellare parecchi punti che, tradotti in superficie da rilevare, possono diventare parecchi metri quadrati.

Se non puoi liberarti dell'ostacolo l'unico modo per riempire le ombre è quello di fare più scansioni, da punti diversi, in modo che l'emettitore riesca a "vedere" oltre.

La programmazione di un rilievo laser scanner in campo tiene conto anche di questo.
Più stazioni fanno aumentare i tempi operativi di lavoro.
E con uno scanner ad approccio topografico le scansioni extra si fanno sentire nel budget finale delle ore in campo!

#laserscanner #3d #nuvoledipunti #pointcloud #trimble #trimblesx10
    [Aerofotogrammetria - Ortofoto sull'acqua] Si poss [Aerofotogrammetria - Ortofoto sull'acqua]
Si possono creare ortofoto d'acqua (ferma) anche se il modello 3D fotogrammetrico fa schifo ed è bucato.

Se la nuvola di punti o la mesh sono "bucate" è perchè il software non è stato capace di trovare punti di legame nell'allineamento delle immagini.
Ma non è detto che l'ortofoto non possa venire fuori ugualmente bene.
Par farlo succedere devi creare una superficie di riferimento, su cui "stendere" le fotografie, ortorettificate, priva di buchi.
Puoi usare il DEM o la Mesh.
Quando fai creare il DEM (Modello Digitale di Elevazione) hai la possibilità di dire al software di interpolare i buchi.

L'interpolazione della mesh non sempre va a segno al primo colpo (in realtà neppure quella del DEM) ma ci sono altri strumenti (più o meno avanzati) che ti vengono in aiuto.

L'accorgimento da prendere in fase di presa fotografica è di estendere la copertura delle fotografie ad un bel pezzo extra di riva, dove sei sicuro che il software fotogrammetrico lavorerà senza problemi nella creazione di nuvola di punti e mesh.

#ortofoto #fotogrammetria #aerofotogrammetria #3d #nuvoladipunti #mesh #dem
    [Rilievi di argini e vegetazione] Gli argini di c [Rilievi di argini e vegetazione]

Gli argini di canali artificiali, realizzati in terra, si prestano bene ad un rilievo aerofotogrammetrico ma, affinché il rilievo sia davvero efficace, andrebbe fatto dopo la pulizia dalla vegetazione.

Un sorvolo su un argine pulito permette di creare una nuvola di punti efficace da cui estrarre informazioni per tutta la lunghezza del tratto rilevato.

Se invece le sponde sono vegetate, il dato che si ottiene potrà essere buono qua e là ma sarà comunque globalmente più scarso rispetto alle condizioni ideali.

Lo sfalcio ed il decespugliamento sono attività che possono avere costi importanti.
Gli Enti locali hanno solitamente un piano di sfalcio sulle aree di competenza, specialmente se si tratta di zone frequentate, aree verdi, parchi e percorsi ciclopedonali.
Se hai tempo di aspettare, vale la pena coordinarsi in tal senso per andare in campo subito dopo le pulizie programmate.
Se invece hai fretta si devono accettare costi maggiori per lo sfalcio straordinario.

O si può andare in campo con la tecnologia LiDAR su drone per riuscire a penetrare la copertura vegetale.
Anche se non sempre si riesce a fare!

P.S.
Tutto questo vale per la parte emersa.
Per andare sott'acqua servono altri strumenti!
    [Monitoraggio e considerazioni sul tema] Prendend [Monitoraggio e considerazioni sul tema]

Prendendo spunto da una recente installazione di sistema di monitoraggio della falesia del Cimitero di Camogli (con tecnologia GNSS da parte di Gter e Yet It Moves) faccio alcune considerazioni sul tema.
Gli strumenti per monitorare possono essere tanti e quello che accumuna ogni situazione è la ripetizione nel tempo delle misure.

La precisione del controllo può già fare una discriminazione.

Il caso di Camogli pone poi l'attenzione sul "quante misure fare nel tempo".
Una rete GNSS che elabora dati in continuo permette di accedere alle letture dei singoli nodi con una frequenza alta (si che può arrivare ad essere anche di qualche ora).

A Camogli mi sono occupato dei rilievi fotogrammetrici e laser scanner di tutta la porzione di costa, in due momenti differenti, da cui si sono potuti misurare movimenti macroscopici che hanno permesso di fare valutazioni successive per la scelta dei punti di installazione dei sensori del monitoraggio di precisione.

Credo anche che sia rilevante l'aspetto della responsabilità di chi restituisce un dato da monitoraggio.
Questi dati servono per scelte progettuali, decisioni di sicurezza e protezione civile per niente banali.
Vale la pena "metterci la testa".

Io non sono un esperto di monitoraggi, anzi non lo sono per niente, ma il tema della misura legata, in qualche modo, alla "quarta dimensione", quella del tempo, mi affascina molto.
Se hai contributi, commenti o esperienza da condividere fallo assolutamente perchè il tema è interessante!
    Sono iniziati (in realtà già da qualche mese) i Sono iniziati (in realtà già da qualche mese) i lavori di messa in sicurezza dei versanti sopra la Via dell'Amore ed il ripristino della passeggiata, chiusa ormai da diversi anni).

Reti di placcaggio, barriere paramassi, nuove gallerie e rifacimento di tutto il percorso per un po' di milioni di euro ed almeno due anni di tempo.

Dovrei supportare i lavori con alcune "cose" dall'alto...

#viadellamore #parcocinqueterre  #lavori #roccia #drone
    [Laser scanner, nuvole colorate e fotocamere integ [Laser scanner, nuvole colorate e fotocamere integrate]

Per colorare una nuvola di punti da scansione laser servono delle fotografie.
Ci sono ormai parecchi scanner con fotocamera integrata, che semplificano il lavoro dell'operatore.

L'esposizione delle immagini deve essere la più "corretta" possibile per  riprodurre al meglio l'informazione colorimetrica nei punti della nuvola.

Non conosco il funzionamento specifico di ogni camera ma vale la pena dedicare un po' di tempo a capire come lavora l'esposimetro ed evitare così punti bianchi (per foto sovraesposte) o neri (per sottoesposizione).

Nel caso della SX10 di Trimble (l'unico caso che conosco), si può fissare un'esposizione costante ed è ok se l'illuminazione della scena scansionata non cambia.
I risultati sono scarsini se si passa da alte luci ad ombre e viceversa.

Nelle prime due immagini la nuvola è colorata da foto con esposizione fissa e presa ai due estremi delle zone di luminosità della scena scansionata.

L'altra opzione possibile è quella di scegliere un'esposizione automatica e variabile che permette di compensare i cambi di luce, per un risultato più armonico.

Occhio che l'angolo di campo dell'ottica incide parecchio.
È difficile avere tutto quanto esposto perfettamente in un'immagine sferica a 360°.
A meno di non sfruttare la tecnica dell'HDR (che alcuni scanner fanno)

Se poi c'è la possibilità di usare più camere (a lunghezza focale diversa) per scattare foto da usare nella colorazione della nuvola, quella a campo più stretto permette una lettura dell'esposizione più accurata rispetto alle panoramiche.
Ma servono più foto per coprire l'intera scena.
    [Fotogrammetria ed attenzione al colore] Spoiler: [Fotogrammetria ed attenzione al colore]
Spoiler: questo post non è interessante se ti occupi solo di fotogrammetria per il rilievo del territorio.
Ma se fai anche ricostruzioni 3D di edifici storici, beni culturali, monumenti ed opere d'arte di ogni forma e dimensione, credo che serva molta attenzione anche alla riproduzione fedele del colore nel processo fotogrammetrico.

Nella campagna di scatto è necessario utilizzare degli oggetti  che permettano di correggere le dominanti di colore in post elaborazione.
Si tratta generalmente di tabelle formate da quadrati colorati (in cui ogni colore è codificato).
In inglese si chiamano "color checker".
Li dovresti mettere nella scena e fotografare nelle stesse condizioni di illuminazione dell'oggetto del rilievo.

In post elaborazione poi si prendono le immagini in cui è presente il color checker e si applicano correzioni cromatiche sulla base del colore "letto" nell'immagine rispetto a quello che dovrebbe essere realmente (i valori codificati).

Tutto questo deve essere accompagnato da un altro paio di cose:
1. il controllo dell'illuminazione della scena;
2. un monitor calibrato (tutto passa attraverso i pixel del tuo schermo e se non sono "veritieri" il rischio di vanificare tutto il processo che ti ho raccontato, avendo una percezione sballata dei colori, è alto).

#fotogrammetria #colore #colorchecker
    [Lidar e software di elaborazione dei dati] Condiv [Lidar e software di elaborazione dei dati]
Condivido alcune caratteristiche che un software di elaborazione dati Lidar (da drone) dovrebbe avere.

1. Gestione dei dati grezzi della base GNSS di riferimento per il calcolo della traiettoria.

2. Aggiustare e/o correggere le traiettorie.

3. Dividere la traiettoria e, conseguentemente, la nuvola di punti.

4. Colorare la nuvola di punti e gestire problemi di "matching" tra immagine e traiettoria.

5. Gestione di datum, sistemi di riferimento e coordinate.

6. Misurare la nuvola di punti.

7. Visualizzare i punti secondo le informazioni dei campi scalari (intensità e numero di ritorni, tempo di acquisizione, ...)

8. Esportazione della nuvola in formati comuni.

Poi ce ne sono altri, non necessari, ma che possono aiutare l'elaborazione.

9. Segmentare, ritagliare ed eliminare parti della nuvola di punti.

10. Filtrare la nuvola per eliminare rumore ed outliers, oltre che sottocampionarla

11. Classificare i punti con algoritmi automatici.

12. Verificare l'accuratezza con punti di coordinate note.

13. Generare report di elaborazione.

Dimentico senz'altro qualcosa.
Se vuoi aggiungere, integrare o commentare in base alla tua esperienza sentiti davvero libero o libera.
È utile per tutti.

#lidar #nuvoledipunti #3d #pointcloud #software #editing #realitycapture
    Se sei in un posto aperto a misurare con il GPS pu Se sei in un posto aperto a misurare con il GPS puoi anche tenere la palina bassa, i satelliti si vedono ugualmente bene.

#gnss #gps #rilievo #topografia #misura
    È importante aggiornare i firmware degli strument È importante aggiornare i firmware degli strumenti di rilievo ed i software dei dispositivi che li controllano.

Credo che l'evoluzione tecnologica di quello che si usa in campo si porti con sé la necessità di una consapevolezza nuova sulla loro manutenzione.

Se prima gli aspetti legati alla taratura, al controllo delle parti meccaniche, ..., bastavano per permetterne il funzionamento, ora serve un'attenzione in più.

Non vale per ogni strumento che si vede in giro, ma credo che, piano piano, sarà un aspetto con cui tutti ci confronteremo.

Le case produttrici ti permettono di aggiornare continuamente una stazione totale o un laser scanner con nuovi firmware, che ne integrano funzionalità o correggono dei "bug".

E lo stesso succede per i software che girano sui dispositivi di controllo (smartphone, tablet, ...).

Nuove release migliorano la user experience o, anche qui, sistemano gli errori.

Se dopo un rilievo spari aria compressa e spennelli una stazione totale per togliere la polvere, prima di andare in campo dovresti controllare che software e firmware siano ok e tutto sia funzionante.

Usiamo strumenti tecnologicamente fantastici che tuttavia potrebbero incepparsi in campo per qualche "banale" conflitto software irrisolto.

#rilievo #strumenti #topografia #software #firmware
    La fotogrammetria non è la tecnica ideale per lav La fotogrammetria non è la tecnica ideale per lavorare con la vegetazione: copre il terreno che sta sotto (in una presa da drone) e non è facile ricostruirla.

Fotografie ad alta risoluzione, scattate da un sensore grande (full frame), possono avere problemi maggiori per ricreare nella nuvola di punti, le chiome di alberi.

Da quando ho iniziato ad usare una fotocamera più performante (full frame - 40 Megapixel) rispetto a quelle che ho usato in passato (1" - 24 Megapixel) sto verificando dei buchi nella nuvola di punti laddove ci sono alberi spogli.
Può sembrare controintuitivo ma è così.

Fotografie troppo dettagliate, di elementi molto complessi, porosi e con informazioni disposte su vari piani (tutta l'altezza degli alberi) non aiutano il software, anzi...

Per provare ad avere qualche informazione in più lì sopra,  puoi lanciare l'elaborazione della nuvola di punti ad una qualità inferiore.
Le immagini del dataset vengono sottocampionate (la risoluzione si riduce) ed il software structure from motion lavorerà con una minore quantità di dettagli descritti nei pixel.
Questo aumenta il numero di punti lungo gli alberi, anche se la loro confidenza (cioè l'attendibilità della posizione 3D) è piuttosto scarsa.
Oh, non è che il problema sia superato, anzi...
La nuvola di punti in effetti fa ancora piuttosto schifo.

La presenza di foglie aiuta il processo quindi se vuoi avere informazioni sulle altezza degli alberi è meglio acquisire i dati in estate.
Ed anche il tipo di albero (forma e dimensione) influenza il risultato...

#fotogrammetria #structurefrommotion #nuvoledipunti #3d #pointcloud
    Il back up dei dati subito dopo un rilievo, mette Il back up dei dati subito dopo un rilievo, mette al sicuro il lavoro della giornata.

Molti dispositivi di controllo sono palmari, smartphone o tablet, piuttosto avanzati, ma pur sempre a rischio di danneggiamento software o, peggio, furto o danno fisico.

Perdere i dati di una giornata di lavoro può avere conseguenze importanti.

Se hai rilevato qualcosa che non c'è più (scavo, abbancamento, demolizione) non potrai ripetere il rilievo.

Ci sono vari livelli di "sicurezza" per i dati di uno strumento.

Salvare i dati in una memoria interna (ad uno scanner o una stazione totale) ed in quella del controller ti permette di avere i file in due posti distinti.

Backuppare un lavoro in una chiave USB o in un hard disk esterno è un'altra opzione valida. Vale però per dispositivi dotati di porta USB.

Salvare i dati nel cloud è forse la scelta più sicura. Attivando un hot spot con lo smartphone riesci a mandarli in posti che sono a prova di furto o danno. Il cloud ti permette anche di essere molto efficiente se c'è qualcuno pronto a riceverli ed iniziare subito ad elaborarli.

Una volta ho temuto di aver perso i dati di un rilievo "un po' complicato".
Non ho passato una bella mezz'ora!
    [Laser scanner e traffico] Un camion che passa da [Laser scanner e traffico]

Un camion che passa davanti ad un laser scanner e è un ostacolo al rilievo.
A volte il traffico si riesce a gestire (movieri, gestione del cantiere o indicazioni specifiche, ...).
Altre volte no.
L'ideale immobilismo è, di fatto, irrealizzabile.

Alcuni scanner hanno la possibilità di mettere in pausa, una scansione per riprenderla una volta passato il mezzo.

Anche aumentare la qualità della scansione può aiutare.
Spesso una qualità maggiore significa effettuare la scansione, della stessa area, più volte.
Se i mezzi si muovono, ci sono buone probabilità che, se te li ritrovi tra i piedi al primo giro, non ci saranno più al secondo.

Fare scansioni da punti diversi aiuta.
Scegli punti di scansione in modo che si integrino uno con l'altro.

Oppure  puoi sempre considerare l'ipotesi di fare il rilievo di notte quando, auspicabilmente, il traffico è ridotto o assente.
    Un ponte può creare problemi ad un rilievo con Li Un ponte può creare problemi ad un rilievo con Lidar lungo un alveo

Manca il pezzo d'alveo sotto al ponte.
Non è sempre vero.
Ma può capitare.

Non c'è l'intradosso ed i dettagli non sono ricchissimi.

La classificazione del terreno può venire ingannata.
Non è facile per un software di classificazione automatica  distinguere il ponte dal terreno.
Se ci pensi ha la stessa quota del piano stradale.

Questi problemi si possono risolvere.

Una scansione con laser terrestre mette (forse) a posto i primi due punti 

Se c'è acqua o non riesci ad andare sotto all'impalcato puoi interpolare il terreno con le informazioni a monte ed a valle.
Se però c'è una soglia o un salto dovrai battere dei punti con una stazione totale.

Per la classificazione automatica l'intervento manuale è la soluzione migliore per garantire un risultato confidente.

Il Lidar da drone è molto efficace per acquisire dati in questi ambiti (occhio alla vegetazione!) ma l'integrazione strumentale è sempre la soluzione più efficiente.

#rilievo #rilievo3d #lidar #drone #lidardadrone #3d #realitycapture #alveo #idraulica #dtm #nuvoledipunti
    Non è detto che quello che ti serva sia un'ortofo Non è detto che quello che ti serva sia un'ortofoto di una facciata.
Potresti correggere la distorsione prospettica con software di fotoritocco e "raddrizzare" l'immagine (per i tuoi scopi).

Il punto di presa e la forma dell'oggetto fotografato deformano la rappresentazione secondo una vista prospettica.
Linee parallele nella realtà (muri verticali) sono convergenti nello spazio immagine.

Tutti i principali software di photoediting hanno strumenti di correzione della prospettiva.
Ci sono nel famoso Photoshop, nell'open source Gimp e nel "nuovo" ed economico Affinity Photo.

Funzionano più o meno nel solito modo.
Intervieni sulle immagini alterando i pixel e, aiutato da una griglia virtuale, allinei gli elementi dell'immagine alla maglia.
È veloce e non richiede hardware super.

La posizione reciproca tra punto di presa ed oggetto fa molto.
Così come la forma di quello che hai fotografato è rilevante.

È diverso dal fare un'ortomosaico.
Così come è diverso dall'usare, in campo, un obiettivo basculante e decentrabile ("tilt/shift") per le foto.
Ma è piuttosto pratico e può funzionare ugualmente.

Dopo tutto il raddrizzamento delle foto del costruito è una tecnica che gli architetti usano da parecchio tempo.
😉
    Se non puoi fare a meno di parcheggiare la tua aut Se non puoi fare a meno di parcheggiare la tua auto al di fuori dell'area del rilievo, vale la pena fare attenzione a dove la posteggerai.
Non è uno scherzo!
:)

La fotogrammetria è una tecnica passiva e gli algoritmi Structure from Motion riescono a ricostruire solo quello che si vede nelle immagini.
Un'automobile è un elemento di disturbo, neppure troppo piccola.
Può nascondere informazioni importanti o potrebbe essere difficile da togliere dalla nuvola di punti.

Parcheggiarla in un'area pianeggiante, su una superficie omogenea è una buona idea.
I motivi sono (almeno) due.

Il primo è che puoi facilmente ritoccare le fotografie dove è presente in modo da rimuoverla.
Software di fotoritocco hanno strumenti molto efficienti!
Può richiedere un po' di tempo (dipende dal numero di foto) ma il risultato è generalmente buono.
Qui sotto vedi un "prima" ed un "dopo" fotoritocco.

ll secondo motivo è che, se non ritocchi le foto, l'auto sarà un elemento isolato nella nuvola di punti che "emerge" dal terreno.
Questo ti permette di trattarla velocemente ed efficaciemente per rimuoverla, tenendo solo i punti del terreno.

Se la parcheggi a ridosso del piede di una parete di roccia non sarà immediato fare le cose che ho scritto qui sopra.
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